Pagina 5 di 21 PrimaPrima ... 3456715 ... UltimaUltima
Risultati da 41 a 50 di 202

Discussione: DIARIO di BORDO - circumnavigazione del globo fra fantasia e ricordi

  1. #41
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da giovigor Visualizza Messaggio
    Buona Domenica e buon vento Vecchio ...continuo a leggere con la curiosità di un bimbo nell'attesa di nuove avventure!
    Tutto è avventura anche se qui siamo in Mar Rosso e la costa da tutti e due i lati è a tiro di.....nuoto il bello verrà quando saremo in pieno Oceano e la terra sarà lontana mille miglia da tutti i lati allora si che sarà davvero avventura pura, solitudine, mare e vento.
    intanto io veleggio e chiacchiero con Felix poi vi racconterò

    BUON VENTO e BUONA DOMENICA a tutti voi terraioli

  2. #42
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Con Felix stiamo bevendo, ridendo e ricordando in questi giorni, rammentato momenti che non ci sono più se non appunto nei nostri cuori e amici, maestri, che ci hanno insegnato e guidato nella nostra vita sia di Marinai che di semplici Uomini.
    Alcuni di essi, gia citati da me in queste prime pagine del Diario, altri no, e mi sono reso conto che possono essere degli emeriti sconosciuti per la maggior parte di chi mi legge ed allora ho pensato fosse meglio fare un pò di storia della vela con qualche citazione.
    Cominciamo con:

    Sir Francis Chichester,
    il 28 maggio 1967, migliaia di spettatori accolgono con entusiasmo il 65enne Francis Chichester quando il suo yacht “Gypsy Moth IV” entra nel porto di Plymouth dopo un giro del mondo in navigazione solitaria durato 9 mesi.

    Il navigatore inglese, che ha circumnavigato in barca a vela il Capo di Buona Speranza e il Capo Horn, ha percorso complessivamente 29.630 miglia marine, battendo diversi record. Non solo è riuscito a fare il giro del mondo in una piccola barca a vela (16,5 m) nei tempi più brevi mai realizzati, ma ha anche percorso il tragitto più lungo senza fare soste in porti intermedi (15.500 miglia marine).

    L’avventura di Ser Francis inizia il 27 agosto 1966, in condizioni decisamente sfavorevoli. Poco prima della partenza il velista subisce un incidente e si ferisce a una gamba, in modo tanto grave da poter a malapena camminare. Inoltre, non è soddisfatto della barca che ha costruito egli stesso per il viaggio e che durante i test si è dimostrata poco maneggevole.
    Già il primo giorno dopo la partenza da Plymouth, Chichester viene colpito dal mal di mare e, come se non bastasse, si verifica un primo difetto nel dispositivo di comando automatico.

    La rotta attraverso l’Atlantico porta il navigatore lungo la costa occidentale della Spagna e dell’Africa fino al Capo di Buona Speranza.
    Dopo averlo circumnavigato, Chichester prosegue verso est, diretto in Australia. Il primo porto in cui prevede di far sosta è quello di Sydney. Tuttavia, dopo aver oltrepassato il Capo di Buona Speranza, incontra tempeste e piogge violente.

    Nel resoconto del viaggio, scrive:
    “Entravano molto vento e molta acqua proveniente sia dal mare sia dalla pioggia violenta. Dovevo tenermi sempre ben saldo, perché la barca rollava e le onde si infrangevano sul ponte. Dopo aver ammainato le vele, mi sono sentito male e sono sceso in cabina per sdraiarmi e cercare di dormire. È stato inutile. Mi ero appena tolto la cerata, quando la “Gypsy Moth” ha cominciato a inclinarsi...”.

    Tuttavia, superata la tempesta, l’11 settembre il navigatore inglese raggiunge la fascia dei tropici.
    I pesci volanti che a volte si abbattono sul ponte costituiscono una gradevole variante alla sua dieta. Durante questo lungo periodo di solitudine, Chichester è spesso profondamente depresso, ma non si perde mai d’animo.

    Il 12 dicembre 1966, dopo 107 giorni in mare, raggiunge finalmente Sydney, in Australia. Durante la conferenza stampa da lui organizzata, un giornalista gli chiede quando si sia sentito più giù di morale, e Ser Francis risponde senza esitare: “Quando è finito il gin”.
    A questo punto, il navigatore inglese ha perso più di 15 chili di peso ed è in cattive condizioni fisiche, ma non si lascia convincere a interrompere il viaggio.

    Il 29 gennaio 1967, affronta il tratto da Sydney a Plymouth, che lo porta ad attraversare Capo Horn e le isole Falkland.
    Dopo meno di 100 miglia marine, la sua imbarcazione viene travolta da uno dei temutissimi cicloni che spazzano il Mar di Tasmania, ma riesce a resistere. Nonostante il mal di mare che lo assale spesso durante le frequenti tempeste, dopo nove mesi di navigazione raggiunge Plymouth.

    Appena in tempo: dopo pochi giorni dal suo arrivo, viene ricoverato d’urgenza per un’ulcera intestinale. La regina Elisabetta II lo nomina cavaliere il 7 luglio successivo.

  3. #43
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Eric Tabarly, il Bretone: è nato a Nantes nel 1931 ed è scomparso in mare nel 1998 mentre navigava a bordo del suo Pen Duick III. Resta il più famoso navigatore francese ed è stato certamente uno dei primissimi al mondo.

