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Discussione: Lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani

  1. #1
    Maresciallo L'avatar di Zoppo
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    Predefinito Lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani

    Visto che a Kojak fa arrabbiare il '68 gli dò occasione di dire la sua a proposito di uno dei cavalli di battaglia dell'epoca.

    Edito da Libreria Editrice Fiorentina - pag. 168

    Lettera a una professoressa è uno scritto realizzato nel 1967 da 8 ragazzini della scuola di Barbiana (Vicchio – Mugello - FI), guidati da Don Lorenzo Milani maestro della medesima, e indirizzata ad una professoressa delle magistrali che – è l’accusa rivoltale - bocciava a ripetizione i figli della povera gente perpetuando in eterno la loro condizione sociale ed economica.
    In questa lettera si analizzano vari problemi e principalmente quello dell’abbandono della scuola da parte dei figli dei braccianti e degli operai facendo largo uso dei dati ISTAT spiegati in maniera semplice e chiara.
    Successivamente si offrono soluzioni ai problemi anzi elencati, a dir poco anticonvenzionali e tra le tante elenco:
    - ripristinare le punizioni corporali facendo uso della frusta (che lui adoperava regolarmente);
    - togliere spazio ai classici per dedicarsi principalmente al Vangelo che dovrebbe essere il principale obiettivo di materie come la letteratura e la geografia; propone inoltre una materia di approfondimento del Vangelo stesso.
    - molto interessante - e a tratti stupefacente - un discorso in cui dice che gli studenti bravi e cattivi sono forgiati dai diversi contesti in cui vivono (contesti che prevedono le ripetizioni per i figli dei ricchi e la ripetizione dell’anno per i figli dei poveri) creando un problema da risolvere alla radice eliminando la bocciatura (perché la scuola pubblica deve promuovere) e adottando il tempo pieno, realizzabile costringendo gli insegnanti al celibato e aumentando la presenza di religiosi all’interno delle scuole.
    Sia chiara una cosa: quando Don Milani diceva di eliminare la bocciatura, non diceva di promuovere tutti, anche gli asini, ma di trasformare gli asini in persone a base di tempo pieno, dedizione assoluta dei prof e uso della frusta se necessario. Per favore, non banalizziamo confondendo il suo messaggio col delirio universitario che si verificò poco dopo. Se le sue parole vennero storpiate e strumentalizzate, non può essere stato colpa sua!
    - da elogiare l’idea che i ragazzi più grandi insegnino ai più piccoli ciò che hanno appreso l’anno precedente: è sicuramente un modo per ripassare e per responsabilizzare i ragazzi.

    Elenco alcuni passaggi invitandovi a prenderli con beneficio d’inventario e giudicarli magari dopo aver letto un’edizione critica del libro.

    … ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.

    Povero è chi consuma tutte le sue entrate. Ricco chi ne consuma solo una parte. In Italia, per un caso inspiegabile, i consumi sono tassati fino all’ultima lira. Le entrate solo per burla.
    (Nota: era il 1967 )

    Neanche per la scienza non ti dar pensiero. Basteranno gli avari per coltivarla. Faranno anche le scoperte che servono per noi. Irrigheranno il deserto, caveranno bricioline dal mare, vinceranno le malattie. A te che te ne importa? Non dannarti l’animo e l’amore per cose che andranno avanti anche da sé.

    La cultura vera, quella che ancora non ha posseduto nessun uomo, è fatta di due cose: appartenere alla massa e possedere la parola.

    La seconda materia sbagliata è matematica. Per insegnarla alle elementari basta sapere quella delle elementari. (…) Nel programma delle magistrali si può dunque abolire.


    Don Milani morì poco dopo la pubblicazione senza prevedere il profondo influsso che quest’opera avrebbe avuto sui movimenti sessantottini (e onestamente dubito che fosse nei suoi piani).

