Originariamente Scritto da
zurigo
Buongiorno,
non so chi Ti abbia dato questa notizia che, di fatto, è falsa. Le normative non sono cambiate ed un ricorso di una volontaria di Busto Arsizio (VA) è stato rigettato
Ecco un estratto della sentenza
ESTRATTO SENTENZA:
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 2 febbraio 2011, n. 751. Pres. De Felice, Est. Realfonzo; Min. difesa (Avv. dello Stato Natale) c. C[.] (Avv. Conticiani). Annulla Tar Lazio, sez. III, 28 agosto 2008, n. 7944.
E' legittimo il provvedimento di esclusione di personale femminile dal reclutamento nel Corpo militare della Croce rossa italiana, in quanto la speciale normativa di settore prevede soltanto l’arruolamento volontario di cittadini aventi obblighi di leva o esentati dalla stessa. Il Corpo militare della Croce rossa italiana è disciplinato da una autonoma normativa di settore, ad esso, pertanto, non si estendono automaticamente le disposizioni dettate per le Forze armate.
-OMISSIS-
L’esegesi "evolutiva" delle norma proposta dal Tar, seppure ispirata ad un astrattamente commendevole egualitarismo, a parere del Collegio non tiene però conto dell’interpretazione sistematica complessiva delle norme che disciplinano, sotto il profilo istituzionale, la Croce rossa italiana. In tale direzione, si tratta di quelle situazioni che gli anglosassoni definiscono "not justiciable", nelle quali cioè la tutela dei singoli, presuppone necessariamente un radicale mutamento degli assetti istituzionali, di esclusiva competenza del legislatore.
La Sezione, nella medesima scia logica del parere della III sez. dell’11 ottobre 2005 n. 2339/05 ricordato anche dal Ministero, ritiene che non è possibile in via interpretativa estendere analogicamente al Corpo militare della Cri le disposizioni vigenti per il personale militare delle FF.AA.
A tal fine non pare sufficiente il riferimento fatto dal Tar al dato letterale per cui all’art. 5 comma 1 lett. a) l’arruolamento nel ruolo normale del corpo militare della Cri può essere disposto, tra l’altro, anche per i "cittadini" che "siano esenti da obblighi di leva".
La lettera della legge non a caso parla di "cittadini" al maschile "esenti dalla leva" in quanto alla leva obbligatoria sono tenuti esclusivamente i soggetti maschi, senza che ciò sia sentito come un vulnus ai diritti comunitari costituzionali delle donne (così la G.U.E. 11.3.2003 n.186).
In tale direzione, proprio sotto il profilo strettamente letterale, il termine "cittadini" non è usato per caso al maschile, ma costituisce un coerente, e diretto, immediato riferimento alla leva. In sostanza, nel contesto normativo in vigore all’epoca del diniego impugnato in primo grado il riferimento è diretto alla disciplina di cui al d.p.r. 14/02/1964 n. 237 che escludeva coloro che, a norma dell’art. 100, non raggiungessero una statura superiore a m. 1,54; ovvero appartenessero a classi di leva eccedenti il fabbisogno quantitativo e qualitativo per la formazione dei contingenti o scaglioni da incorporare.
L’allocuzione "esenti dalla leva" non deve quindi essere intesa con riferimento a coloro che in quanto appartenenti al genere femminile sono originariamente esclusi dagli obblighi di leva, ma ai soggetti che seppure ordinariamente soggetti all’obbligo ne sono poi esentati per ragioni particolari.
In definitiva, il fatto che non vi sia un’espressa disposizione che escluda le donne di per sé non autorizza a concludere per il loro arruolamento nel Corpo militare della Cri perché l’espressione usata dal legislatore deve essere logicamente inquadrata nel complesso contesto delle disposizioni che regolano la Cri in rapporto con le FF.AA.
In tale quadro poi, appare irrilevante che, in assenza di una specifica disposizione che autorizzi l’arruolamento delle donne, il servizio militare di leva sia stato sospeso sine die dalla legge 23 agosto 2004 n. 226 (che ha modificato il comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo 8 maggio 2001 n. 215) istituendo le categorie di volontari in ferma prefissata annuale o quadriennale, in quanto la predetta normativa non sostituisce affatto il servizio di leva obbligatorio con il servizio volontario, che restano su piani diversi.
La nuova disciplina costituisce attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne relativamente all’accesso al lavoro, in quanto la direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/Cee impedisce l’applicazione di norme nazionali che escludano, in via generale, l’impiego delle donne dai servizi militari che comportino l’uso di armi e che, al contempo, ne autorizzano l’impiego solamente nei servizi di sanità e delle formazioni di musica militare (cfr. Corte giustizia CE, 11 gennaio 2000, n. 285).
Nondimeno è risolvente ai fini del decidere che l’art.1 del decreto legislativo 31 gennaio 2000 n. 24, che aveva inserito nel Codice delle pari opportunità approvato con decreto legislativo n. 198 dell’11 aprile 2006, la possibilità delle Forze armate di avvalersi di personale maschile e femminile, ma non ha esteso tale disposizione anche alla Cri. Come è noto il Corpo militare della Croce rossa italiana, anche se fa parte delle Forze armate dello Stato, è regolato da norme di legge speciali per cui deve dunque escludersi l’automatica applicabilità in favore dei dipendenti della Croce Rossa delle norme dettate per le altre Forze armate (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2286), ivi comprese quelle per cui è causa.
In ogni caso la sospensione della leva non fa venir meno il richiamo funzionale tra la norma sull’arruolamento del Corpo militare della Cri e le norme sulla leva per cui, in assenza di una disposizione ad hoc in tal senso non può concludersi nel senso indicato nella sentenza impugnata.
Le donne non sono poi affatto escluse dalla Croce rossa, ma anzi ne costituiscono storicamente una delle strutture portanti essendo inserite a pieno titolo, fin dal 1908, nel Corpo Infermiere Volontarie, composto di socie dell’associazione le quali fin dall’art.1 del r.d. 12/05/1942 n. 918, sono assimilate di rango al personale militare direttivo (allora contemplato dall’art. 1 del regio decreto 10 febbraio 1936-XIV, n. 484).
Inoltre con il successivo d.leg. 15 marzo 2010, n. 66 è stato approvato il Codice dell’ordinamento militare che, nel confermare all’art. 1729 l’assimilazione al personale militare direttivo di cui all’articolo 1626, ha parzialmente novato la norma dell’art.5 del r.d. n. 484/36, ma relativamente al problema che qui cale, ha tenuto tuttavia sostanzialmente fermo l’attuale assetto.
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