    Ha navigato in tutti gli oceani, egli stesso racconta di aver cominciato prima a navigare che a camminare. Imparai ad andare a vela per andare a scuola. Debutta nelle competizioni veliche nel 1959.

    Il suo primo successo risale al 1964, quando al timone del Pen Duick II vinse la seconda edizione della Ostar, regata transatlantica in solitario.

    Nel 1967 con il Pen Duick III riesce in un’impresa mai eguagliata: vincere nella stessa stagione il Fastnet e la Sidney – Hobart.

    Nel 1969 vince la transpacifica San Francisco-Tokio.

    Nel 1972 la Los Angeles-Tahiti.

    Nel 1976 con il secondo trionfo nella Ostar entra nella storia della vela come unico navigatore ad aver vinto per due volte la più difficile regata in solitario.

    Nel 1980 batte uno dei record più vecchi della vela, quello sulla traversata atlantica, che resisteva da 75 anni percorrendo la distanza in 10 giorni, 14 minuti e 20 secondi.

    Il suo più grande allievo Philippe Poupon ha detto di lui: Pochissimi grandi della vela sanno insegnare e trasmettere amore per ciò che fanno. Tabarly è stato il più grande anche per questo.

    La vita del Bretone è la storia di un uccellino nero e di un grande velista, che a sette anni, quando più che velista era ancora un bambino, s’innamorò di una vecchia barca che ansimava sulle rive della Loira. La barca si chiamava Yum, aveva all'incirca una trentina d'anni e cadeva a pezzi: il piccolo Eric, con l'aiuto del papà, la risistemò e la ribattezzò. Divenne «Pen Duick», il nome bretone della cinciallegra dal capo nero.
    Nero - un segno distintivo che accompagnerà tutta la vita del grande velista - era anche lo scafo di «Pen Duick». E cinque furono i «figli» che seguirono quella barca, chiamati tutti con lo stesso nome, amati tutti dello stesso amore e distinti soltanto dal numero romano progressivo.
    Per Eric, il padre fondatore della vela francese, marinaio silenzioso di un mondo non ancora divorato dagli sponsor, divenne la barca della vita e della morte.

    Il Bretone era un uomo che fece del mare la sua ragione di vita e che nel mare ha trovato la sua tomba. Fu esattamente alle 22.45 del 12 giugno 1998, a cinquantacinque chilometri dalla costa di Milford Haven, in Galles.
    Tabarly, il suo «Pen Duick» e quattro uomini di equipaggio erano diretti in Irlanda per celebrare i 100 anni dell'architetto William Fife, che aveva progettato la barca. Un viaggio tranquillo, come può essere tranquillo il viaggio di un marinaio abituato a solcare gli oceani in solitario, al governo di una barca senza equipaggiamenti elettronici, al massimo una radio trasmittente, e orgoglioso di farsi venire i calli alle mani maneggiando vele di tela grezza.
    Ma alle 22.45 di quel maledetto 12 giugno, al largo della costa gallese, accade qualcosa d’imprevedibile: un cambio di vento, la barca che ha un sussulto, un gancio che impazzisce, volteggia e colpisce in pieno petto il vecchio lupo di mare. Lui, Eric il Bretone, che non usava misure di sicurezza perché diceva che non servivano, che non si legava mai perchè non voleva offendere il mare, che praticava nudo, senza orpelli tecnologici, quella particolare religione che è il navigare a vela, si trova all'improvviso inghiottito da onde scure.
    Uomo in mare, gridano dal «Pen Duick». E non è un uomo qualsiasi.
    L'equipaggio è formato da gente con esperienze lontane e diverse da quelle del VECCHIO: un fotografo di 63 anni, una coppia di amici di mezza età, un luogotenente di marina in pensione. Non c'è bisogno di essere dei maghi, quando al timone c'è Eric. Basta assecondarlo.
    Con l'acqua a 11 gradi di temperatura, diranno poi i medici, un uomo può sopravvivere poche ore, tre o quattro al massimo.
    Succede che all'inizio l'organismo spinge il sangue a proteggere gli organi vitali, cuore e cervello soprattutto; poi, con il passare dei minuti, il gelo invade ogni cellula, sfonda nel petto, paralizza il cuore, fa precipitare la temperatura corporea. Intorno ai 33 gradi subentra la prima, decisa fase di incoscienza. Tra i 30 e i 25, il coma.
    L'allarme viene dato alle 7, quando «Pen Duick» incrocia una nave commerciale australiana. La radio di bordo, diranno i compagni di Eric sottolineando grottescamente la terribile nemesi, aveva le batterie scariche. Quando scattano i soccorsi massicci, l'inutilità degli sforzi appare del tutto evidente, ma è come se tutto un popolo non volesse arrendersi all'idea di aver perso in maniera così stupida e sublime uno dei personaggi più amati, una gloria sportiva come solo la Francia sa creare.

    Quel braccio di mare al largo del Galles diventa la tomba di Eric il Bretone, l'uomo che non voleva far male alle onde, il marinaio che nel 1964, con «Pen Duick II», un ketch di 13,60 metri, aveva vinto la Ostar battendo il leggendario sir Francis Chichester e l'intera, odiata Inghilterra velica. Per questo si guadagnerà il soprannome di «the fox», la volpe.
    Il mito di Tabarly nasce in quei giorni e a celebrarlo si scomoda non soltanto, e non solo virtualmente, la casalinga di Sedan, ma persino il presidente Charles De Gaulle. «Cher Eric, lei è l'orgoglio di Francia». «Merci, mon général».

