Il 28 ottobre 2020 è stata depositata dal senatore Barbero l'ennesima proposta di modifica all’articolo 73 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, in materia di licenza, porto e detenzione di armi per gli agenti di pubblica sicurezza.

Si tratta di un'idea già venuta fuori all'epoca di Minniti, poi naufragata nelle lande sconosciute e selvatiche del Parlamento.

Riporto in sintesi la proposta appena depositata.

ONOREVOLI SENATORI. – È attualmente in vigore una norma del 1940, il regio decreto n. 635, che nel dare esecuzione al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) individua, al primo comma dell’articolo 73, i soggetti che possono portare seco armi da fuoco senza licenza e, nello specifico, li elenca come coloro che ricoprono gli uffici di « Capo della polizia, Prefetti, vice-prefetti, ispettori provinciali amministrativi, Ufficiali di pubblica sicurezza, Pretori e magistrati addetti al pubblico ministero o all’ufficio di istruzione »; i semplici agenti di pubblica sicurezza, invece, possono portare l’arma anche quando non sono in servizio ed in abiti civili, ma, ai sensi del secondo comma del citato articolo, senza licenza ciò più avvenire solo con « le armi di cui sono muniti, a termini dei rispettivi regolamenti ». In sostanza, essi possono portare, senza licenza, solo le armi di ordinanza e ciò a differenza di un magistrato, ad esempio, che però può non essersi mai sottoposto ad un corso specifico, né aver ottenuto l’abilitazione al maneggio delle armi, né aver superato prove attitudinali, né praticato alcun tipo di addestramento. È ormai maturo il tempo di modificare queste disposizioni, entrate in vigore in tutt’altro periodo storico, e quindi superare questi differenti trattamenti, che non hanno ragione di esistere in una democrazia compiuta ed in un sistema che arruola le proprie Forze di polizia con criteri molto selettivi e richiedenti la massima professionalità: il presente disegno di legge, quindi, intende estendere il diritto, al pari delle citate categorie del primo comma dell’articolo 73 del regio decreto n. 635 del 1940, di comprare senza li- cenza un’arma da fuoco e quindi la facoltà di portarla con sé ad ogni agente di pubblica sicurezza.
Tale necessità è stata più volte sollecitata dalle rappresentanze degli agenti di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, principalmente per la ragione che l’arma da fianco di ordinanza che viene fornita dallo Stato agli agenti è una pistola da « porto manifesto », quindi di grosse dimensioni e sen- sibile pesantezza, conseguentemente di scarsa occultabilità, specialmente con abiti estivi.
In un’epoca di grandi conflitti, caratterizzata di frequente da episodi criminosi e finanche terroristici, è stato più volte richiesto, anche da autorevole fonte, agli agenti di pubblica sicurezza di portare con sé l’arma di ordinanza proprio nel convincimento di affidare loro una sorta di individuale presidio diffuso di sicurezza e di protezione dei cittadini; all’uopo conviene citare l’appello pubblico rivolto dal ministro Minniti dopo gli attentati sulla Rambla a Barcellona: anche in quella occasione i sindacati di categoria eccepirono che la più diffusa 9 millimetri di ordinanza, la Beretta 92 FS, sia assolutamente inadatta al porto occulto, ostica da portare sui mezzi pubblici o con abiti leggeri. Vale la pena sottolineare che allorquando l’arma, ancorché nascosta, è visibile ed individuabile, essa diventa un pericolo per il portatore che può essere esposto al furto o alla rapina della stessa: paradossalmente ciò diventa una occasione di pericolo, oltre che di panico e allarme sociale, anziché un modo per implementare la sicurezza degli agenti e degli stessi cittadini. L’episodio recente dell’omicidio del carabiniere Mario Rega Cerciello dovrebbe fare riflettere: il militare è andato disarmato all’appuntamento con la morte, perché, come è molto frequente fra carabinieri e agenti di polizia quando essi operano in borghese, ha deciso di non portare con sé la pistola d’ordinanza, ritenuta troppo grande, vistosa e pesante. La Beretta 92 FS d’ordinanza, infatti, è lunga 217 mm e, carica, arriva a pesare 1 chilo; un’arma di pun’arma di pari calibro, in versione compatta, può avere misure sensibilmente ridotte, come i 143 mm della Beretta BU9 Nano, i 160 mm della Glock 26, i 170 mm della SIG Sauer P320 Subcompact. Queste armi, come tante altre, sono pistole