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Discussione: Cuori d'acciaio all'erta!

  1. #41
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    Mattina magnifica, il Tricolore garrisce nel cielo terso. Morabito strilla di sbrigarsi, di corsa in magazzino. Dove riceviamo la mimetica chiazzata e gli stivaletti da lancio. Rientriamo euforici. L’istruttore si piazza al centro della camerata, mani sui fianchi: - Orecchioqua!
    Siamo tutti fissi su di lui, come non mai.
    - Prove del giuramento. Dovete mettere la policroma. Ai piedi potete tenere i Fantomas.
    Soltanto la Folgore, fior fiore dell’esercito italiano, ha in dotazione la policroma. Chiamata anche mimetica da lancio, è bellissima. Per la colorazione, il tessuto, il taglio e molti particolari. Imbottiture su spalle, gomiti, ginocchia. Persino cinghietti, per sagomare meglio la tuta. Che ha tasconi sul petto e sui pantaloni. Indossandola, ci vediamo più alti e con le spalle larghe. L’eccitazione generale mi contagia.
    Ritirati i FAL che stavolta hanno il caricatore, anche se vuoto, cominciamo le prove dell’ammassamento. S’attende dietro la Compagnia, al suono della sirena abbiamo quindici secondi per correre a perdifiato fino al piazzale e schierarci in ranghi perfetti. Le corse si susseguono sfibranti per il resto della mattinata, mentre lo sten spiega che sarà la banda ad entrare per prima nel piazzale, suonando l’inno della Brigata. Poi, davanti a parenti e amici assiepati oltre le transenne, il Comandante chiamerà lo scaglione. E noi scatteremo. Come Folgore dal cielo, come Nembo di tempesta.

    La guardia scorre, nei limiti del possibile, tranquilla. Durante l’ispezione il tenente non prova nemmeno a disarmarmi. Finito il primo turno, non riesco a chiudere gli occhi. Il volto di Sophie è come stesse svanendo dalla mia memoria, corroso da fiotti d’amarezza che non so controllare. Fortunatamente le ore di riposo finiscono, e torno a farne due di sentinella.

    Il pomeriggio del 31 dicembre, smontato di guardia, ritorno in camerata. Feffe pattina su e giù, sorrido: - Ehilà, pinguino! Tutto bene?
    Il butese transita estatico: - See…
    Comincio a pulire le scarpe della drop. Dopo qualche secondo arriva Calegari, strizza l’occhio: - Non mi aspettate per il contrappello, farò tardi.
    - Permessino?
    - Non è un miracolo? - E scappa via ridendo.
    Ripassa Feffe: - Ieri Sofia m’ha portato da ‘na su’ amìa dell’università.
    Stringo fra le dita il lucido, schiacciando piano.
    - Ir babbo gliè ‘ncolonnello di ‘vi.
    Dal tubetto schizza un serpentello nero, e cade a terra.
    - Occhè tu fai?!
    - M’è scappato. Allora?
    - Gliè bellina Fede.
    Un nuovo serpentello vola sul pavimento.
    - O Andre, che tu siei di Navacchio?
    - Cioè?
    - Grullo!
    - Non sono di Navacchio, racconta.
    - ‘Vando noi ‘issi lèva di ’ùlo…
    - Cosa?
    - Levassi di ’ùlo, ‘ndà via.
    Scuoto la testa: - Sei peggio di Sanna.
    Ridacchia: - ‘Ndovina chi gliera sotto ‘asa?
    Sibilo: - Non una parola in giro.

