Mattina magnifica, il Tricolore garrisce nel cielo terso. Morabito strilla di sbrigarsi, di corsa in magazzino. Dove riceviamo la mimetica chiazzata e gli stivaletti da lancio. Rientriamo euforici. L’istruttore si piazza al centro della camerata, mani sui fianchi: - Orecchioqua!
Siamo tutti fissi su di lui, come non mai.
- Prove del giuramento. Dovete mettere la policroma. Ai piedi potete tenere i Fantomas.
Soltanto la Folgore, fior fiore dell’esercito italiano, ha in dotazione la policroma. Chiamata anche mimetica da lancio, è bellissima. Per la colorazione, il tessuto, il taglio e molti particolari. Imbottiture su spalle, gomiti, ginocchia. Persino cinghietti, per sagomare meglio la tuta. Che ha tasconi sul petto e sui pantaloni. Indossandola, ci vediamo più alti e con le spalle larghe. L’eccitazione generale mi contagia.
Ritirati i FAL che stavolta hanno il caricatore, anche se vuoto, cominciamo le prove dell’ammassamento. S’attende dietro la Compagnia, al suono della sirena abbiamo quindici secondi per correre a perdifiato fino al piazzale e schierarci in ranghi perfetti. Le corse si susseguono sfibranti per il resto della mattinata, mentre lo sten spiega che sarà la banda ad entrare per prima nel piazzale, suonando l’inno della Brigata. Poi, davanti a parenti e amici assiepati oltre le transenne, il Comandante chiamerà lo scaglione. E noi scatteremo. Come Folgore dal cielo, come Nembo di tempesta.
La guardia scorre, nei limiti del possibile, tranquilla. Durante l’ispezione il tenente non prova nemmeno a disarmarmi. Finito il primo turno, non riesco a chiudere gli occhi. Il volto di Sophie è come stesse svanendo dalla mia memoria, corroso da fiotti d’amarezza che non so controllare. Fortunatamente le ore di riposo finiscono, e torno a farne due di sentinella.
Il pomeriggio del 31 dicembre, smontato di guardia, ritorno in camerata. Feffe pattina su e giù, sorrido: - Ehilà, pinguino! Tutto bene?
Il butese transita estatico: - See…
Comincio a pulire le scarpe della drop. Dopo qualche secondo arriva Calegari, strizza l’occhio: - Non mi aspettate per il contrappello, farò tardi.
- Permessino?
- Non è un miracolo? - E scappa via ridendo.
Ripassa Feffe: - Ieri Sofia m’ha portato da ‘na su’ amìa dell’università.
Stringo fra le dita il lucido, schiacciando piano.
- Ir babbo gliè ‘ncolonnello di ‘vi.
Dal tubetto schizza un serpentello nero, e cade a terra.
- Occhè tu fai?!
- M’è scappato. Allora?
- Gliè bellina Fede.
Un nuovo serpentello vola sul pavimento.
- O Andre, che tu siei di Navacchio?
- Cioè?
- Grullo!
- Non sono di Navacchio, racconta.
- ‘Vando noi ‘issi lèva di ’ùlo…
- Cosa?
- Levassi di ’ùlo, ‘ndà via.
Scuoto la testa: - Sei peggio di Sanna.
Ridacchia: - ‘Ndovina chi gliera sotto ‘asa?
Sibilo: - Non una parola in giro.
continua...
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