    Per la cerimonia funebre a Brest, sarà il presidente Chirac a stringersi intorno alla vedova Jacqueline, originaria della Martinica, e alla figlia Marie.
    Al funerale del mare partecipa tutto un Paese: cinque colpi di cannone e due corone di fiori vengono lanciate dal «Pen Duick Premier» e dal «Pen Duick VI», l'ultimo uccellino nero della serie d'oro. Con quella stessa barca, Tabarly firmò l'altro grande successo nella Transat Ostar, nel 1976, quando tutta la Francia aspettava Alain Colas e il suo superautomatico e gigantesco «Club Mediterranée» e invece, sbucando da un silenzio tenebroso (come al solito, aveva tagliato le comunicazioni con il mondo), al traguardo di Newport arrivò proprio Eric il Bretone.

    Era un uomo e uno sportivo che ha elettrizzato un'epoca non solo con le vittorie, ma anche con le clamorose sconfitte, esito non imprevedibile di una visione molto naif della vela.

    Come dice Isabelle Autissier, affascinata dal mito, ma nel prendere le distanze da esso, quel tipo di mentalità che privilegia l'istinto sull'organizzazione non ha più senso nel mondo della vela di oggi.
    «Tabarly - ha spiegato la più famosa velista di Francia - fu sempre fedele a se stesso anche quando il mondo intorno a lui cambiava. Il suo concetto di barca era semplice: uno scafo, delle vele e dei muscoli. Poteva vincere, poteva perdere: l'albero che si rompeva o gli sponsor che si disperavano erano problemi che non gli appartenevano.
    Navigare per lui era un'impresa soprattutto fisica, carnale, intima, che doveva spingersi fino all'estremo per avere un valore morale. Io non ne sarei capace».

    Era un uomo rustico, legnoso, ma assolutamente naturale, un uomo giustamente considerato l'ultimo dei mohicani marini.
    Né genio né extraterrestre: semplicemente un uomo libero.

  4. #44
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Bernard Moitessier: nel 1968, classe 1925, fa parlare il mondo intero per la decisione di abbandonare la regata intorno al mondo in solitaria e senza scalo. Proprio quando è in testa a tutti e l'attendono onori e premi favolosi, volta le spalle alla fortuna per continuare invece la navigazione lontano da rotte troppo affollate e soprattutto senza spirito di competizione.

    Moitessier diventa un mito, e non solo per gli amanti della navigazione. Dirà in seguito "tendevo in alto, molto in alto, al limite estremo della mia visibilità, ai confini del mio istinto, là dove le cose mutano forma". Cullato dalle onde lunghe dell'Oceano Pacifico spiegherà poi il suo provocatorio abbandono della corsa in un libro che diventa un cult, La Lunga Rotta.

    Quindi, per quattordici lunghi anni di lui non si saprà più niente. Vivrà nelle isole della Polinesia, sempre in barca, ma la sua filosofia di vita non è la fuga dalla civiltà piuttosto la ricerca delle grandi verità della vita e con un impegno costante per le nobili battaglie dell'ecologismo e del pacifismo a cui partecipa attivamente, a cominciare dalla campagna condotta nel 1973 dagli autonomisti della Polinesia francese che si oppongono agli esperimenti nucleari nel Sud Pacifico.

    Vivendo il mare, sul mare e per il mare, ma sempre vicino agli uomini di buona volontà Moitessier non si stanca di combattere quello che egli chiama il grande nemico: la stupidità umana, senza distinzioni di classi e di origini, che la si trovi nei chilowatt delle centrali nucleari, nell'illusione delle guerre giuste e nelle presunte superiorità di chi le combatte, nelle forme di colonialismo più subdolo, meno visibili e più ingombranti, nelle scelte irresponsabili e inique del cosiddetto progresso.

    Zaino in spalla Moitessier trascorrerà anche un breve periodo della sua vita lontano dai mari del sud, per intraprendere la strada della meditazione, del tai chi, e per avvicinarsi agli insegnamenti di Gurdjeff.
    Poi tornerà alla sua barca per continuare a girare di isola in isola interessandosi a tentativi di coltura felicemente riusciti, soprattutto piantando palme da cocco per salvaguardarne l'esistenza, incrementare la produzione della copra e frenare lo spopolamento degli atolli.

    Moitessier muore il 16 giugno 1994 pochi mesi dopo la pubblicazione del suo libro testamento, "Tamata e l'Allenza", che lo ha reso una leggenda.

    L'hippie degli oceani, il giardiniere delle isole, come veniva soprannominato si arrendeva alla "Bestia" come egli chiamava il tumore che lo aveva lentamente consumato.

  5. #45
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Olivier de Kersauson, o visconte Olivier de Kersauson de Pennendreff, nato a Bonnétable dans la Sarthe, il 20 luglio 1944, è un campione della vela francese, amante dei grandi spazi e scrittore.