    continua...
    Ultima modifica di gagliardi; 16-05-20 alle 12: 54
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  2. #42
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    Gli altri sono allo spaccio, e nessuno vuole uscire prima di cena. Stasera c’è il menu della festa, da giorni si accumulano indiscrezioni sulle portate. Ma io devo telefonare a Sophie, del rancio me ne fotto: - Dalma’, fai la muffa anche tu come ‘ste morfine?
    - Negativo.
    Passiamo attraverso il piazzale. Non però di corsa, come bisogna fare. Stiamo chiacchierando sognanti di donne e d’avventure, anche se a Pisa le prime latitano, le seconde finiscono sempre a pugni. Davanti a noi il Terribile osserva il vuoto con aria scazzata. Dalmasso s’irrigidisce, mormorando: - Adesso ci schiaffa dentro…
    Sbatto le mani sulle cosce: - Maresciallo!
    Lui fa un cenno di saluto, noi passiamo indenni e ci mettiamo a correre fino al portone. Dalmasso, sconvolto: - Lo conosci?
    - Per forza, o punito o di servizio, sto sempre dentro. Alla fine faccio amicizia.
    - Dicono che era un mercenario.
    - L’altra sera m’ha fatto vedere una foto.
    - Caxxo! Vuoi dire quella foto?
    - Affermativo.
    - Ma com’è che gli sei simpatico?
    Ghigno: - Non so, mi chiama collega.

    L’ufficio SIP è miracolosamente aperto. Altro miracolo, a casa di Sophie trovo qualcuno. La madre. Linea disturbata, dice che sua figlia è via, e dovrei aver ricevuto una lettera. La comunicazione cade, i soliti problemi. La mia posta arriva a casa dell’hobbit Robertino. Richiedo la linea, lo chiamo. Conferma che c’è un pacchetto per me, pensava di portarmelo giù sabato prossimo al giuramento. Lo ringrazio, riattacco, vado a pagare. Raggiungo Dalmasso che aspetta fuori: - Qualcosa non va?
    Scrollo le spalle: - Andiamo a bere.
    Usciti dal bar, decidiamo di tornare in caserma a valutare il tanto atteso menù di Capodanno. Mensa strapiena, cena magnifica, l’allegria sale proporzionalmente al tasso alcolico. Si ride di gusto per qualsiasi stronzata. La festa prosegue allo spaccio, mi chiama lo spaccista di Pontedera: - Te siei ‘r amìo di Feffe?
    Annuisco, lui strizza l’occhio: - Ottegli porti ‘vèsta? - E mi dà una bottiglia.
    Prendo lo spumante, gli faccio gli auguri. Dal juke-box esce un giro di chitarra sincopata, e la voce di Stevie Nicks: - Loving you isn’t the right thing to do…
    Esco, canticchiando distrattamente You can go your own way, go your own way…

    Tranne i piantoni la camerata è vuota, cerco di scrivere a Sophie. Ma non c’è molto da raccontare. Mi perdo in mille pensieri, sempre più cupi e tempestosi, vagando sul mare dei rimpianti. Cerco scampo nel futuro, immaginando il prossimo Capodanno. Che passerò libero, con lei, a Beirut. Il 1980 sarà l’inizio d’una nuova vita.
    Intanto la camerata s’è riempita di gente che si prepara all’ultimo contrappello dell’anno. Controllo il cubo, prendo la pezzuola, dò una passata agli anfibi.
    - Allievi, ritti!
    Scattiamo in piedi. Irrompe Morabito, in mano due bottiglie per brindare con la squadra. Sono sorpreso, devo ammettere.
    Dopo il contrappello le luci rimangono accese. S’attende la mezzanotte tra canti, gare di pompate e una crescente eccitazione. Finché, gavette in mano, circondiamo Morabito e Pozzi pronti a stappare. Al culmine del conto alla rovescia, i tappi saltano a salutare il nuovo anno. Morabito dà l’attenti. Pozzi, testa alta, intona: - Sui monti e sui mar…
    Cantiamo con lui: - Per le strade del ciel…
    Tra le pareti rimbomba il canto, insieme alle voci s’intrecciano le anime. L’augurio sale nella notte fino alle stelle.
    - Scagliamo i nostri cuori nella battaglia ancor!