    Trovo che questo libro sia molto interessante per come analizza il problema poiché offre uno spaccato della società rurale italiana pochi anni prima che scomparisse.
    Trovo altresì che l’idea del tempo pieno sia formidabile anche se quella del celibato dei prof. è semplicemente assurda.
    Che la scuola andasse stravolta era fuori d’ogni dubbio, ma magari non a quel modo. Infatti, l’ossessione per il Vangelo, il disprezzo per i classici e le materie tecnico-scientifiche mi sembra porti la scuola indietro piuttosto che avanti, e non solo la scuola ma soprattutto gli studenti meno agiati che non potranno permettersi altro. Infatti, in una frase, dice che i figli dei poveri non devono fare l’università onde evitare che cambino razza.
    Per alcuni aspetti mi sembra che riesca a coniugare il peggio del marxismo (in particolare quello maoista) con le idee più retrograde che la Chiesa possa offrire. Caso strano, fu la miccia che fece scoppiare il 68 in Italia!

    Comunque è un libro complesso, che merita molto di più del mio riassunto breve e superficiale. Sarei molto interessato a vostre valutazioni. Può essere uno spunto per capire la società e la scuola di oggi dove:
    - i figli dei braccianti sono spariti per far posto ai figli degli immigrati;
    - recentemente è stato demolito il tempo pieno, si fa di tutto per eliminare i prof. di sostegno e i fondi per la Scuola Pubblica sono quello che sono.
    Io non lampeggio per comunicare la presenza di posti di blocco.

  2. #2

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    Voglio fare una premessa chiara, limpida e cristallina!
    Visto che a Kojak fa arrabbiare il '68 .......
    MAI DETTO!! Io me la prendo con le sue storture, con quelli che da sempre definisco i suoi frutti dissennati, le sue aberrazioni. Questo voglio che sia chiaro in modo assoluto!
    Detto questo, non mi addentro nell'analisi storico-politica delle posizioni di don Milani: bisogna prima studiarne la vita, la bibliografia, le posizioni consolidate. Giudicarlo semplicemente dalle quattro frasi riportate sopra è sbagliato oltre che fuorviante.
    Detto questo, confermo che nel 1967 la scuola (ma con essa la società intera) aveva bisogno di urgenti riforme. Le "baronie" dei docenti spadroneggiavano ovunque, quasi a difendere il monopolio della cultura a vantaggio di pochi. Era un'Italia classista, in cui i vari ceti erano separati da compartimenti stagni che venivano mantenuti ben chiusi. Il figlio della borghesia (e a maggio ragione il figlio del popolo) non poteva e non doveva mescolarsi al figlio dell'aristocrazia.
    Il Sessantotto, che trova le sue origini più genuine non tanto in Francia quanto nella rivolta di Berkeley del 1964, ha contribuito ad aprire la finestra della modernizzazione di una società arcaica e superata. In esso si innestarono quasi subito le varie derive estremiste che dirottarono molti dei suoi ideali più nobili in una rotta suicida per tutto il movimento.
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  3. #3
    Maresciallo L'avatar di Zoppo
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    Citazione Originariamente Scritto da Kojak Visualizza Messaggio
    MAI DETTO!! Io me la prendo con le sue storture....
    Scusa, volevo solo scherzare un po', non metterti in bocca cose non dette.
    E' un libro stranissimo, pieno di sogni ed errori macroscopici, ma anche di spunti di riflessione molto interessanti.
    Io non lampeggio per comunicare la presenza di posti di blocco.

  4. #4
    bartok
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    Zoppo,
    premesso che non ho capito del tutto il tuo post.

    i figli dei poveri non devono fare l’università onde evitare che cambino razza.
    chi dice questo, potrà anche aver detto qua e là qualcosa di giusto, ma se l'ha fatto, l'ha fatto per caso. Per cui, non sono francamente interessato ad analizzane in pensiero.