in calibro 9 mm progettate per il porto occulto, di conseguenza oltre ad essere meno ingombranti e sensibilmente più leggere (hanno mediamente un peso di poco superiore ai 500 gr con serbatoio pieno) sono prive di sporgenze e spigolature proprio per essere estratte con facilità da fondine nascoste e tasche interne agli abiti; pistole ancora più comode per il porto occulto sono in commercio in calibro più piccolo. Non vi è, ormai, nessuna ragione logica per la quale si consente legittimamente ad un agente di pubblica sicurezza di poter circolare, senza licenza, armato della sua pistola d’ordinanza e non con un’altra, più comoda e utile, che egli stesso possa aver acquistato personalmente in armeria, come invece è consentito ad altri soggetti, i quali, peraltro, almeno in linea teorica, sono meno addestrati e preparati all’utilizzo delle armi da fuoco.
La dimensione numerica dei Corpi di pubblica sicurezza, attualmente in servizio, riporta un organico intorno alle 330.000 unità fra Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo della polizia penitenziaria; la percentuale degli agenti è superiore ai due terzi di tutti gli uomini impiegati, conseguentemente si consideri che l’approvazione del presente disegno di legge comporterebbe, fra l’altro, anche un aumento notevole di acquirenti privati di armi, con notevole conforto per l’intera filiera, dal produttore al rivenditore. Il comparto armiero, nel nostro Paese, conta più di 2.330 imprese e sfiora i 100.000 occupati nel settore, tuttavia il segno positivo della produzione cresce solo grazie all’export, assunte le limitazioni di accesso alle armi vigenti in Italia per i cittadini, che ne rappresentano i clienti privati finali. In tempi di crisi economica così impattante nel tessuto produttivo nazionale, le disposizioni del presente disegno di legge offrirebbero un conforto ad un segmento imprenditoriale e occupazionale in cui il Paese vanta, peraltro, una tradizione di grande qualità e una affermazione notevole su scala internazionale: una recente ricerca dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo ha quantificato in oltre 7 miliardi di euro il valore diretto e indiretto del settore (0,44 per cento del prodotto interno lordo) della produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio. Nelle ultime quattro edizioni dei Giochi olimpici, su 63 medaglie assegnate nelle diverse specialità del tiro a volo, ben 61 sono state vinte con fucili e 51 con munizioni italiane, e ciò evidenzia che la produzione di armi italiana sia una eccellenza indiscussa a livello mondiale. Dare respiro a questo segmento non può che rinforzarne la competitività e aumentare i già altissimi standard qualitativi della produzione.
Tutto quanto premesso, con il presente disegno di legge, il legislatore può risolvere le anacronistiche disparità di trattamento fra i soggetti inclusi nel primo comma e quelli elencati nel secondo comma dell’articolo 73 del regio decreto n. 635 del 1940 e quindi consentire agli agenti di pubblica sicurezza di poter acquistare, detenere e portare, senza licenza, un’arma privata in luogo di quella d’ordinanza quando operano in borghese o non sono in servizio.
L’articolo 1 modifica l’articolo 73 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, includendo nel primo comma i soggetti individuati nel secondo e, conseguentemente, abroga il secondo comma.
L’articolo 2 delega l’Esecutivo a modificare, laddove se ne riscontri la necessità, i regolamenti dei Corpi di pubblica sicurezza.
L’articolo 3 evidenzia l’assenza di oneri finanziari a carico dello Stato.

DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche all’articolo 73 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635)
1. All’articolo 73 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono altresì autoriz- zati gli agenti in ruolo di pubblica sicurezza, previsti dagli articoli 17 e 18 del testo unico di cui al regio decreto 31 agosto 1907, n. 690, anche quando non sono in servizio »;
b) il secondo comma è abrogato. Art. 2.
(Disposizioni di adeguamento)
1. Entro novanta giorni dalla data di en- trata in vigore della presente legge, il Go- verno, con appositi decreti, apporta le modi- fiche necessarie ai regolamenti dei Corpi di pubblica sicurezza, al fine di adeguarli alle disposizioni di cui alla presente legge.
Art. 3.
(Copertura finanziaria)
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.