    Mitico personaggio che per quarant'anni ha percorso i più grandi e pericolosi oceani del mondo. Un uomo profondamente libero che ha abbandonato, fin dall'adolescenza, la società consumistica del benessere, per inseguire i suoi sogni di libertà tra i mari. Traumatizzato da bambino dagli orrori della Guerra Mondiale, Olivier insegue ancora oggi il suo desiderio di evasione.

    Durante gli scali sulla terraferma, ha incontrato popoli di tutto il mondo di cui racconta straordinari episodi.
    Ha avuto il privilegio di iniziare ad apprendere la navigazione a bordo delle barche Pen Duick di Eric Tabarly, con il quale ha condiviso molte regate oceaniche importanti. Poi ha continuato da solo, vincendo clamorosi record di velocità, a bordo di giganteschi trimarani.

    Vive tra la Bretagna, dove è nato, e Moorea, in Polinesia, nel Pacifico.

    Detentore nel 1989 del record del giro del mondo in solitario in 125 giorni, 19 ore e 32 minuti sulla barca a vela "Un autre regard" (ex-Poulain), un trimarano di 23 metri.

    Detentore nel 1997 del Trofeo Jules Verne in 71 giorni, 14 ore e 22 minuti su "Sport-Élec", un trimarano di 27,4 metri.
    Poi si adegua alla vela che cambia cosa che altri non fanno per scelta o perché non sanno farlo, diranno i maligni, e continua a vincere.

    Detentore nel 2004 del Trofeo Jules Verne in 63 giorni, 13 ore e 59 minuti su "Géronimo".

    Detentore del Giro dell'Australia, The Challenge, nel luglio 2005, 17 giorni 12 ore, 57 minuti.

    Ha realizzato la Transpac da Los Angeles a Honolulu in 4 giorni 19 ore e 31 minuti.

    Nel 2006, batte il record San Francisco-Yokohama in 14 giorni, 22 ore, 40 minuti.

    Nel 2006, Kersauson aveva stabilito il tempo di riferimento per la traversata a vela tra il Giappone e Hong-Kong: 4 giorni, 17 ore, 47 minuti e 23 secondi).

    Qualche settimana più tardi, l'11 giugno 2006, batte un nuovo record, sullo stesso percorso, ma in senso inverso. Ha percorso le 4482 miglia del percorso tra Yokohama e San Francisco in 13 giorni, 22 ore e 38 minuti.

    Olivier de Kersauson è settimo di otto figli. I suoi antenati si sono distinti nella storia della Francia; uno di loro ha comandato la flotta di Saint Louis partita per le Crociate. Suo fratello Yves de Kersauson divenne Ammiraglio al termine di una carriera nella Marina. Suo fratello Florent de Kersauson è il creatore della regata Route du Rhum.

  6. #46
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Agostino Straulino:
    È una delle figure leggendarie della vela italiana. Istriano, impara ad andare in barca per andare a scuola. Le sue prime esperienze sono dunque nel Golfo del Quarnaro.

    Successivamente frequenta l'Accademia Navale di Livorno. Durante la seconda guerra mondiale fu ufficiale nella Decima MAS, tra gli assaltatori del gruppo gamma che piazzavano le cariche esplosive magnetiche sotto le navi britanniche nella rada di Gibilterra.

    Nella carriera Militare raggiunse il grado di Contrammiraglio.

    Al termine della guerra, nel corso dei lavori di sminamento nel Golfo di Taranto, un ordigno bellico gli esplose vicino e lo rese quasi cieco. La vista ricomparve lentamente, ma il suo amore per la vela lo spinse ad allenarsi durante la notte, quando non era necessario vedere perfettamente, per prepararsi ai Giochi Olimpici del 1948.

    Dal 1965, per una decina d'anni, ha avuto il comando della Amerigo Vespucci. Passate alla leggenda l'uscita a vele spiegate dal porto di Taranto attraverso il canale navigabile e la risalita a vela del Tamigi sino Londra.

    Straulino ha ottenuto una medaglia d'oro alla XV Olimpiade (Helsinki - 1952) per la vela - classe interna star e nella stessa specialità una medaglia d'argento alla XVI Olimpiade (Melbourne - 1956). Dopo questi successi la vela italiana ha dovuto aspettare 48 anni e Alessandra Sensini per andare nuovamente a medaglia in un'olimpiade.

    È stato campione mondiale nella One Ton Cup con l'imbarcazione Kerkyra.

    Nel 2002 gli venne conferito dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi l’ordine di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana.

    A 88 anni vinse per la quinta volta consecutiva la regata over 60 di Napoli.

    É morto all'età di oltre 90 anni in una stanza dell’ospedale militare del Celio poi la sua salma è stata portata all'aeroporto di Lussinpiccolo da un elicottero della Marina Militare Italiana per esser tumulata in tomba di famiglia dopo funerale e funzione religiosa presenziati da parenti e autorità italiane e croate.

    Nato per essere marinaio, disse: «Sulla mia isola sono venuto al mondo e cresciuto. Là ho capito il mare e il mare mi ha accolto tra i suoi abitanti. Là ho conosciuto il vento e l'ho fatto diventare mio amico».

  7. #47
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Ambrogio Fogar: nasce a Milano il 13 Agosto 1941 ed anche se non è un velista puro merita di essere citato fra di loero.
    Fin da giovanissimo coltiva la passione per l'avventura. A soli diciotto anni attraversa le Alpi con gli sci per ben due volte.
    Successivamente si dedica al volo: al suo 56° lancio con il paracadute subisce un grave incidente, ma si salva con grande fortuna. La paura e lo spavento non lo fermano e arriva ad ottenere il brevetto di pilota per piccoli aerei acrobatici.
    Nasce poi un grande amore per il mare.