    continua...
    Ultima modifica di gagliardi; 20-05-20 alle 08: 55
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  3. #43
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    Le luci sono spente da un po’. Nel dormiveglia rumore di passi. Mi sento scuotere, apro un occhio. Il faccino occhialuto di Bottero: - Sveglia!
    - ‘Zzo vuoi?
    - Calegari è in infermeria.
    Schizzo fuori dalla branda, ho già indosso la ginnica, infilo le scarpette: - Che è successo?
    - L’hanno pestato. È in civile, devo prendere la sua Verde.
    Corriamo verso l’infermeria, Bottero stenta a starmi dietro e rispondere alle domande. Arrivo alla porta, entro. Davanti alla scrivania una ragazza seduta, capo tra le mani. Sull’altro lato il lettino con una figura distesa. Accanto, il tenente medico. Più in là, il mio sten in piedi. Sbatto le mani sulle cosce: - Comandi. Come sta?
    - L’ho medicato, e gli ho dato un calmante. Ma domani bisognerà fare delle radiografie.
    Cale ha la faccia gonfia e piena di lividi. Mi vede, le labbra spaccate si piegano in una specie di sorriso.
    Gli prendo la mano: - Chi è stato?
    Con l’altra mano fa un segno.
    - Quattro? Erano quattro?
    Mormora qualcosa, chino la testa verso di lui: - Ripeti, Cale.
    Il tenente scuote la testa: - Lasciamolo riposare.
    Alle mie spalle singhiozzi trattenuti.
    Lo sten: - Allievo Gagliardi, accompagni la signorina.
    - Comandi.
    - Allievo, sarà meglio recuperare la drop di Calegari.
    - Comandi.
    Fuori dall’infermeria, lei si asciuga gli occhi: - Ale parla sempre di te.
    - Anche di te.
    - Davvero?
    - Dice che sei un miracolo.
    Sul suo viso la sorpresa, e un accenno di sorriso.
    - Chi è stato?
    Il sorriso svanisce: - Il mio ex.
    - Da solo?
    - No, erano in quattro.
    - Che è successo?
    S’asciuga le ciglia: - Dopo la mezzanotte siamo usciti a passeggiare. Davanti a un pub, Cabiria…
    - Ecco che diceva, Cabiria!
    - Sono usciti e hanno cominciato a inseguirci, urlando che era un fascista di *****. Ale s’è difeso, io ho cercato di fermarli, m’hanno spinta via e lo prendevano a calci. Io urlavo, urlavo con tutte le forze. Ma non è uscito nessuno.
    Ricomincia a singhiozzare, scuoto la testa: - Puoi recuperare la sua drop?
    - Sì, è a casa mia.
    - In caserma?
    - No, vivo da sola. I miei abitano qui.
    - Alla porta vi hanno visti entrare insieme, tuo padre lo verrà a sapere in fretta. Deve sembrare un incontro casuale.
    Trattiene i singhiozzi: - Va bene.
    Dopo essermi fatto descrivere il suo ex e gli amici, torno in Compagnia.

    Passo davanti all’Olimpo. La porta è aperta, esce un forte brusio. Mi affaccio allo stipite, stanza piena, sbatto le mani sulle cosce: - Comandi.
    Tutti si girano, c’è anche lo sten che fa cenno di entrare.
    - Comandi. La ragazza li ha riconosciuti e sa dove sono.
    - Dove?
    - Un posto chiamato Cabiria.
    Lo sten sibila: - Ci avrei giurato.
    Pozzi sorride: - Bruciamolo!
    L’ufficiale lo guarda di storto: - Finiamola con ‘ste cazzate, caporale.
    Faccio un passo avanti: - Comandi. Un piccolo gruppo. Piombiamo lì, sfasciamo tutto e torniamo in meno di un’ora.
    Lo sten non ci pensa un attimo: - Andiamo.
    Pozzi schiarisce la voce: - Comandi. Qualcuno deve farci uscire e rientrare.
    Morabito: - E venirci a prendere, se serve.
    L’ufficiale fa una smorfia: - Va bene.
    Ultima modifica di gagliardi; 16-05-20 alle 12: 56
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  4. #44
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    Il sergente che comanda la guardia, dopo un rapido conciliabolo con lo sten, ha fatto aprire il portone augurandoci buona caccia. Siamo usciti in una ventina, tra graduati della Compagnia e pugili. Tutti in civile, sotto il giubbotto portiamo il cinturone militare. Anch’io, come gli altri, ho ai piedi gli stivaletti da lancio. Morabito ha fatto finta di niente, Pozzi ghignava. Adesso, però, nessuno fiata. Divisi in gruppetti per non dare nell’occhio, corricchiamo sotto un’insistente pioggerella. Pochissima gente in giro. Sono con Morabito, Pozzi e Max. Mormoro: - Cos’è ‘sto Cabiria?
    Max: - Un pub di comu. Rompono sempre i coglioni.
    Pozzi ringhia: - Stavolta gli diamo una lezione che non se la scordano più.

