Bachir, Presidente della Repubblica Libanese, trentacinque anni, assassinato il 14 settembre 1982 per ordine di Hafez Assad, allora dittatore della Siria. Pierre Amine, nipote di Bachir, Ministro nel governo Siniora, trentaquattro anni, assassinato il 21 novembre 2006 per ordine di Bachar, figlio di Hafez, attuale dittatore della Siria. I Gemayel, famiglia importante nella politica libanese, hanno pagato un alto prezzo per il loro impegno. Storici difensori della comunità maronita, ostili alla dominazione siriana, capaci d’incarnare il sogno d’un Libano sovrano, pluralista, moderno. E segnati da un destino maledetto, i Kennedy del Vicino Oriente.
La sentenza del 20 ottobre, che condanna gli esecutori (contumaci in Siria) dell'omicidio di Bachir Gemayel, giunge a trentacinque anni dagli avvenimenti e si può variamente interpretare. Di certo rende giustizia alla famiglia, tanto colpita dal lutto quanto coinvolta nel processo. D’altronde, poiché non si tratta di una normale famiglia libanese, questo verdetto assume un valore simbolico e riparatore nei confronti dell’intera comunità maronita (dopo la morte di Cheikh Bachir divisa politicamente e riunitasi per la prima volta avant’ieri, per festeggiare il verdetto ad Achrafieh). Ma la sentenza non può non avere anche un senso politico, dal momento che condanna gli assassini di un Presidente della Repubblica. Infrange per la prima volta un tabù scrupolosamente osservato in Libano durante i mortiferi decenni di pax siriana: impunità per gli omicidi politici successivi all’invasione delle truppe degli Assad. E il conto si presenta piuttosto lungo, includendo un Primo Ministro, Rafiq Hariri, svariati ministri, decine di parlamentari, migliaia di cittadini, di ogni confessione e ceto. Nei casi più eclatanti sottoposti a indagine le responsabilità si dividono tra membri del SSNP (Sirian Social Nationalist Party) ed Hezbollah, forze politiche che sostengono la coalizione pro-siriana denominata “8 marzo”. Ma anche agguerrita milizia distintasi per ferocia contro i civili di Aleppo la prima, esercito parallelo guidato da una cupola di narco-terroristi parzialmente agli ordini degli ayatollah la seconda. Rappresentano gli interessi di Damasco e di Theran, che non sempre coincidono, ma sempre convergono contro il Libano.
Vedremo se questa sentenza si ridurrà a una farsa, come alcuni sostengono, o se è un segnale di ulteriori passi del Paese dei Cedri verso l’unità, la libertà, la modernità, cioè la direzione voluta e impressa dai Gemayel. Ma questo riguarda il futuro.
Per chi ricorda Cheikh Bachir, il 20 ottobre è soprattutto il giorno della giustizia, atteso da trentacinque anni. E della festa.
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