La verità sta in mezzo. Una ricercata professionalità non è mai da biasimare, sia che provenga dall’Istituto, che dal lavoratore. È innegabile però che se da una parte corsi, aggiornamenti ed esercitazioni consone dovrebbero essere obbligo aziendale ben regolamentato e controllato, dall’altra il lavoratore non ha nessun obbligo oltre quelli prescritti, che non dovrebbero mai andare ad influire la sfera privata. Almeno in una preparazione standard.
Vero che l’operare della guardia è spesso limitato alla deterrenza o all’attivazione di una autorità preposta; ma non sempre. Corsi condotti con la dovuta serietà insegnano cosa bisogna fare in certe situazioni ma soprattutto cosa non fare, e questo la dice lunga a proposito di “tornare a casa in verticale”.
È altresì vero che a tale riguardo, un certo minimo interesse e coinvolgimento dovrebbe essere prerogativa indiscussa di chi vuole svolgere il mestiere con una certa professionalità. Molto probabilmente, volendo la categoria governata in un certo qual modo competente, con lo svolgersi di concorsi e corsi selettivi accademici e rigorosi nel periodo di assunzione, quei candidati immotivati per cui un “lavoro tira l’altro”, sarebbero già dall’inizio scartati.
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