    Secondo me, la "buona scuola", è quella gentiliana:

    -Primato assoluto delle materie classiche ed umanistiche.
    -Chi non ha una preparazione sufficiente, cioè il 6, dev'essere respinto, ed indirizzato verso gli sbocchi alla sua portata, cioè i corsi di avviamento al lavoro.
    -Solo i Licei, che devono essere 2 (Scientifico e Classico, ma entrambi comunque a vocazione umanistica) devono permettere l'accesso all'Università e solo il Classico deve permettere l'accesso a tutte le Facoltà.
    -Se vuoi continuare a studiare, è una tua scelta, devi esserne all'altezza. Se non lo sei, pazienza: qualcun altro lo sarà: non è un diritto. Il diritto è poter tentare.

    E' ovvio che il corollario a questi principi è che mediamente i figli delle persone istruite sono facilitate ad accedere ai più alti gradi d'istruzione, in quanto appartenenti ad una famiglia che, mediamente, saprà dare i migliori stimoli stimoli.

    Se avessimo mantenuto le cose così come stavano, adesso avremmo molti meno problemi, e forse una decina di "licei" in meno.
    Ultima modifica di bartok; 30-08-16 alle 19: 34

  5. #5

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    Quoto @bartok in toto.
    Giusto per mantenere il discorso in ambito scolastico, guardate cos'è diventato il mondo della scuola oggi....
    Io provengo da un liceo classico tra i più severi della mia città. Lo frequentai a metà degli anni Ottanta: tempi in cui la giacca e cravatta ginnasiale era stata accantonata da poco, in cui ai professori si dava rigorosamente del Lei, dove non si ammettevano tante discussioni. Ma soprattutto in cui rigore e severità erano regole indiscusse. I due anni di ginnasio passarono SEMPRE e SOLO sui libri; interrogazioni di cui ancora mi sogno la notte e il cui esito non era mai scontato nonostante tu fossi convinto di essere preparatissimo. Declinazioni, paradigmi, verbi irregolari, consecutio temporum in greco e in latino; l'abitudine di leggere il greco "ad impronta"...versioni dal greco e dal latino, ma anche viceversa.... INCUBI, tanti INCUBI. Ma poi il triennio di liceo raccoglievi tutti quei frutti. E all'università capivi chi eri e cosa dovevi fare.
    Oggi? Non si capisce più niente. Professori offesi, insultati, sminuiti da quattro giovinastri sempre e comunque difesi da genitori bercianti, pronti a mettere tutto in mano all'avvocato (di famiglia) per tutelare i sempiterni abusi dei soliti docenti che non sanno capire il loro virgulti.... Questi sono i frutti dissennati del Sessantotto. A questa rovina generalizzata mi riferisco quando dico che stiamo pagando lo scotto di quel periodo di assoluta libertà a tutti i costi.
    Già da questo capite che meritiamo di estinguerci.
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  6. #6
    Moderatore L'avatar di Vinfer
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    Invece io sono in TOTALE disaccordo con l'idea gentiliana della scuola per il punto 1, per il resto concordo. Premesso che ho fatto il Classico ed amo le materie umanistiche e che ho poi conseguito una laurea ad un corso di laurea magistrale alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (premessa per dire solo che conosco le due sfere molo bene), dico che il primato deve essere assolutamente per le materie scientifiche. Oggi viviamo in una società dove il senso critico sta letteralmente naufragando, dove basta una idiozia scritta su FB per raccogliere decine di migliaia di "like", dove falsi profeti inventano cure contro le malattie del secolo, dove si seguono regimi alimentari spinti dalle più esotiche teorie da 4 soldi, dove si assiste ad un calo dei vaccini che rappresenta un vero ritorno alla mentalità oscurantista medievale, dove...ecc...ecc...ecc...questo credete perché a scuola si fa poco latino? EH no! Questo perché la scienza nelle scuole è finita, tramontata, eclissata. Oggi non si conoscono nemmeno i più elementari principi della biologia ed è pertanto normale trovare migliaia di persone che abboccano agli articoli più idioti del web. Non si conosce un grammo di chimica né un briciolo di ecologia. Insieme alle scienze andrebbe pesantemente rispolverata l'Educazione Civica. Dopodiché cominciare con le materie umanistiche, per lo più relegate ad istituti specialistici (ad eccezione delle basi). Manzoni, Carducci, ecc.ecc. sono obsoleti, stravecchi, superati le solite storie trite e ritrite dove ci hanno cavato 3000 cose in più di quello che gli autori avevano in mente. Il latino è bello ma preferirei affidare un lavoro a chi conosce i principi base dell'ossidazione anziché a chi conosce un trattato di Seneca a memoria.
    Sullo studio del latino, che ho amato ed amo ancora, la penso esattamente come questo articolo qui.
    Per il resto siamo allo sfascio, oltre un sistema scolastico dai programmi obsoleti ci si scontra anche con un'educazione da parte degli alunni vergognosa con il gravissimo avallo dei genitori, vero disastro di questo 21° secolo.
    Un aneddoto, mia mamma ex insegnante di scuola elementare ora in pensione insegna catechismo. Ha dato dei mesi di tempo ai bimbi per imparare l'Atto di dolore. Un 2 o 3 bambini non lo hanno imparato alchè mia mamma ha fatto loro un piccolo rimprovero ammonendoli di ripetere meglio la siffatta preghiera in vista della comunione. Il giorno dopo arriva una telefonata a casa, una mamma di uno di quei bambini che "minacciava" mia madre di non permettersi più di rimproverare il figlio perché non è tenuto ad imparare nulla a memoria. Ora, ditemi voi, dove c**** vogliamo andare?

  7. #7

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    Citazione Originariamente Scritto da bartok Visualizza Messaggio

    Secondo me, la "buona scuola", è quella gentiliana:

    -Primato assoluto delle materie classiche ed umanistiche.
    -Chi non ha una preparazione sufficiente, cioè il 6, dev'essere respinto, ed indirizzato verso gli sbocchi alla sua portata, cioè i corsi di avviamento al lavoro.
    -Solo i Licei, che devono essere 2 (Scientifico e Classico, ma entrambi comunque a vocazione umanistica) devono permettere l'accesso all'Università e solo il Classico deve permettere l'accesso a tutte le Facoltà.
    -Se vuoi continuare a studiare, è una tua scelta, devi esserne all'altezza. Se non lo sei, pazienza: qualcun altro lo sarà: non è un diritto. Il diritto è poter tentare.

    E' ovvio che il corollario a questi principi è che mediamente i figli delle persone istruite sono facilitate ad accedere ai più alti gradi d'istruzione, in quanto appartenenti ad una famiglia che, mediamente, saprà dare i migliori stimoli stimoli.


    Concordo sul fatto che la situazione scolastica odierna sia aberrante e che questo sia dovuto soprattutto alla mentalità del "6 politico", ma non concordo con questa visione (eccenzion fatta sul diretto di poter tentare, che non è diritto senza condizioni).

    Non mi trovo d'accordo perchè i punti da te elencati hanno una deriva assolutamente non pratica.

    Mi spiego.
    La scuola deve formare il singolo con la finalità di renderlo il miglior individuo possibile
    da introdurre nella società.
    La cultura, il sapere, è ovviamente fondamentale, ma non confondiamo l’erudizione con la capacità di fare le cose. La capacità pratica insomma.
    La persona compente sa, sa fare, sa essere.


    Le materie umanistiche, fondamentali per “aprire la mente” e strutturare la capacità critica e di comprensione (sempre che non diventino nozionismo fine a sé stesso) devono necessariamente essere affiancate a quelle scientifiche (logico/razionali= capacità analitica) nella stessa quantità (almeno di base).

    Detto in parole povere, saper fare una versione di latino è figo, ma fare tanto latino a discapito di scienze o matematica è folle.
    Attenzione: non sto dicendo che bisogna tralasciare le materie umanistiche a favore delle scientifiche, ma bensì che devono essere ugualmente importanti.



    Chi non ha preparazione sufficiente deve prima di tutto essere “compreso”.
    Ovvero, perché questo ragazzo non ne viene fuori con questa materia? Perché non campisce? Ho spiegato male? Non è portato per quella materia? O semplicemente è stupido?
    Questa è una critica che faccio a molti insegnanti, che di docente hanno ben poco. Ma soprattutto alla scuola italiana di oggi che ha il solo scopo di fare la verifica per dare il voto e non di preparare.

    Sia ben chiaro, se poi un ragazzo sufficiente non è, è doveroso che venga indirizzato a percorsi più adatti alle sue capacità


    La questione dei Licei effettivamente è aberrante, ne è pieno e si capisce ben poco.
    Personalmente ne strutturerei 3: classico, scientifico, artistico (disegno/musica).
    Tutti è 3 con le materie di base uguali (umanistiche e scientifiche in egual misura, come dicevo prima), ma con materie specifiche della tipologia di scuola e in più l’aggiunta di eventuali corsi opzionali anche delle altre scuole (ecletticità) e l’obbligo si frequentare almeno 1 laboratorio pratico all’anno (che sia di scrittura giornalistica piuttosto che dell’uso del tornio, ma qualcosa che permetta di mettere in pratica il proprio sapere).
    Questo perché è vero che il Liceo è fatto per preparare all’università, ma è anche vero che se per qualche ragione l’università non va ti ritrovi con un titolo di studio vuoto e sapendo tante belle cose ma nulla di pratico, di realmente spendibile.

    Come dicevo all’inizio è bello sapere, ma bisogna anche saper fare; che oltre a saper fare cose pratiche vuol dire anche usare le conoscenze che ti sono state date. E non è così scontato.

    Poi a questi affiancherei scuole professionali, specifiche per una determinata area di lavoro, in virtù del fatto che “non tutti ci arrivano”.

    Questo è un puro volo utopistico, ma è giusto per farti capire cosa intendo per formare il singolo con finalità pratica.



    L’accesso all’università solo dai Licei non è proprio il massimo.
    Un ragazzo che frequenta un ITIS, ma si scopre ferrato in matematica e fisica anche se più teoriche, volesse decidere di iscriversi ad ingegneria non può?

    Con questo non sto dicendo che i Licei non ti preparino all’università, anzi, come detto, sono fatti per quello.

    Il corollario ai tuoi punti è proprio ciò che deve essere evitato, mi fa inevitabilmente pensare molto ad aristocrazia e plebe. Opportunità divise per casta e non per capacità.



    Concludendo, il 6 politico è una baggianata, voler far credere che tutti possano intraprendere percorsi scolastici complessi è criminale. Sono assolutamente d’accordo con questo.

    Il compito della scuola dovrebbe essere proprio quello di filtrare e indirizzare (tradotto selezionare per capacità) per poi adeguatamente e specificatamente preparare (a tal proposito suggerirei di unire scuola elementare e medie creando un percorso che permetta di seguire più a lungo l’alunno per definire meglio le sue attitudini con relativo indirizzamento).
    Il tutto deve aver la finalità di creare un elemento utile alla società e a sé stesso che sappia e sappia fare le cose ma reputo che questo non possa avvenire privilegiando la parte umanistica e chiudendo le porte a priori a chi a fatto una scelta errata a tredici anni.

    In sostanza, la scuola dovrebbe essere più concreta.
    Ultima modifica di Chtorr; 30-08-16 alle 23: 59

  8. #8
    Maresciallo L'avatar di Zoppo
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    Io ho fatto le elementari dal ’76 al ’81 con due maestre che si affiancavano.

    Cristina era quella che ci dedicava più tempo, era giovanissima, 20 anni sì e no.
    Le davamo del lei chiamandola Signorina o Maestra.
    Iniziammo con l’imparare le lettere leggendo i cartelloni.
    Dopo pochi mesi, facevamo i dettati e scrivevamo in corsivo e stampatello, in minuscolo e maiuscolo.
    Poi attaccammo con l’algebra e alla fine della 2°, facevamo le sottrazioni.
    In 3° le divisioni.
    Dalla 4° in poi, aree, volumi di cubi, piramidi, sfere, pesi specifici, pesi, radici quadrate ed equazioni di primo grado (semplici)
    Facevamo anche tante poesie, purtroppo spesso a memoria.
    Bertolt Brecht (comunista incallito della Germania dell’Est) in tutte le salse, e poi Ungaretti e Garcìa Lorca.
    Si capisce che era comunista pure lei o giù di lì.
    Però le poesie di Brecht sono splendide anche a 7 anni; poi scoprii che anche il suo teatro e la ringrazio di ciò
    L’orario era dalle 09:00 alle 13:15, ma dalla seconda in poi, decise di iniziare alle 08:00 per coloro che erano indietro: alcuni riuscì a portarli avanti e promuoverli meritatamente, mentre un paio vennero bocciati.
    Mi ricordo anche la geografia: in terza le regioni d’italia, in quarta le nazioni europee e in quinta il mondo.
    Di storia facemmo tutto: dalla preistoria al dopoguerra.

    Giulietta invece ci dedicava meno ore, era molto anziana e di un altro stampo, infatti, quando la prima ora la facevamo con lei, si partiva col Padre Nostro, poi l’Ave Maria e infine con la Preghiera dell’Angelo Custode.

    A distanza di anni devo dire che furono eccezionali entrambe, soprattutto se le confronto con le maestre che conosco io che, non capisco perchè, parlano sempre di folletti, nanetti, elfi, puffi, magie, incantesimi, fate, streghe... ma cavolo: noi leggevamo e apprezzavamo Bertolt Brecht e Lorca!
    Sono state bravisiime tutte e due, non solo perchè hanno ottenuto dei risultati, ma perchè pur di ottenerli, ci hanno messo del loro per portare avanti anche quelli con più difficoltà, e non importa se una sembrava uscita dal Libro Cuore e l’altra da una barricata.
    Sono state bravissime perchè, soprattutto, ci hanno dato l’esempio di cosa voglia dire dedicarsi seriamente al proprio lavoro.

    Una delle poche cose che mi sono piaciute della seconda parte di Lettera a una professoressa, anzi, forse l’unica, è che parlava di dedicarsi con passione e seriamente all’insegnamento, proprio per portare avanti (meritatamente però!) anche coloro che avevano più difficoltà, in pratica, parlava di senso del dovere, e quando uno lo dimostra, anche se non si è daccordo sulle idee, bisogna saper apprezzare almeno quel punto d’incontro, e riconoscere stima e rispetto.
    Delle maestre tutte nanetti e folletti invece, non so che farmene!

    Tra una settimana mio figlio inaugurerà il grembiule ma da quel che mi risulta, la sua maestra ha la testa sulle spalle.
    Speriamo, perchè una buona maestra non ha prezzo!
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  9. #9

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  10. #10
    bartok
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    Vinfer,
    Un aneddoto, mia mamma ex insegnante di scuola elementare ora in pensione insegna catechismo. Ha dato dei mesi di tempo ai bimbi per imparare l'Atto di dolore. Un 2 o 3 bambini non lo hanno imparato alchè mia mamma ha fatto loro un piccolo rimprovero ammonendoli di ripetere meglio la siffatta preghiera in vista della comunione. Il giorno dopo arriva una telefonata a casa, una mamma di uno di quei bambini che "minacciava" mia madre di non permettersi più di rimproverare il figlio perché non è tenuto ad imparare nulla a memoria. Ora, ditemi voi, dove c**** vogliamo andare?
    beh... ormai è chiaro che non andiamo più da nessuna parte.

    Ci si doveva pensare per tempo. adesso, semplicemente, non siamo più a tempo.

    per il resto, siamo d'accordo: nel mio voler dare il primato alle materie umanistiche, non era sottinteso il non dare importanza alle materie scientifiche.

    chtorr,
    come la penso sull'importanza delle materie scientifiche, l'ho detto qui sopra.

    Chi non ha preparazione sufficiente deve prima di tutto essere “compreso”.
    Ovvero, perché questo ragazzo non ne viene fuori con questa materia? Perché non campisce? Ho spiegato male? Non è portato per quella materia? O semplicemente è stupido?
    Questa è una critica che faccio a molti insegnanti, che di docente hanno ben poco. Ma soprattutto alla scuola italiana di oggi che ha il solo scopo di fare la verifica per dare il voto e non di preparare.

    Sia ben chiaro, se poi un ragazzo sufficiente non è, è doveroso che venga indirizzato a percorsi più adatti alle sue capacità
    su questo, sono d'accordo fino ad un certo punto. E' giusto che l'insegnante debba cercare di "capire" perché un ragazzo ha una preparazione insufficiente. OK. però i voti vanno da 0 a 10 e il ragazzo deve prendrendere il voto che merita da 0 a 10. e tutti i voti che prende, poi devono fare media aritmetica tra loro. e la sufficienza è il 6.

    Il ragazzo che non è sufficiente, non deve essere indirizzato verso percorsi più adatti, ma ci deve proprio andare! Non confondiamo!: ognuno ha i suoi problemi. l'insegnante ha una famiglia, figli da mantenere, una casa da mandare avanti e lezioni da preparare. Lo studente deve studiare: quello è il suo dovere, quello il compito assegnatogli. Se non ce la fa, se non arriva al 6, il problema è suo. indirizzandolo verso mete alla sua portata, gli si fa un piacere.

    Tutti è 3 con le materie di base uguali (umanistiche e scientifiche in egual misura, come dicevo prima), ma con materie specifiche della tipologia di scuola e in più l’aggiunta di eventuali corsi opzionali anche delle altre scuole (ecletticità) e l’obbligo si frequentare almeno 1 laboratorio pratico all’anno (che sia di scrittura giornalistica piuttosto che dell’uso del tornio, ma qualcosa che permetta di mettere in pratica il proprio sapere).
    Questo perché è vero che il Liceo è fatto per preparare all’università, ma è anche vero che se per qualche ragione l’università non va ti ritrovi con un titolo di studio vuoto e sapendo tante belle cose ma nulla di pratico, di realmente spendibile.
    qui non sono d'accordo. credi che qualcuno che esce da un Liceo possa trovar lavoro perché ha fatto un corso sull'uso del tornio?
    La vita è anche una scommessa: un Liceo non dev'essere strutturato sulla base del fatto che forse, qualcuno che fa il Liceo, non avrà successo all'Università, ma almeno saprà far qualcosa di pratico. Se uno fa il Liceo, poi va all'Università e non riesce, se ne farà una ragione: ha comunque molte possibilità.

    Un ragazzo che frequenta un ITIS, ma si scopre ferrato in matematica e fisica anche se più teoriche, volesse decidere di iscriversi ad ingegneria non può?
    sono numerosi i casi di persone che corrispondo a quanto dici. Ma su 100, che hanno fatto l'ITIS, quanti ce la fanno? Meno del 50%, molti meno. e non sono quei 3 o 4 ingegneri in più che arrivano dall'ITIS a far la differenza. Al contrario, gli altri 90 che non ce la fanno e hanno perso tempo, creano (ciò moltiplicato per tutte le altre casistiche simili), un grosso danno allo Stato, visto che sarebbero state sicuramente più produttivi in qualcosa di sicuramente alla loro portata e per cui erano già formati. Poter scegliere sembra bello e spesso lo è, ma spesso complica solo la vita.

    Il corollario ai tuoi punti è proprio ciò che deve essere evitato, mi fa inevitabilmente pensare molto ad aristocrazia e plebe. Opportunità divise per casta e non per capacità.
    è vero. Non piace neanche a me. Purtroppo però è un dato di fatto: figli di persone istruite avranno mediamente più stimoli.

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