    Nella stradina restiamo al riparo di un angolo. Davanti al pub, solo un paio di avventori semisbronzi sfidano la pioggia. Nel giro di pochi minuti, arrivano gli altri. Fuori dal Cabiria è rimasta una sola persona. Guardo Pozzi: - Vado a controllare se quelli sono dentro.
    Sbucato dall’angolo, avanzo ondeggiando, da ubriaco. M’avvicino sorridente: - ‘Ome va?
    - Tuttarposto.
    - Gliè ‘r Bruno?
    - See, sta a festeggia’ le labbrate ar fascista.
    L’afferro dal bavero, gli tiro una testata. Il suo occipite sbatte sul muro, le gambe cedono, il corpo s’accascia. Faccio mezzo passo indietro, carico un calcione, battezzo lo stivaletto col sangue nemico: - Buon anno, stro nzo!
    Alle mie spalle scalpiccio di Vibram. Pozzi mormora: - Sei piccolo ma sei bastardo.
    - Perché, tu sei grosso?
    Sorridiamo nervosamente, per scacciare la tensione. Un attimo dopo le budella tornano ad attorcigliarsi.
    Divisi in due file ai lati della porta, cinturoni in mano, volti coperti. Max sibila: - Trenta secondi e tutti fuori. Chiaro?
    Fa segno con le dita, iniziando a contare: - Tre. Due. Uno. Via!
    Scatto, spingendo la porta che si apre verso l’interno.

    Aria calda, musica, vociare. Una figura davanti a me. Occhi sbarrati, si ferma. Gli sbatto contro, lo travolgo, cade. Inciampo, finendo lungo per terra. Il locale esplode di urla e fragori. Torno in piedi, un boccale mi sfreccia davanti agli occhi, infrangendosi sul muro. Pioggia di vetri, mi giro, lascio partire la cinghiata. Il lanciatore di boccali crolla. Mulinando il cinturone e urlando come un pazzo, comincio a colpire tutto quel che si muove. In fondo alla sala vedo Bruno che sparisce dietro una porta. Corro, la spalanco con una pedata, lui armeggia frenetico intorno alla serratura d’una porticina. Si gira, in tempo per beccare la fibbia in faccia. Gridando, copre il viso con le mani, s’accascia. Continuo a colpire, lo prendo a calci e insulti e sputi. Finché sento urlare: - Via! Via!
    Un’ultima pedata e ritorno nella sala. Tavoli rovesciati, vetri dappertutto, gente distesa e sanguinante. Altri rannicchiati. Nessuno grida più, solo qualche lamento. Pozzi ringhia: - Chi tocca uno di noi, fa una brutta fine!
    Fuori siamo tutti. Max mormora: - Esfiltrazione. Rapidi, ma senza correre.
    Ci dividiamo nuovamente in gruppetti, allontanandoci in diverse direzioni.

    continua...
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  5. #45
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    Mattino. Dopo la reazione fisica, salto la colazione e vado in infermeria. Calegari ha passato una notte tranquilla e dorme ancora. Bottero non mi fa entrare, ghigna: - Ora vattene, prima che arrivi qualche colonnello.
    Seguono l’alzabandiera e ore di prove per il giuramento. Verso mezzogiorno torniamo in Compagnia. Atmosfera cupa e tempestosa, tutti scattano più del solito. In fureria gran via vai di graduati con la faccia scura. Radio naja mormora di interrogazioni parlamentari, processi militari, condanne da scontare a Gaeta. Vengo chiamato anch’io: - Gagliardi, a rapporto dal capitano!
    Corro, in preda a foschi presentimenti. Le voci sul vecchio penitenziario borbonico sono terribili. Alcatraz italiano, celle minuscole, criminali di guerra, ergastolani pluriomicidi e carcerieri aguzzini. A paragone la CPR della Gamerra è un hotel di lusso. Incredibile, ma in questo momento Pisa mi sembra la città più bella, pulita e ospitale del mondo, con abitanti affabili e cordiali. Rabbrividisco, mi faccio forza, busso.