    Nel 1972 attraversa in solitario l'Atlantico del Nord per buona parte senza l'uso del timone.

    Nel gennaio 1973 partecipa alla regata Città del Capo - Rio de Janeiro.

    Dal 1 novembre 1973 fino al 7 dicembre 1974 compie il giro del mondo in barca a vela in solitario navigando da Est verso Ovest contro le correnti e il senso dei venti.

    E' il 1978 quando "Surprise", la sua barca, nel tentativo di circumnavigare l'Antartide viene affondata da un'orca e naufraga al largo delle isole Falkland. Comincia la deriva su una zattera che durerà 74 giorni con l'amico giornalista Mauro Mancini. Mentre Fogar verrà tratto in salvo per coincidenze fortuite, l'amico perderà la vita.

    Dopo aver trascorso due mesi intensi ed impegnativi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta, Fogar si trasferisce nella zona dell'Himalaia e successivamente in Groenlandia: il suo obiettivo è preparare un viaggio in solitaria, a piedi, per raggiungere il Polo Nord. L'unica compagnia sarà il suo fedele cane Armaduk.

    Dopo queste imprese Fogar approda in televisione con la trasmissione "Jonathan: dimensione avventura": per sette anni Fogar girerà il mondo con la sua troupe, realizzando immagini di rara bellezza e spesso in condizioni di estremo pericolo.
    Fogar non poteva non subire l'attrazione e il fascino del deserto: tra le sue avventure successive annovera la partecipazione a tre edizioni della Parigi-Dakar oltre a tre Rally dei Faraoni.

    E' il 12 settembre 1992 quando durante il raid Parigi-Mosca-Pechino la macchina su cui viaggia si capovolge e Ambrogio Fogar si ritrova con la seconda vertebra cervicale spezzata e il midollo spinale tranciato.
    L'incidente gli provaca un'immobilità assoluta e permanente, che ha come grave danno conseguente l'impossibilità di respirare autonomamente. Da quel giorno per Ambrogio Fogar resistere è l'impresa più ardua della sua vita.

    Durante la sua carriera Fogar è nominato commendatore della Repubblica Italiana e ha ricevuto la medaglia d'oro al valore marinaro.

    Nell'estate del 1997 compie un giro d'Italia in barca a vela su di una sedia a rotelle basculante. Battezzata "Operazione Speranza", nei porti dove si ferma, il giro promuove una campagna di sensibilizzazione nei confronti delle persone disabili, destinate a vivere su una carrozzella.

    Ambrogio Fogar ha scritto vari libri, due dei quali "Il mio Atlantico" e "La zattera", hanno vinto il Premio Bancarella Sport.
    Tra gli altri titoli: "Quattrocento giorni intorno al mondo", "Il Triangolo delle Bermude", "Messaggi in bottiglia", "L'ultima leggenda", "Verso il Polo con Armaduk", "Sulle tracce di Marco Polo" e "Solo - La forza di vivere".

    Per comprendere i valori umani che Fogar rappresentava e che egli stesso voleva trasmettere sarebbero sufficienti poche delle sue stesse parole (tratte dal libro "Solo - La forza di vivere"): "In queste pagine ho cercato di mettere tutto me stesso.
    Soprattutto dopo essere stato così duramente ferito dal destino. Tuttavia ho ancora un ritaglio di vita.
    E' strano scoprire l'intensità che l'uomo ha nei confronti della voglia di vivere, basta una bolla d'aria rubata da una grotta ideale, sommersa dal mare, per dare la forza di continuare quella lotta basata su un solo nome: Speranza.
    Ecco, se leggendo queste pagine qualcuno sentirà la rinnovata voglia di sperare, avrò assolto il mio impegno, e un altro momento di questa vita così affascinante, così travagliata e così punita si sarà compiuto.
    Una cosa è certa: nonostante le mie funzioni non siano più quelle di una volta, sono fiero di poter dire che sono ancora un uomo."

    Ambrogio veniva considerato un miracolo umano, ma anche un simbolo e un esempio da seguire: un sopravvissuto che può portare la speranza a quei duemila sfortunati che ogni anno in Italia sono vittime di lesioni midollari; il suo caso clinico dimostra come si può convivere con un handicap gravissimo.
    "È la forza della vita che t’insegna a non mollare mai - racconta lui stesso - anche quando sei sul punto di dire basta. Ci sono cose che si scelgono e altre che si subiscono. Nell'oceano ero io a scegliere, e la solitudine diventava una compagnia. In questo letto sono costretto a subire, ma ho imparato a gestire le emozioni e non mi faccio più schiacciare dai ricordi.
    Non mi arrendo, non voglio perdere".

    Dal suo letto Ambrogio Fogar aiutava la raccolta di fondi per l'associazione mielolesi, era testimonial per Greenpeace contro la caccia alle balene, rispondeva alle lettere degli amici e collaborava con "La Gazzetta dello Sport" e "No Limits world".

