Il gruppo terroristico Brigate rosse, sequestrò l'onorevole Aldo Moro, allora presidente della DC, e trucidò i cinque uomini di scorta che erano stati assegnati all'esponente politico per una serie di segnali di pericolo per la sua incolumità raccolti dall'intelligence italiana.
Il sequestro durò 52 giorni l'unico che sembrava preoccuparsi per le sorti di Moro era l'allora ministro dell'Interno, Francesco Cossiga che, subito dopo il ritrovamento di Moro si dimise. Non fecero altrettanto gli altri notabili della DC, impegnati anche nella pseudo trattativa per il rilascio dell'ostaggio, primo fra tutti il “divo Giulio" (Andreotti).
La famiglia Moro non volle funerali di stato e ruppe ogni tipo di contatto con la DC. L'unico ammesso fu Amintore Fanfani, per un sol incontro. Cadde nel vuoto anche l'appello del Pontefice dell'epoca, Paolo VI, che implorò gli “uomini delle Brigate rosse per rilasciare, senza condizioni, Aldo Moro, uomo buono...".
Le BR avevano ottenuto senza dubbio un inaspettato riconoscimento politico con le parole del Papa, ma commisero il loro più grande errore storico-politico decretando la morte di Moro.
Nell'ultima riunione della direzione strategica delle BR, l'ala moderata era per il rilascio dell'ostaggio con la contemporanea divulgazione dei verbali del processo a Moro, valutando che l'effetto destabilizzante sarebbe stato maggiore così, rispetto alla sentenza di morte. Prevalse la tesi dell'ala oltranzista dietro la quale era celata, secondo alcune risultanze investigative, una regia politico-internazionale che voleva fuori dai giochi politici l'onorevole Moro e la sua apertura alla sinistra, con la fase politica nota come “compromesso storico".
La celebrazione della memoria di questo evento, anno dopo anno, è andata vieppiù affievolendosi, sia per la morte di Moro, sia per quella di cinque uomini delle forze dell'ordine barbaramente trucidati a causa del loro lavoro.
Per non dimenticare e per onorare la loro memoria R.I.P.
Segnalibri