    L’Ufficiale mi scruta accigliato: - Che è successo stanotte?
    - Comandi. Nulla.
    - Un allievo è ricoverato in infermeria.
    - Comandi. L’ho saputo.
    - M’ha appena telefonato un amico, dal comando carabinieri.
    Soffoco una smorfia.
    - C’è stata una rissa, anzi un’aggressione. Una spedizione punitiva.
    Rimango in silenzio.
    Il capitano tamburella nervosamente con le dita sul tavolo: - Gagliardi, che caxxo devo fare con te? In tre settimane questa è la seconda rissa coi civili. Sei qui per fare il paracadutista o il teppista?
    - Comandi. Sono qui per fare il parà.
    - Un paracadutista deve osservare il regolamento di disciplina.
    - Comandi. Un parà deve combattere, e io combatto.
    Mi guarda quasi divertito: - Come spieghi queste risse?
    - Comandi. I Pisani sono una razza di *****.
    Sospira: - Dici così perché non sei mai stato a Livorno. Una settimana in polveriera ti calmerà, parti tra un’ora. Ma non ritornerai in tempo per il giuramento, quindi non avrai la licenza per tornare a casa,
    - Comandi. A casa sto malissimo. Grazie.

    La camerata è vuota, sono tutti in mensa. Io preparo la mia roba, sollevato. La vita in polveriera è notoriamente una ***** ma non finirò a Gaeta, forse. Resta in sospeso la questione se andare a Siena o provare a rimanere alla SMIPAR, ma c’è tempo. Come sempre rimando fino all’ultimo, anche se così finisce che le cose vanno sempre a caxxo loro. Però mi diverte questo modo di vivere. In fondo è la ricerca del destino.

    Rapolano Terme, una ventina di chilometri a sud di Siena lungo la statale per Perugia, è un paesino dove non mi verrebbe mai in mente di fermarmi. Difatti non ci fermiamo. La jeep s’inerpica sulle colline, fino alla polveriera. Appena arrivato, tutti s’affannano a spiegarmi per filo e per segno i rischi immensi, le indispensabili cautele, le cose da fare e quelle assolutamente da non fare. L’area, in mezzo a un bosco, è vasta. Circondata da una rete metallica alta tre metri, con diverse altane sul perimetro. Il giro si fa con l’AR. I turni si susseguono. Due ore di guardia. Due di pronto intervento, stesi sulla branda abbracciati al FAL. Due di riposo, come quelle di pronto intervento. La prima notte in altana gli anziani vengono a sfrogoliarmi. Lanciano pietre, fanno versi. Mi attengo scrupolosamente alle consegne. In rapida successione, intimo l’alt, avviso, sparo due colpi. Non proprio addosso a loro, ma neanche per aria. Al rientro nel corpo di guardia, l'ufficiale non batte ciglio al mio rapporto e dice di ricaricare. Ora gli anziani mi lasciano in pace. Per il resto, capisco chi in polveriera si suicida.