    Dalla scienza arrivavano buone notizie. Le cellule staminali danno qualche chance: si sperimentano per la sclerosi multipla, poi, forse, per le lesioni midollari. Contemporaneamente all'uscita del suo ultimo libro "Contro vento - La mia avventura più grande", nel mese di giugno 2005 arrivava la notizia che Ambrogio Fogar era pronto a recarsi in Cina per sottoporsi alle cure con cellule fetali del neurochirurgo Hongyun. Poche settimane dopo, il 24 agosto 2005, Ambrogio Fogar si spegneva, a causa di un arresto cardiaco.

    "Io resisto perché spero un giorno di riprendere a camminare, di alzarmi da questo letto con le mie gambe e di guardare il cielo", diceva.
    E in quel cielo, tra le stelle, ce n'è una che porta il suo nome: Ambrofogar Minor Planet 25301. Gli astronomi che l'hanno scoperta l'hanno dedicata a lui. È piccola, ma aiuta a sognare ancora un po'.

    Questi sono solo i primi a loro seguiranno altri nomi, altre storie legate non solo agli uomini dell’oceano, ma anche alle regate che ne hanno contribuito a creare il mito.
    BUON VENTO

  8. #48
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    si ringrazia Alessio Floris consulente sull'acquisto e la vendita di imbarcazioni da diporto, autore del sito ALYACHT, ***EDIT *** per le notizie biografiche dei grandi velisti che ho pubblicato, se volete capire un po di più di vela e barche dategli un occhio
    Ultima modifica di Wiseman; 17-02-14 alle 13: 30 Motivo: rimozione link commerciale

  9. #49
    Bannato
    Data Registrazione
    May 2012
    Messaggi
    9,757

    Predefinito

    Sabato 15/02/2014 - Mercoledì 19/0/2014 Il Canale di Suez sino a Hurgada.

    Alle 11,30 con il mio amico Felix come pilota a bordo inizia l’avventura della discesa del Canale di Suez verso Ismailia, cittadina costruita a metà del Canale durante i lavori per la realizzazione dell’opera.
    Discendere il Canale è davvero emozionante anche se va fatto rigorosamente a motore, mentre noi scendiamo le navi cargo e le portacontainer risalgono passandoci a pochi metri.
    La sera andiamo a fare una passeggiata per la cittadina che si presenta molto carina.

    Il giorno dopo si parte alle 05,00. C’è molto vento da Nord, ma non possiamo andare a vela per cui motore fino a Suez e da li proseguiamo a vela verso Wadi Dome o "Ain El Sokhna" sulla costa Egiziana del Mar Rosso, a soli 150 km, circa un'ora e mezza di macchina dal Cairo, posto noto come "Spiaggia del Cairo.", siamo in Mar Rosso.
    Wadi Dome è un posto squallido, a soli 22 chilometri a sud della spiaggia di El Sokhna, un grosso resort moderno con tanti ristoranti e alberghi completamente vuoti di questa stagione.
    PRIMA TAPPA DEL VIAGGIO conclusa, percorse 1.215Mn.

    Eccovi la mappa consultabile con tanto di zoom spero vi piacia :
    http://www.daftlogic.com/projects-ad...ae4c4fc9d72bc1

    Lunedì 16/02/2014 molliamo gli ormeggi verso le 10,30 dopo aver fatto cambusa. Scendiamo a vela la costa Ovest sotto un forte vento da N/NW e Felix è ancora con me, mi vuole accompagnare sino al golfo di Aden e precisamente sino a Port Ash Shihr nello Yemen dove salirà su uno dei suoi battelli per tornare indietro.
    In serata siamo in vista della baia di Marsa Telement, ceniamo con un pesce pescato in giornata.

    La mattina seguente raggiungiamo la costa del Sinai attraversando tutto il Mar Rosso settentrionale. Incrociamo mercantili e petroliere.
    Nel pomeriggio siamo a ridosso della costa Ovest del Sinai, i colori sono stupendi, il sole picchia sulla sabbia del deserto disegnando strisce di colore diverso.
    Nel tardo pomeriggio diamo fonda nella baia di El Tor. Il portolano dice che è vietato ancorare perché è zona militare, ma non ci dicono nulla e trascorriamo li la notte.

    Mercoledì 19/02/2014, dobbiamo attraversare un tratto di mare pieno di barriere coralline e d’isolotti e approdare, in serata, a Hurgada.
    I colori e i paesaggi di oggi rimarranno nei nostri occhi a lungo, tutto è stupendo. Si vola a oltre 10 nodi spinti da un potente vento settentrionale. Alle 16,00 entriamo nel Marina di Hurgada.
    Serata in paese, bellissime sensazioni, ci fermeremo per un pò.

    I giorni seguenti trascorreranno tra visite alle barriere coralline e cene nei ristoranti della zona.

