Bella domanda... nel senso che il quei mesi l'Albania era divisa in due parti: a nord, fin dallo sbarco a Durazzo, siamo stai accolti come "liberatori". La gente ci applaudiva, ci incoraggiava, i bambini correveno vicino ai nostri mezzi felici.
Durante lo spostamento della colonna di mezzi (circa 70!!!) i capomacchina (tra cui io) potevamo stare fuori dalla botola, sopra il mezzo, per controllare la strada senza problemi. Man mano che ci spostavamo verso sud, la situazione cambiava radicalmente: iniziava l'indifferenza, l'accoglienza era fredda e si percepiva nell'aria una tensione che, alle porte di Valona si trasformava in guerriglia, proiettili e colpi da ogni parte. Fortunatamente il nostro arrivo "era stato preparato" e quindi non abbiamo avuto problemi. La realtà della guerra civile era sotto i miei occhi... in televisione non ha lo stesso effetto: quando ci sei dentro in prima persona, sei tu e loro.... ognuno la propria pelle... purtroppo!!!
A Valona, fin dai primi giorni, i nostri medici si sono messi a disposizione per accogliere donne e bambini: visitarli e curarli! Mi bastava solo vedere quelle madri e quei bimbi per essere orgoglioso della scelta di partire... andava bene così... non volevo altro!!!
Purtroppo gli uomini erano tutt'altro che in fila per farsi curare: alla sera e per tutta la notte "ci facevano la festa". Mamma mia... immaginate dei fuochi d'artificio per tutta la notte, ad altezza max di 20 metri da terra. Io non so se qualcuno è mai stato sfiorato da un proiettile cal. 7.65... e ha mai sentito il suo sibilo.... Bhè le prime volte volte che lo senti, ti dici: "mi è passato vicino!!!" a non più di 6-7metri.
La popolazione era divisa: chi ci voleva e cho no. Io ho assaporato la prima e vissuto per tre mesi con la seconda. Ma di bambini e donne ne hanno curati molti.... era anche questo che contava e che mi dava forza per fare bene il mio ruolo.
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