    Qui termina, insieme alla Fase 1, il materiale con una certa continuità narrativa
    Spero che queste paginette siano state motivo di piacevole evasione dalla realtà. E adesso le vostre critiche.

    p.s. mi resta qualcosina da rielaborare e limare, ci vorrà un po' di tempo.
    Ultima modifica di gagliardi; 20-05-20 alle 08: 57
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  6. #46

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    Sotto il profilo letterario, nessuna critica. Linguaggio semplice, diretto; narrazione lineare, senza inutili fronzoli. Da militare.
    Sotto il profilo storico, nessuna critica. Erano tempi bastardi, la naja era dura ovunque, figuriamoci alla SMIPAR... Un caro amico mio mi ha raccontato cose anche peggiori nella SMALP di Aosta, ma lì erano tutti AUC, un altro mondo.
    Chi non ha vissuto quegli anni non sa cosa significasse girare per strada con i capelli anche solo un po' più corti, e questo non solo a Pisa dove la rivalità politica, culturale, sociale con i Parà era (ed è) molto marcata.
    Oggi l'Italia è cambiata. Una spedizione punitiva in un locale non è nemmeno più concepibile. Si stava meglio, si stava peggio? Chissà...
    Sovrintendente della Polizia di Stato
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  7. #47
    Utente Expert L'avatar di Pecs
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    Come ho già detto un racconto interessantissimo e incalzante, una narrazione ineccepibile.

    Non ho capito cosa significano queste cose:
    Citazione Originariamente Scritto da gagliardi Visualizza Messaggio
    - Purtroppo nel suo fascicolo risultano dei precedenti politici che m’impediscono di proporla per il corso AGI.
    - Comandi. Alla Patria, come ha visto nel mio fascicolo, ho donato la giovinezza. Adesso altri dodici mesi. Ma poi basta.

    Inoltre non ho capito se questa è parte di un lavoro che intendi pubblicare.


    Citazione Originariamente Scritto da gagliardi Visualizza Messaggio
    p.s. mi resta qualcosina da rielaborare e limare, ci vorrà un po' di tempo.
    Attendiamo fiduciosi!

  8. #48
    Moderatore L'avatar di gagliardi
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    Grazie Pecs, le lodi fanno piacere e le critiche fanno migliorare, attendo un po' delle seconde

    Il protagonista, come si vede nella parte precedente alla naja, ha avuto qualche piccolo guaio adolescenziale con la giustizia. Episodi legati alla politica (con la risposta il protagonista allude alla sua passata militanza di destra) sanati dal perdono giudiziale. Un simile profilo era (e credo sia ancora) considerato indesiderabile dall'Amministrazione. Il timbro rosso del fascicolo, "pericoloso/estremista", segnalava appunto soggetti particolari, da controllare e che non potevano prendere i gradi.

    Per quanto riguarda la parte precedente, diciamo il prequel , ignorarla vi ha messo nelle condizioni di vedere il protagonista con gli stessi occhi dei suoi commilitoni e superiori. Questo ha reso la narrazione più efficace e l'intreccio più sorprendente. Il tutto fa parte d'un progetto più esteso, rimasto incompiuto, a cui mi ero dedicato per diletto nei momenti liberi. Non intendo mutare questa sana abitudine, a cui sono tornato in malsana congiuntura. M'è tornato l'uzzolo di scribacchiare, il tempo tutto sommato non manca, vorrei finire questa roba. Coi ritmi più blandi della Fase 1 bis, pubblicherò qualche altra paginetta.
    Ultima modifica di gagliardi; 03-05-20 alle 18: 53
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  9. #49
    Maresciallo
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    Citazione Originariamente Scritto da Kojak Visualizza Messaggio
    Chi non ha vissuto quegli anni non sa cosa significasse girare per strada con i capelli anche solo un po' più corti, e questo non solo a Pisa dove la rivalità politica, culturale, sociale con i Parà era (ed è) molto marcata.
    ...
    Veramente ancora oggi alcune aree geografiche, sono di una certa tendenza politica, chi di destra e chi di sinistra.

  10. #50
    Maresciallo
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    Citazione Originariamente Scritto da Kojak Visualizza Messaggio
    Erano tempi bastardi, la naja era dura ovunque, figuriamoci alla SMIPAR... Un caro amico mio mi ha raccontato cose anche peggiori nella SMALP di Aosta, ma lì erano tutti AUC, un altro mondo.
    Io continuo a ringraziare di essermi 'scappottato' la naja, sarei finito come un montone tra i lupi, non dico mi avrebbero fatto la pelle, ma quasi!!!

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