  10. #50
    Maresciallo L'avatar di Zoppo
    Data Registrazione
    Oct 2011
    Località
    Liguria
    Messaggi
    542

    Predefinito

    Io non lo sapevo, ma su Militari Forum, ogni 100 messaggi, contabilizzi tot punti che puoi convertire in miglia Alitalia, e così viene fuori che mi posso prendere un biglietto A/R per Hurghada. Corro all’Idroscalo di Milano dove mi aspetta un Aermacchi nuovi di pacca e via: in sole 12 ore, dopo aver fatto scalo a Roma, Napoli, Rodi e Il Cairo, sono sul Mar Rosso.
    Timbro sul passaporto, salgo su una vecchia Peugeot 405 station wagon che mi sembra di essere negli anni 70 e via, verso sud.
    Arriviamo al porto, pago il taxi, arraffo lo zaino e inizio a cercare il Vagabondo: corri di qui, corri di là, fino a quando sento urlare <<Zoppo! Zoppo!!>> E’ BSK, il nostro Vecchio.
    Insomma che per una volta la cena la prepara lui: una pasta fresca che si era portato da casa, congelata, con la pomarola, ma che pomarola; e da bere un vinello rosso leggero.
    Insomma, come va, come non va, no Basilischio non l’ho più sentito, peccato… Poi viene fuori il limoncello, il nocino, l’arancello, un toscano e a dormire.

    Il giorno dopo il Vecchio mi sveglia all’alba: caffè, pane e molliamo gli ormeggi; dietro di noi, una lunga V disegna onde dal riflesso caldo e violaceo. Usciti dal porto mettiamo in folle, ci mettiamo contro vento, issiamo la randa e appena alziamo il fiocco che si gonfia, BSK, vira un po’ a dritta, prende il vento, spegne il motore e ci facciamo portare dagli elementi. Vorrei parlare ma alla fine mi viene solo da sorridere, e poi sarebbe un peccato distrarre BSK intento a tessere il suo arazzo invisibile fatto di mare e di vento; tra l’altro, il fuso, siamo noi.

    Quando guardi la costa, per un po’ vedi i resort più improbabili disegnati dagli architetti più megalomani del mondo: quello a forma di piramide, quello con gli archi di trionfo, quello con la cupola, l’altro in stile nonsisacosa. Poi per fortuna si fanno sempre più radi e appare il deserto, il deserto che si abbevera nel Mar Rosso, che poi di rosso c’è solo il deserto, di una pietra rossa e sgretolosa, come se fosse un grosso torrone andato a male. Uno si aspetta chissà quali spiagge e invece no perché sono tutti sassi acuminati che uno per coricarsi, piuttosto che srotolare l’asciugamano dovrebbe fare una colata di cemento. In qualche caletta però, c’è una sabbia gialla e grossa, come se fosse pastina per minestra che quando ci cammini sopra fa croc-croc. Non è sabbia: è la cacca dei pesci pappagallo che rosicchiano corallo dalla mattina alla sera e che perciò cacano corallo (d’altronde, mica possiamo aspettarci mozzarelle), che trascinato dalle onde crea le spiagge più belle del mondo. Qui non sono le più belle del mondo ma se puoi evitare le pietre acuminate va benissimo.

    << Vai giù e scegliti la muta >> mi dice il Vecchio << che siamo quasi arrivati >> e allora io, con l’entusiasmo di un bambino, scendo sotto coperta, aprò l’armadio e appese, c’è pieno di mute: una più bella dell’altra. La prima e la seconda sono uguali; ne prendo una, la guardo e vedo che ha il leone di San Marco <<ah! A queste c’è sicuramente affezionato >> perciò la rimetto al suo posto come se fosse una reliquia. Ne prendo un’altra, molto scura: ha una grande fiamma gialla e non capisco se è dei Carabinieri o della GDF, ma la rimetto a posto. Poi ce n’è una rossa e nera che potrebbe fare al caso mio ma… no: è dei Vigili del Fuoco. Poi ce ne sono altre e alla fine ce n’è anche una con un gallo e la bandiera francese . << E questa? Ah sì >> dico dandomi una manata sulla test << sarà di Orange. >> Ne resta una: è una mezza muta leggera, tutta nera, da dilettante: va bene per me. Trovo anche una maschera, una vecchia Pinocchio col ferretto nel mezzo, due pinne nere dure come tutto, una cintura coi pesi,il gav e vado su.
    << Tutto bene? >> mi fa BSK. << hai trovato l’occorrente? >>
    << Perfetto >> dico io mentre ficco la bonbola nel gav e ci attacco le fruste dell’aria.

    BSK mi fa vedere la carta nautica e mi spiega che siamo a Erg Samaya, che << è meglio se prima vai sotto, giri un po’ intorno a questo scoglio qui e poi, quando sei fuori, ti lasci trascinare dalla corrente: andrai verso sud. Quando ti stufi lanci la sonda, io la vedo e ti vengo a prendere. >>
    << OK >> faccio io, gli do la schiena, mi faccio controllare che sia tutto ok, poi schiacciandomi la maschera al viso faccio un bel passo avanti e ciaf, vado in acqua. Il gav, bello gonfio mi riporta su.
    << Tutto OK? >> grida BSK. Io unisco pollice e indice a fare una O, poi butto il pollice in giù, scarico il gav e i pesi mi trascinano di sotto. Sembra che scendo veloce, ma in realtà cerco di andare piano e di compensare bene, e infatti va tutto per il meglio. Vedo che sono a 12 metri di profondità ma il fondo è ancora lontano, perciò continuo a scendere fino a un paio di metri dal fondo dove mi fermo e controllo: sono a 20 metri. Pensavo di non essere più capace e invece è come andare in bicicletta e trovo subito l’assetto adoperando i polmoni: fantastico! E inizio a girare.

    Per prima cosa vedo un grosso anemone e me lo immagino fritto con una buona bottiglia di vino bianco secco e asprigno, ma poi un pesce pagliaccio fa capolino e mi dispiace. Di fianco di sono dei coralli scuri circondati da una nuvola di pesciolini trasparenti. Do un paio di pinnate e sul fondo vedo un pesce scorpione, che io non so ma è talmente brutto che deve venir fuori una zuppa di pesce impareggiabile. Sullo scoglio c’è pieno di pomodori di mare e un enorme grappolo di coralli molli, gialli, rossi e arancioni. Come un gigantesco ventaglio, un branco di pesci farfalla, gialli con gli occhi neri su un rombo blu, mi balena davanti. Provo a seguirli ma è impossibile, però mi fermo davanti a una murena marrone chiaro che torna verso lo scoglio. Sulla sabbia c’è una montagnola di sabbia che sale su, come fosse un vulcano di mezzo metro: capisco che è la tana di un pesce balestra e mi allontano che sono abbastanza aggressivi; successivamente ne vedrò tanti: a righe verdi e gialle, blu cangiante da oltremare al celeste, nero con la riga celeste, grigio a rombi neri… Uno se li può anche immaginare ma se va su google immagini, basta digitare che li vede benissimo! Procedo e mi imbatto in un paio di pesci scatola che come mi vedono si gonfiano un po’ perdendo i classici spigoli, un riccio di mare che avrà avuto mezzo metro di diametro, pesci chirurgo sohal, un branco di pesci farfallo rigati e sul fondale una razza color senape coi puntini celesti, assolutamente improbabile quanto reale.
    Il giro dello scoglio è finito, ho consumato un terzo della riserva d’aria, sono ancora a 20 metri e decido di lasciarmi trascinare dalla corrente lungo il reef. La prima cosa è una parete di gorgonie immense, ventagli di due metri rossi, come se fossero ballerine di flamenco, e in mezzo pieno di sergenti maggiori (sono pesciolini simili ai saraghi), tordi di tutti i colori, pesci pappagallo e in un anfratto, i re di triglia.
    Adesso mi ritrovo come in un promontorio, il fondale è molto profondo ma decido di non andare oltre, però di resistere un po’ alla corrente e guardare nel blu, che a volte ci sono delle sorprese, e in fatti prima appare un grosso pesce napoleone, una bestia di almeno un metro, dei carangidi grossi color dell’alluminio, dei barracuda lunghi un metro che lasciano intravedere i dentini fitti e aguzzi, e poi dei bonitti, come se fossero tonni piccoli, e su una sporgenza dello scoglio, un raro pesce coccodrillo.
    Smetto di resistere e mi lascio trascinare di nuovo in mezzo alle gorgonie che diventa un giardino di coralli in mezzo al quale c’è un polpo che appena mi vede cambia colore come un camaleonte, e una murena piccolina gricio chiara, un pesce pietra, pesci angelo, pesci bandiera e mentre mi giro per guardare il fondo, intravedo una splendida razza che sembra volare e nascondersi nel buio. Poi ancora un pesce istrice, pesci balestra, pesci pappagallo e intanto sono sotto la metà dell’aria, perciò lentamente ricomincio a risalire portandomi verso i 16 metri. Quando credevo di aver visto tutto, mi imbatto in un orata di mezzo metro: non che fosse bella, ma enorme sì! Mica come quelle di allevamento da noi che sono tutte 300g!!! Poi scopro un piccolo nudibranchio, una portentosa meraviglia della natura, due sogliole nell’atto di riprodursi, un pesce lima di almeno 80 centimetri, pesci cristallo, pesci angelo, pesci scorpione, pesci leone, coralli, totani, madrepore, gorgonie e non so cos'altro.

    Mi guardo in alto e non vedo alcuna imbarcazione.
    Tiro fuori il palloncino e lo gonfio e sale su su come una bandiera a segnalare la mia posizione.
    Risalgo lentamente e anche se non ho bisogno di fare decompressione, faccio una sosta a 5 e poi un’altra a 3 metri.
    Riemergo col braccio sinistro teso e a una cinquantina di metri dal mio pallone, trovo il Vagabondo e BSK che sorride sornione.
    Mi tolgo il gav, lo gonfio, mi ci corico sopra comincio a pinneggiare verso la barca.
    << Allora? >> fa BSK, << tutto bene? >>
    << Tutto perfetto >> dico io lanciandogli il boccaglio.
    Risalgo e sento la stanchezza. Sento la stanchezza che dovrei dimagrire, altro chè!
    Mi tolga la muta e la appendo al sole. Mi spoglio, mi asciugo e mi metto una vecchia tuta.
    << Com’era di sotto? >>
    << Da non crederci. Se uno non c’è mai stato, per tanto che gli dicano, non ci crede, pensa sempre che esagerino. >>
    Levo l’ancora, cazz.o la cima del fiocco, la barca rolla un po’ e si riparte. Io mi verso una tazza di caffelatte caldo dal thermos e mi siedo a sinistra e guardo un po’ in avanti, un po’ indietro e osservo BSK al timone che sembra uno di quei musicisti, di quei virtuosi della fisarmonica, che battono il tempo, suonano e si fanno l'accompagnamento tutto da soli, e si commuovono pure.
    Io non lampeggio per comunicare la presenza di posti di blocco.

Pagina 5 di 21 PrimaPrima ... 3456715 ... UltimaUltima

Segnalibri

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •