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Discussione: La battaglia di El Alamein

  1. #1

    Predefinito La battaglia di El Alamein

    71 anni fa, in questo momento, e da più di 24 ore, la battaglia di El Alamein era nel vivo.
    Di seguito, pubblico il lavoro di ricerca che ho effettuato negli anni, sulla Battaglia, ed in particolare sul ruolo della Folgore, che sarà l'ultima a cedere dell'asse Italo-Tedesco guidano dal Generale Rommel.

    La Folgore ricevette inoltre il massimo riconoscimento del nemico dopo una battaglia: l'onore delle armi.
    Ma cosa significa avere "l'onore delle armi"?
    E' un onore cavalleresco che si conferisce in ambito militare per rendere ossequio all'altissimo valore dell'avversario sconfitto.
    Gli sconfitti, seppure disarmati, vengono inquadrati all'ordine del proprio Comandante, al quale è temporaneamente lasciata la sciabola, simbolo del comando, e sfila come se fossero i vincitori.
    Hanno diritto di bandiera, possono cioè sfilare con la propria bandiera di guerra impennata e sventolata come d'ordinario e non ammainata né abbrunata.
    I vittoriosi, al passaggio del valoroso avversario sconfitto, presentano le armi (eseguendo il noto comando del "presentat'arm") in segno di rispetto.

    In fondo alla pagina troverete inoltre anche alcune motivazioni delle medaglie d'oro rilasciate ai Paracadutisti della Folgore e ai Carristi dell'Ariete.
    Informazioni raccolte sui libri e su internet ed "impaginate" in un unico pezzo.
    Vista la ricorrenza mi sembra doverosa la pubblicazione!

    Spero di fare cosa gradita ed invito in più giovani in particolare a prenderne visione.

    Buona lettura a tutti!


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    Da "El Alamein" di Paolo Caccia Dominioni:

    Scendono da una vettura tre prigionieri italiani, un generale e due colonnelli.
    Portano l'uniforme della "Folgore": sono Frattini, comandante, Bignami, vice comandante e Boffa comandante dell'artiglieria paracadutista.
    Si avvicina un interprete.
    "Lei è il comandante della Folgore? Un generale inglese desidera salutarla".
    Si presenta il generale Hugues, della 44^, la divisione che nell'attacco alla "Folgore" ha subito lo smacco principale.
    I tre italiani e l'inglese, ritti e impalati, si salutano.
    L'inglese accenna a tendere la mano: Frattini è immobile.
    La mano inglese si ritrae.
    "Si era sparsa la voce" dice Hugues "che il comandante della "Folgore" fosse caduto. Ho saputo che non è vero e voglio dire che sono contento."
    Frattini: "Grazie".
    "Volevo anche dire che nella mia lunga vita militare mai avevo incontrato soldati come quelli della Folgore."

    Introduzione

    Al km 120 della litoranea Alessandria d'Egitto-Marsa Matruh si fronteggiarono due eserciti e due strateghi geniali: Rommel, Comandante dell'Afrika Korps e Montgomery, Comandante dell'8va Armata britannica.

    Nel 1942, c'era soltanto una stazioncina lungo la ferrovia che dal Delta del Nilo raggiungeva il confine con la Libia e che gli Inglesi avevano prolungato fino in prossimità di Tobruk.

    Situata sul Golfo degli Arabi, la località, distante 180 chilometri da Maesa Matruh e 105 da Alessandria, era soltanto un nome sulla carta geografica. Nessuno poteva immaginare che uomini in armi sotto una dozzina di bandiere (altro che le « due bandiere » del nome), si sarebbero dati battaglia in quel posto desolato: gli Italo-tedeschi, decisi a raggiungere Alessandria, Il Cairo e Suez, gli Inglesi, le truppe del Commonwealth e gli alleati altrettanto decisi a sbarrare il passo ai primi.

    Nel 1940, in previsione dell'entrata in guerra dell'Italia e di una avanzata dalla nostra Decima Armata in direzione dell'Egitto, il Comandante inglese del Medio Oriente, Generale Archibald Wavell, e il Comandante dell'Armeé d'Orient francese, enerale Maxime Weygand, compirono una ricognizione a El Alamein, avendo valutato l'importanza della posizione, difficilmente raggiungibile da sud. Quando gli Italiani raggiunsero El Alamein, scoprirono che alcune opere in calcestruzzo, apprestate dagli inglesi, recavano la data del 1940: segno evidente che le difese non erano state improvvisate.

    Dunque, una posizione difficilmente aggirabile, infatti, a poco meno di 60 chilometri dalla costa, il deserto, rotto qua e là da piccoli rilievi che diventarono di grande importanza tattica e sovrastato a sud dai 217 metri della « piramide » naturale rocciosa di Quaret El Himeimat, piomba verso la depressione di El Qattara (134 metri sotto il livello del mare), costellata di sabbie mobili e terreno cedevole.

    Un’altra curiosità, questa molto importante, è che nella zona di El-Alamein si trovarono le uniche sorgenti di acqua dolce di quel tratto di deserto occidentale egiziano.

    L'evidente sproporzione delle forze in campo, a favore degli inglesi (l'Ottava Armata britannica contava 220mila uomini, contro i 96mila dell'Afrika Korps Italo-Tedesco), era aggravata dalla mancanza di rifornimenti e dal fatto che i trasporti marittimi diretti in Libia erano implacabilmente silurati dagli inglesi.

    Gli schieramenti e i piani di combattimento

    Dal nord verso sud lo schieramento dell'Asse Italo-Tedesco era il seguente: a nord le divisioni di fanteria "Trento", "Bologna" e "Brescia". All'estremità sud, la divisione Paracadutisti "Folgore", appena giunta in Africa settentrionale. Alle spalle della "Folgore", la divisione "Pavia". In prima linea, a sostegno delle forze italiane, la 164ma divisione tedesca e la brigata Paracadutisti tedesca del generale Ramcke.
    Le unità di manovra, tenute in seconda schiera, erano, a nord la divisione corazzata "Littorio" e la 15ma Panzerdivision, e a sud la divisione corazzata "Ariete" e la 21ma Panzerdivision. Di riserva, la divisione "Trieste" e la 90ma divisione tedesca.

    Lo schieramento adottato da Montgomery era formato a nord, dal 30° Corpo d'Armata, a sud il 13mo e, alle loro spalle, il reparto meglio addestrato e meglio armato, ossia il 10mo Corpo d'Armata corazzato.

    Nel 30mo Corpo figuravano le divisioni indiana, neozelandese, australiana e sudafricana; nel 13mo, oltre a due divisioni inglesi, due brigate francesi e una brigata greca.

    Il Generale inglese aveva quindi a sua immediata disposizione tre divisioni corazzate e l’equivalente di sette divisioni di fanteria. Il concentramento di forze così ingenti richiese molte misure ingegnose di occultamento e molte precauzioni.

    Il suo piano consisteva nell'attaccare il centro del settore nord, dov'erano schierate la "Trento" e la 164ma divisione tedesca, tentando di sfondare nel tratto tenuto dagli italiani, ritenuti più deboli e peggio armati dei loro camerati germanici. Fatto questo, aprire due corridoi nei campi minati, attraverso i quali far passare i mezzi corazzati che dovevano eliminare i panzer nemici. I carri avrebbero protetto l'avanzata della fanteria e avrebbero spazzato via i reparti dell'Asse di prima linea. In un secondo tempo era prevista la distruzione delle truppe Italo-Tedesche di copertura.
    Infine dovevano essere eliminate le riserve.

    Il piano di Montgomery era una finta a sud, per poi attaccare in forze a nord.
    Nei giorni precedenti nel prepararsi, aveva mascherato e mimetizzato (addirittura avvalendosi dello sceneggiatore cinematografico Barkas e dell' illusionista Maskelyne) un fortissimo concentramento a nord (86 battaglioni di fanteria, 150.000 uomini, alcune migliaia di automezzi, 3247 cannoni, migliaia di tonnellate di rifornimenti, 1350 carri armati. 1200 aerei) mentre predisposte un altro contingente di molto inferiore e disordinatamente a sud, che trasse in inganno Rommel prima di partire; più che convinto che gli inglesi con le forze che disponevano a sud non potevano prima di novembre scatenare un offensiva.

    Soprattutto, fu necessario per la Gran Bretagna impedire all’aviazione nemica di rendersi conto perfettamente dell’imponenza dei preparativi. Tale sforzo fu coronato da un completo successo così che l’attacco costituì per il nemico una vera sorpresa.

    Assente Rommel (ricoverato in Germania alla fine di settembre per stress), la battaglia cominciò alle 21.40 precise del 23 ottobre 1942, in una notte di luna piena, quando i mille cannoni di Montgomery aprirono il fuoco simultaneamente lungo il fronte, concentrando il tiro sulle postazioni di artiglieria sulle truppe dell'Asse per una ventina di minuti; il tiro era quindi diretto contro le posizioni occupate dalla fanteria.

    La Battaglia: urto iniziale, attacchi e contrattacchi

    Alle 22 del 23 ottobre 1942 scatta l'azione delle fanterie che sarà seguita dall’azione dell'urto. Sotto la protezione del fuoco delle artiglierie, resa più efficace dai bombardamenti aerei, avanzarono il 30mo e il 13mo corpo d’armata, comandati rispettivamente dai generali Leese e Horrocks, che attaccarono su un fronte di quattro divisioni; l’intero 30mo corpo cercò di aprirsi due varchi attraverso le linee fortificate nemiche.
    Dietro di esso seguirono le due divisioni corazzate del 10mo corpo d’armata (generale Lumsden) per sfruttare l’eventuale successo.

    Notevoli progressi furono compiuti sotto la protezione di un fuoco imponente; all’alba erano state state create nello schieramento nemico profonde sacche. Tuttavia, sino a quel momento nessuna breccia fu aperta nel profondo sistema di campi minati e di sistemazioni difensive dei tedeschi.
    La resistenza dei tedeschi e degli italiani fu accanita, superiore al previsto.

    All'alba del 24 ottobre il 30mo Corpo d'armata britannico raggiunse gli obiettivi assegnati, ma le sue fanterie stanche e provate non poterono contribuire ad assicurare il passaggio dei carri armati nel varco aperto nel settore nord. Intanto il Generale tedesco Stumme, sostituto di Rommel, 24 ore dopo l’inizio della battaglia, muore. Secondo alcune fonti di aploplessia, mentre secondo altri con un un colpo di rivoltella alla tempia.

    Nelle primissime ore del giorno 25 Montgomery tenne rapporto ai comandanti di grado più elevato, dando ordine di spingere di nuovo all’attacco prima dell’alba le forze corazzate, in conformità alle sue istruzioni iniziali. Effettivamente, durante la giornata altro terreno fu guadagnato dopo aspri combattimenti; l’altura chiamata Kidney Ridge diviene teatro d’una battaglia furiosa con le divisioni corazzate nemiche, la 15ma tedesca e l’ “Ariete” italiana, che lanciarono una serie di violenti contrattacchi.

    Su richiesta di Hitler, Rommel lasciò l’ospedale e riprese il comando nel tardo pomeriggio del giorno 25. Aspri combattimenti si svolsero per tutto il 26 lungo la profonda sacca aperta sino a quel momento nelle linee nemiche, e soprattutto ancora nella zona di Kidney Ridge.

    L'aviazione tedesca, che nei due giorni precedenti rimase, lanciò l’ultima sfida alla superiorità aerea inglese. Vi furono parecchi scontri che si risolvono per la maggior parte a favore di Montgomery.

    Gli sforzi del 13mo corpo d’armata ritardarono, ma non riuscirono ad impedire il trasferimento delle unità corazzate tedesche verso quello che ormai Rommel sapeva che era il settore decisivo della battaglia. Questo movimento fu tuttavia duramente ostacolato dalla RAF.

    Durante tutto il 27 e il 28 ottobre infuriò una violenta battaglia per l’altura di Kidney, scatenata ripetutamente dalla 15ma e dalla 21ma divisione corazzata tedesche, appena arrivate dal settore sud.

    L'avanzata inglese riprese il 28 nei corridoi, sotto il fuoco rapido e micidiale dei cannoni anticarro tedeschi; i carri armati inglesi posti fuori combattimento si contavano già a decine.

    E' il momento culminante. Il 28 sera i carri inglesi distrutti sono circa trecento. La 1ma divisione corazzata inglese, al di là del corridoio, rischia a un certo punto di venire attaccata e respinta dalla 21ma divisione Panzer tedesca.

    Montgomery, per evitare il peggio, spinse verso nord la 7ma divisione corazzata e ordinò alla 9na divisione australiana di colpire anch'essa a nord. La situazione non si presentà brillante.
    Il comandante dell'Ottava armata pensava di sfondare in un arco di tempo di una decina di ore e invece i suoi calcoli si rivelarono terribilmente sbagliati.

    A questo punto il Generale Inglese diede disposizioni per effettuare lo sfondamento decisivo (operazione "Supercharge").

    Lo sfondamento decisivo, "il Supercharge"

    Ecco come si svolse l’operazione "Supercharge", secondo le parole del Generale Inglese Alexander:
    "La notte del 28 e poi nuovamente il 30 ottobre gli australiani attaccarono verso nord in direzione della costa riuscendo finalmente a isolare quattro battaglioni tedeschi rimasti sul posto. Il nemico sembrava fermamente convinto che intendessimo attaccare lungo la strada e la linea ferroviaria e reagì alla nostra puntata con estrema energia. Rommel spostò la 2da divisione corazzata dalla sua posizione a ovest del nostro saliente vi aggiunse la 90ma divisione leggera che sorvegliava il fianco nord dello stesso saliente e lanciò le due unità in furiosi attacchi per disimpegnare le truppe accerchiate. Il posto lasciato libero dalla 2da divisione corazzata fece avanzare la divisione "Trieste" che era la sua ultima unità di riserva non ancora impiegata. Mentre Rommel era così duramente impegnato e dava fondo alle ultime formazioni fresche che gli rimanevano nel tentativo di disimpegnare un solo reggimento noi fummo in grado di completare senza essere disturbati la riorganizzazione delle nostre forze per l’operazione “Supercharge”.
    La magnifica puntata degli australiani, attuata con una serie ininterrotta di aspri combattimenti, aveva volto a favore degli inglesi le sorti di tutta la battaglia All’una antimeridiana del 2 novembre l’operazione “Supercharge” ebbe inizio.
    Protette da un fuoco di sbarramento di 300 pezzi d’artiglieria, le brigate britanniche aggregate alla divisione neozelandese sfondarono il sistema di difesa nemico e la 9na brigata corazzata britannica si lanciò in avanti. Esse urtarono tuttavia in una nuova linea di difesa, forte di numerose postazioni anticarro, lungo la pista di Ei Rahman. Ne risultò un lungo combattimento che costò gravi perdite alla brigata; il corridoio alle sue spalle fu però tenuto aperto e la la divisione corazzata britannica poté avanzare lungo di esso".


    La sera del 2 novembre secondo le stesse fonti tedesche, le divisioni corazzate germaniche, che iniziarono la battaglia con 240 carri efficienti, ne allinearono soltanto 38, ma invece di ripiegare il 3 novembre arrivò un perentorio ordine di Hitler, con il quale si impose all'Afrika Korps di farsi uccidere sul posto piuttosto di indietreggiare di un metro. Così Rommel mandò a tutti i reparti l'ordine di resistere a ogni costo, rifiutando di accettare le implorazioni dei suoi generali, contrari a questa condotta.

    Nelle prime ore del giorno 4, la 5ta brigata indiana scatenò un fulmineo attacco a otto chilometri a sud di Tel El-Aggagir, con successo.

    Montgomery è in piena avanzata, avendo aggirato ormai lo sbarramento anticarro italo-tedesco.
    Il Generale tedesco Von Thoma, in prima linea, si consegna agli inglesi, senza rispettare, in questo modo, l’ordine imposto da Hitler ai suoi uomini. Alle 15.30 giunge a Rommel un messaggio: la divisione italiana "Ariete" non esiste più, si è immolata per tenere le posizioni.

    Gli inglesi hanno aperto una breccia ampia venti chilometri. Alle 8 di sera, quando apprende che la brigata corazzata britannica è già arrivata alla litoranea, Erwin Rommel decide l'unica soluzione possibile: la ritirata.

    Gli ultimi a cedere ad El Alamein saranno i Paracadutisti della "Folgore", abbarbicati al terreno a sud.
    Ai margini della depressione di El Qattara hanno di fronte quel 13mo Corpo d'armata che, secondo la versione inglese, deve impegnarsi soltanto per dar vita a un falso scopo, mentre in realtà è costretto a combattere una delle più dure e logoranti battaglie locali di sfondamento dell'intero fronte.

    I Paracadutisti Italiani della Folgore resisterono tredici giorni senza cedere un metro, senza acqua e senza cibo.
    Stremati, e senza munizioni, continueranno a combattere andando all’attacco, esauritesi le munizioni, anche con il solo pugnale in sanguinosi (ed inaspettati per gli inglesi) corpo a corpo all'arma bianca.
    Accerchiati, rifiuteranno i ripetuti inviti alla resa lanciandosi nuovamente all'attacco al grido di "Folgore!".

    Partiti dall'Italia in cinquemila, rimasero, tra ufficiali e truppa, in trecentoquattro.
    Alla resa, i ragazzi ebbero l’Onore delle Armi e il nome della divisione, Folgore, con le loro gesta divenne subito, inevitabilmente, leggenda.

    Il ruolo della Folgore: consumata, ma non vinta

    La sera del 23 ottobre, come descritto, cominciò l'improvvisa azione di preparazione dell'artiglieria avversaria che preannunciava l'imminenza dell'attacco. Gli inglesi disponevano di 2.000 nuovi carri armati dei tipi più moderni, (oltre 1.300 impiegati nella battaglia) in prevalenza americani, di una fortissima aviazione che dominava incontrastata il cielo, di circa 3.000 cannoni di ogni calibro e di elevata potenza, con una scorta di munizioni che permetteva loro di rovesciare sulle nostre linee migliaia di tonnellate di proiettili per settimane consecutive.
    Dai margini della depressione di El Qattara fino al mare si accese, d'improvviso, un gigantesco lampeggiare che si fondeva in un'unica vampata vulcanica, accompagnata da migliaia di scoppi che sommergevano completamente il nostro schieramento, dalla linea dei capisaldi alle postazioni d'artiglieria ed oltre, per sconvolgere e distruggere tutto ciò che potesse potenziare la nostra resistenza.

    L'uso di cortine fumogene paralizzava l' osservazione, ostacolava il tiro dei cannoni ed impediva di scorgere le mosse del nemico che si apprestava a serrare sotto le nostre difese per attaccarle.
    La Folgore attendeva l'imminente urto con la ferma volontà di opporsi all'avversario col massimo impegno e far pagare, agli inglesi, a caro prezzo, il loro ambizioso progetto.
    I nostri ragazzi, elettrizzati da quell'atmosfera di battaglia e dall'eccezionale spettacolo che si svolgeva intorno a loro, attendevano senza timori lo sviluppo degli avvenimenti per incontrarsi con gli Inglesi e dare loro il benvenuto.
    Alle ore 20,40 del 23 ottobre l'avversario iniziava un fuoco di artiglieria di violenza e proporzioni inusuali che si protraeva ininterrottamente per tutta la notte sul 24 ed investiva in pieno l'intero fronte presidiato dalla Divisione "Folgore".
    Dal rilevamento delle vampe si potè calcolare che contro il solo fronte del 187° reggimento Paracadutisti agivano non meno di 150 pezzi (confermati poi in 200). Malgrado il massiccio tiro d'artiglieria, si poteva udire ogni tanto lo sferragliamento di cospicue masse di carri armati serranti sotto le posizioni dei paracadutisti.
    Quando, fra gli scoppi e le vampe che illuminavano a giorno le postazioni si udì l'ordine dei comandanti "ai posti di combattimento" un grido solo rispose, altissimo ed unanime "Folgore!".
    Subito dopo, numerose pattuglie nemiche, protette da nebbiogeni, tentavano di raggiungere i campi minati per aprirvi dei varchi, ma venivano inesorabilmente respinte.
    Nel settore centrale la compagnia avanzata, la Sesta Paracadutisti comandata dal Capitano Marenco, si fece sterminare dopo un violento corpo a corpo; dei 90 paracadutisti che componevano la compagnia, solo una ventina rìuscirono a ripiegare verso la nostra linea principale di difesa, sena però aver prima distrutto 30 carri armati ed ucciso circa 150 inglesi.

    Verso le ore 14 del 25 ottobre una colonna di una quarantina di carri (4ta Brigata corazzata leggera della 7ma Divisione corazzata britannica) e due battaglioni di fanteria attaccavano il caposaldo della Dodicesima compagnia deil 187° reggimento comandata dal Capitano Cristofori.
    Dopo una lotta violentissima, che condusse a fasi di corpo a corpo, il nemico veniva respinto con perdite particolarmente sanguinose, lasciando sul terreno 22 carri armati immobilizzati.
    Nella notte del 26 l'avversario compiva l'ultimo tentativo di rompere il fronte della "Folgore".
    Avendo constatato la saldezza della nostra linea, decise di far massa contro il saliente di Deir el Munassib, allo scopo di impadronirsene e di irrompere quindi lungo un allineamento vallivo (Deir el Munassib-Deir Alinda).
    Dopo la consueta preparazione di artiglieria e nebbiogeni, al sorgere della luna (ore 22) la 69ma Brigata di fanteria (50ma Divisione britannica) e reparti della Brigata "Francia Libera", tra cui due reggimenti della legione straniera, mossero su tre colonne l'attacco contro le posizioni del 187° reggimento. Una colonna, composta di due battaglioni dei reggimento "Green Howards" e di una compagnia autoblindo, riprendeva il fallito attacco del pomeriggio contro il caposaldo della Dodicesima compagnia paracadutisti.
    Un'altra colonna formata di elementi d'assalto degaullisti, impegnava la Dicema compagnia paracadutisti; una terza colonna costituita da ben due battaglioni inglesi, uno del reggimento "Royal West Kent" (44° Divisione britannica), l'altro il battaglione carri 8va Hussars (7ma Divisione corazzata), investiva da ogni lato il caposaldo presidiato dalla Undicesima compagnia paracadutisti.
    Contemporaneamente venivano impegnate da altre unità le postazioni del Secondo battaglione.

    Alle ore 23 l'intero fronte dei 187° reggimento era così premuto da ogni parte.

    Aliquote del Nono battaglione in secondo scaglione, venivano spostate nella notte per rafforzare le ali dello schieramento, particolarmente minacciate.
    Verso le ore 01.00 gli attacchi diretti contro le postazioni della Decima e Dodicesima Paracadutistia potevano considerarsi stroncati.
    Le colonne avversarie in seguito alle gravi perdite subite desistevano da ogni tentativo di progresso e si accontentarano di mantenere impegnata la difesa.
    Grave si manifestava invece la situazione della Undicesima Compagnia. L'enorme sproporzione di forze, due battaglioni inglesi contro la sola compagnia non lasciano scampo ai paracadutisti Italiani.
    I vari centri di fuoco dei paracadutisti della Undici, attaccati su ogni lato e premuti dai carri armati, si difesero disperatamente e con ogni forza in combattimenti violentissimi.
    Poi, uno alla volta, i pezzi controcarro esaurirono le munizioni e non potendo esserne riforniti perché rimasti isolati, furono costretti al silenzio.
    Le armi automatiche verranno soverchiate dai carri. Alle ore 04.00 solo un paio di centri di fuoco resisteranno ancora; la quasi totalità degli uomini della Undici era caduta sulle posizioni. La compagnia si era immolata al grido di "Folgore!" nonostante i ripetuti inviti alla resa.
    In queste azioni cadeva eroicamente, guidando un ultimo disperato tentativo di contrassalto, il Comandante della compagnia Capitano Costantino Ruspoli alla cui memoria fu conferita la medaglia d'oro al valor militare.

    Alle prime luci del giorno 27 il Comandante del Quarto battaglione (Capitano Valletti) quattro volte ferito, ma rimasto volontariamente sul posto, ordinava un contrassalto che veniva eseguito da un plotone al Comando del Tenente Raffaele Trotta, Comandante della compagnia cannoni da 47/32 assegnata in rinforzo al Quarto battaglione. Ad azione ultimata, le posizioni perdute venivano riconquistate e saldamente tenute, successivamente il tenente Trotta, ferito, veniva sostituito dal Tenente Gallo, il quale a sua volta ferito, cedeva il comando del battaglione al Maggiore Vagliasindi.
    Nel corso del giorno 27 il nemico, efficacemente contrastato, tentava un ulteriore attacco, contro le posizioni della Decima Compagnia con elementi degaullisti rinforzati da un battaglione del Queen's Royal Regiment (44ma Divisione inglese).
    La immediata, decisa reazione del presidio, il tempestivo intervento delle artiglierie stroncavano l'attacco ed il nemico veniva rigettato con gravi perdite.
    Durante il contrassalto cadeva eroicamente alla testa dei suoi uomini il comandante della compagnia, Tenente Gastone Simoni alla cui memoria veniva conferita la medaglia d'oro al valor militare.
    Il Maggiore d'artiglieria Francesco Vagliasindi del 185° reggimento paracadutisti, il cui gruppo a seguito delle perdite subite era stato sciolto, e che aveva chiesto l'onore di assumere il comando di un reparto di fanteria, cadeva alla testa del Quarto battaglione.
    Il giorno 28 il nemico, esausto, non rinnovava i suoi attacchi limitandosi a battere le nostre posizioni con violenti tiri di artiglieria e mortai.
    Nei giorni successivi, dopo qualche scontro di carattere locale, gli opposti fronti andavano stabilizzandosi.
    L'offensiva tentata dal nemico contro la Folgore era sanguinosamente fallita dopo sei giorni di accaniti combattimenti ed inutili attacchi. L'avversario era solo riuscito ad occupare parzialmente un caposaldo avanzato senza però infirmare la solidità delle posizioni, nè intaccare minimamente la linea di resistenza. Il nemico aveva lasciato sul terreno alcune centinaia di caduti; 52 carri furono da esso perduti; 164 uomini tra cui 12 ufficiali, venivano catturati.
    Particolarmente significativo il tributo di sangue offerto dai comandanti di battaglione e di gruppo della "Folgore": su 16 ufficiali succedutisi al comando di 9 unità, si ebbero ben 15 perdite (10 caduti e 5 feriti).
    Il Generale Alexander, a proposito dei combattimenti di quei giorni, scrisse:
    "Si trovò che il nemico era in forze e bene appostato, pertanto non si insistette nell'attacco".

    Per quanto riguarda i due raggruppamenti nei quali era articolato il 186° reggimento paracadutisti si è detto che l'attacco si attuò in due direzioni: da est verso ovest, prevalentemente sul fronte del Settimo battaglione (raggruppamento Tantillo) ed essenzialmente condotto da fanterie.
    Sul fronte dei Settimo battaglione l'attacco si protrasse fino al 31 ottobre, con alterne vicende, per l'intervento di nostri contrattacchi condotti con l'appoggio di carri armati. Iniziatosi con la distruzione dei nostri centri in fascia di osservazione, sovrumanamente difesisi con bombe a mano e bottiglie molotov; culminato il 26 ottobre con la costituzione da parte del nemico di una sacca al centro della posizione di resistenza del battaglione; ed infine respinto dal nostro contrattacco il 27 ottobre, con la eliminazione di tale sacca e la cattura di un maggiore, 3 capitani, 4 tenenti, 207 militari, armi e munizioni: davanti alle nostre posizioni, si contano semidistrutti 67 mezzi corazzati nemici.
    Il 28 ottobre, un "parlamentario" inglese si presentava per chiedere una tregua d'armi, allo scopo di dare sepoltura ai caduti d'ambo le parti. La tregua, concessa, ha la durata di tre ore; al termine vengono scambiati i recuperati piastrini dei caduti: 50 paracadutisti, circa 150 inglesi.

    Il nemico si riordina e si sistema a circa 600 metri dalle nostre linee per riprendere fra il 29 ottobre e la notte del 1 novembre i suoi sforzi condotti però, a quello che sembrava, con scarsa decisione e forse a solo scopo dimostrativo: lasciò in seguito alla nostra reazione, nelle nostre mani un'altra cinquantina di prigionieri.
    Sul fronte del Quinto battaglione il vero e proprio contatto con il nemico avvenne verso le ore 3 antimeridiane dei giorno 24 ottobre.
    Anche quì non avvenne di sorpresa, poichè fin dalla mezzanotte il posto avanzato di Qaret el Himeimat aveva dato notizia che si udiva sfilare da sud-est verso nord-ovest una forte massa di mezzi meccanizzati nemici: indubbio preludio ad un attacco avvolgente contro l'ala esposta del nostro schieramento generale.

    Per detta eventualità, data la natura e data anche l'esiguità delle forze disponibili, il Comandante del battaglione, con il pieno consenso del comandante del reggimento, si era orientato al seguente concetto: ridurre all'estremo uomini e mezzi dislocati ai piedi delle propaggini sud del ciglione di Munaquir el Daba, sovrastante la depressione salata, a sorveglianza del campo minato e disorientare con la loro azione il nemico dando nel contempo un sicuro allarme al comando; di reagire in alto con l'immediato contrattacco contro le fanterie nemiche che si fossero affacciate da sud sull'altopiano (prive ormai dell'appoggio dei mezzi corazzati, necessariamente attardati dalla natura impervia degli accessi) cogliendole così di sorpresa, quando avrebbero creduto di aver raggiunto con estrema facilità il successo.

    A tale scopo il Comandante di battaglione, dopo aver sottratto e riunito tutti gli uomini non strettamente necessari al servizio delle armi (conduttori, armieri, cuochi, marconisti, etc.) disponeva di circa 3 plotoni appoggiati da alcuni mortai.
    Da parte sua il Comando di reggimento dislocato come detto poche centinaia di metri a nord di Naqb Rala, armando con personale di fortuna alcuni pezzi anticarro da 47/32 (giunti senza personale nella giornata del 23) aveva disposto uno sbarramento prudenziale, fronte a sud della gola di Naqb Rala; aveva un pugno di uomini composto dagli elementi del plotone collegamenti e del comando; aveva predisposto per l'afflusso (qualora le vicende dell'azione l'avessero reso necessario e possibile) uomini dei centri arretrati vicini al Sesto battaglione dislocati nella piana poichè qualora si fosse giunti a tali estremi, giudicava di dovere giocare tutto per tutto.

    L'azione nemica contro il fianco destro del battaglione si risolse rapidamente e nella maniera più brillante per il 186°: gli scoppi di alcune mine e il divampare improvviso breve ed intenso del fuoco delle mitragliatrici, il lancio delle bombe a mano da parte degli elementi di osservazione in basso, avverte che il contatto era avvenuto ai piedi del Ciglione Sud di Munaquir el Daba e che sarebbe stato imminente affacciarsi sull'Altopiano di Naqb Rala per avere una visione delle fanterie nemiche.

    Il Comandante di battaglione articolò il rincalzo in due aliquote per l'azione sul fianco destro e nel fronte degli attaccanti.
    Il Comandante di reggimento con il modestissimo reparto di formazione si avviò verso il comando del Quinto battaglione.
    Ma il suo intervento non fu necessario, il Quinto battaglione risolse coi suoi mezzi la situazione.
    Non appena, nell'incerto chiarore antelucano vide dilagare in silenzio sul pianoro le fanterie nemiche, tra cui due temutissimi (non certo per loro) reggimenti della legione straniera francese, riconoscibili per il caratteristico elmetto, il Quinto scatenò su di esse alcune celerissime salve di mortai e raffiche di mitragliatrici pesanti.
    Al grido di "Savoia, Viva l'Italia, Folgore!", il Comandante diede segnale del contrassalto: si getteranno nella mischia anche i serventi della compagnia mortai. Il nemico si arresta, tenta di resistere ma viene travolto ed incalzato, fino a che l'ultimo uomo non ha sgombrato il pianoro, ridiscendendo le pendici sud di Munaquir el Daba.
    Il Comandante del battaglione, il suo Vice Comandante, il Comandante della compagnia mortai, ed altri ufficiali sono feriti, sensibili sono nel complesso le perdite che hanno costituito il prezzo del successo. Ma sul fronte del Quinto battaglione è battuto e non compierà nessun altro attacco.

    Fra il Settimo ed il Quinto è schierato il Sesto, che non subisce alcun serio tentativo di rottura, ma sopporta enormi perdite per le azioni di bombardamento e nelle azioni di pattuglia che si sviluppano, particolarmente attive, verso il tratto tenuto dal Settimo, a protezione del proprio fianco sinistro. Il Sesto, pur di proteggere il Settimo, come per altre unità, si immolerà.

    Con la fine di ottobre (per quanto riguarda il 186° reggimento) tutto sembra avviarsi ad una relativa calma.
    Il nemico è stato respinto, ma le perdite complessive subite specie nei quadri, sono state gravissime: sono caduti il Vice Comandante del reggimento (Tenente Colonnello Marescotti Ruspoli, fratello del Capitano Ruspoli, comandante della Undicesima Compagnia, anch'egli caduto), il comandante del Sesto battaglione (Maggiore Bergonzi) ed alcuni comandanti di compagnia.
    Sono rimasti feriti fra gli altri il comandante del Quinto battaglione (Maggiore Izzo), l'aiutante maggiore in 1° del reggimento (Capitano Maggiulli), il Capitano medico Guberti.
    I comandi dei battaglioni Quinto e Sesto sono tenuti da Capitani appena promossi, le compagnie in gran prevalenza sono comandate da Sottotenenti di complemento o da Sottufficiali; la forza dei reparti è ridotta a pochissimi uomini. Ma il rimpianto per la perdita di tanti e tanti compagni d'arma è virile.
    Lungi dal reprimere gli animi, esalta in tutti l'orgogliosa fierezza di avere ovunque respinto il nemico combattendo strenuamente.
    La situazione generale impose al comando di Armata di ordinare l'arretramento di tutto il fronte: l'ordine al 186° fu portato dal Vice Comandante della Divisione Generale Bignami alle ore 21:30 del 1 novembre: esecuzione immediata.
    Nuova linea di schieramento da assumersi per l'alba del 2 novembre: Rain Pool-Karet el Kadim; divieto di operare distruzioni che comunque potessero svelare il movimento al nemico; mezzi di trasporto a disposizione per il traino dei pezzi e per il carico di almeno parte delle riserve di munizioni.
    Viveri ed acqua (che erano state accumulate in vista di strenua resistenza in posto) nessuno...
    Tutti si resero conto che cominciava, per il reggimento e per la divisione la più dolorosa vicenda; ma tutti erano decisi a far sì che questa diventasse anche la più gloriosa e restasse leggendaria. La ritirata nel deserto...
    La BBC inglese a battaglia conclusa, l'11 novembre così commenta: "I resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane".

    La ritirata

    La battaglia è ormai vinta per gli inglesi e la via è aperta ai loro carri armati per inseguire il nemico attraverso il deserto ormai sgombro di ostacoli. Rommel si trova ormai in piena ritirata, ma vi sono mezzi di trasporto e carburante sufficienti soltanto per una parte delle sue truppe e i tedeschi si arrogano la precedenza nell’uso degli automezzi.
    Parecchie migliaia di uomini appartenenti alle sei divisioni italiane sono così abbandonate in pieno deserto con poca acqua e poco cibo, e senz’altra prospettiva che quella di essere circondati e spediti nei campi di concentramento. Il campo di battaglia è seminato di carri armati distrutti o inutilizzabili, di cannoni e di automezzi abbandonati.
    L’aviazione tedesca ha rinunciato alla disperata impresa di contrastare la superiorità aerea della RAF, così che l' aviazione inglese operava pressoché indisturbata, attaccando senza tregua con tutte le sue forze le lunghe colonne di uomini e di automezzi che fuggono verso ovest.
    La ritirata sarà un capolavoro del feldmaresciallo, perché nonostante la sconfitta subita Montgomery non riuscirà ad accerchiarlo e a distruggere definitivamente l'Afrika Korps.

    Tuttavia, al termine della battaglia quattro divisioni germaniche e otto italiane hanno cessato di esistere come unità combattenti.
    Gli inglesi catturareranno 30.000 prigionieri con enormi quantità di materiale d’ogni genere.

    Comincia qui l'odissea dei superstiti della battaglia di El Alamein: 3.400 chilometri nel deserto, invano inseguiti dal nemico, fino alla Tunisia .



    Citazioni sull'Eroicità della FOLGORE nella Battaglia di El Alamein

    Nino Arena, dal Libro “FOLGORE”

    “Non un solo drappo bianco. Nessun uomo ha alzato le braccia. 32 ufficiali e 272 paracadutisti, feriti e stremati, erano ancora nei ranghi, con le armi in pugno, in piedi, quando il nemico li ha catturati. Privi di acqua e rifornimenti da sette giorni, e senza munizioni, e dopo avere risposto con l’ennesimo “Folgore!” agli inviti ad arrendersi con le braccia alzate.”

    Inviato inglese di Radio Cairo, Hearth Brighton, 9 settembre 1942

    “Gli italiani si sono battuti molto bene. La Divisione Paracadutisti Folgore, in particolare, ha resistito oltre ogni possibile capacita’ umana ed oltre ogni possibile speranza”.

    Agenzia Reuter, Londra, 11 novembre 1942

    “Ammirevole lo slancio ed il coraggio dei Paracadutisti Italiani della Divisione Folgore”

    BBC, 3 dicembre 1942

    "Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti, esanimi e con le armi in pugno. Nessuno si e’ arreso. Nessuno si e’ fatto disarmare."

    Winston Churchill, 21 novembre 1942, discorso alla Camera dei Comuni, Londra:

    "Dobbiamo davvero inchinarci, davanti ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore"

    El Qattara, Quota 33, sacrario di El Alamein

    "Fra sabbie non più deserte sono qui di presidio per l'eternità i ragazzi della Folgore fior fiore di un popolo e di un esercito in armi. Caduti per un'idea, senza rimpianti, onorati dal ricordo dello stesso nemico essi additano agli Italiani nella buona e nell'avversa fortuna il cammino dell'onore e della gloria. Viandante arrestati e riverisci. Dio degli eserciti accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell'angolo di cielo che riserbi ai martiri e agli eroi."

    Onoreficenze

    I conferimenti al valor militare, seppur con decenni di ritardo... furoni moltissimi.

    Le bandiere di guerra dei tre reggimenti paracadutisti saranno decorate con la medaglia d'oro al valor militare, decine saranno le medaglie d'oro individuali, mentre le croci di guerra e le medaglie di bronzo sfioreranno il migliaio:

    6 Ordini Militari d'Italia

    62 Medaglie d'Oro al valor dell'Esercito

    424 Medaglie di Bronzo

    536 Croci di Guerra



    Onorificenze al Valor Militare alle Bandiere del 185°, 186°, 187° Reggimento "Folgore", medaglia d'oro al valor militare per ognuno dei tre reggimenti.

    Motivo del conferimento:

    “Reggimento paracadutisti della gloriosa Divisione “Folgore”, in unione alle aliquote divisionali ad esso assegnate, per tre mesi, senza soste, si prodigò valorosamente in numerose azioni offensive e difensive stroncando sempre l’impetuosa avanzata del nemico enormemente superiore per numero e per mezzi. Nell’epica battaglia di El Alamein, stremato per le perdite subite, cessato ogni rifornimento di acqua, viveri e munizioni, con la fede che solo il più sublime amor di Patria può generare, respingeva sdegnosamente, al grido di "Folgore" ripetuti inviti alla resa, dimostrando in tal modo che la superiorità dei mezzi poteva soverchiare i paracadutisti d’Italia, piegarli mai. Attraverso innumerevoli episodi d’eroismo collettivi ed individuali, protraeva la resistenza tino al totale esaurimento di ogni mezzo di lotta imponendosi al rispetto ed all’ammirazione dello stesso nemico, scrivendo così una delle pagine più fulgide di valore per l’Esercito italiano.”

    Africa Settentrionale, 22 luglio - 12 ottobre 1942; Battaglia di El Alamein, 23 ottobre - 6 novembre 1942.


    Di seguito alcune medaglie individuali.

    Curiosa la sorte dei fratelli Ruspoli, aristocratici, figli dell'’allora ambasciatore italiano in Belgio.
    Non si sottrassero (e avrebbero potuto farlo...) ai rischi dell’'impiego al fronte e per di più si arruolarono volontari nel corpo dei paracadutisti.
    Marescotti e Costantino Ruspoli, rispettivamente Tenente Colonnello vice comandante del 186° Reggimento il primo, Capitano il secondo, comandante della Undicesima Compagnia Paracadutisti, entrambi cadranno eroicamente durante i furiosi combattimenti, nel giro di un paio di giorni di distanza l'uno dall'altro. Per tale azioni sono stati decorati, entrambi, con la medaglia d'oro al valor militare.



    Capitano Costantino Ruspoli principe di Poggio Suasa, 187° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:


    "Comandante di compagnia paracadutisti impiegata come fanteria nella difesa di un importante caposaldo isolato nel deserto, benché ammalato, sosteneva una poderosa preparazione di artiglieria e poi l’attacco di forze corazzate nemiche soverchianti che contrattaccava con indomito coraggio. Mentre il nemico sorpreso da tanta bravura ripiegava coi suoi carri, non avendo potuto né sopraffare e neppure fiaccare l’eroica resistenza dei difensori, il prode comandante alla testa della compagnia decimata cadeva nel contrassalto colpito al petto da una raffica di mitragliatrice e trovava ancora la forza di gridare ai suoi uomini « Evviva l’italia ». Fierissimo comandante ed esemplare soldato contribuiva a formare intorno al nome della Divisione « Folgore » un alone leggendario di gloria."

    Deir El Munassib (Egitto), 26-27 ottobre 1942.


    Tenente Colonnello Marescotti Carlo RUSPOLI principe di Poggio Suasa, 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Comandante di raggruppamento paracadutisti, due volte ferito nell'attraversare i campi minati e, per quanto tormentato da malattia, restava in linea con i suoi prodi. Attaccato da preponderanti forze corazzate, presente dove maggiormente infuriava la lotta, calmo ed impassibile sotto il bombardamento dell'artiglieria, era l'anima della resistenza e di fulgido esempio ai suoi dipendenti. Colpito a morte, chiudeva eroicamente un'esistenza di intrepido soldato e di fierissimo comandante tutta dedicata alla grandezza della Patria.

    Passo del Cammello (Egitto), 24 ottobre 1942.


    Tenente Ferruccio Brandi - 187° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Comandante di plotone paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava ed incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo la posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi superstiti, li guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare indietreggiare le fanterie avversarie seguite dai mezzi corazzati. Nuovamente attaccato da carri, con titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni anticarro, nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell'ardita impresa veniva colpito da raffica di mitragliatrice che gli distaccava la mandibola; dominando il dolore si ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante, orrendamente trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli alla lotta, tra fondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e col suo elevato spirito combattivo salvava la posizione aspramente contesa e, protraendo la resistenza per più ore, oltre le umane possibilità, s'imponeva all'ammirazione dello stesso avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e orgogliosi, chiesero per lui la più alta ricompensa.

    El Munassib (Egitto), 24 ottobre 1942.


    Tenente Marco Gola - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    Ufficiale di artiglieria paracadutista di elette qualità professionali e morali chiedeva di far parte di un battaglione paracadutisti. Ricoverato in luogo di cura per malattia contratta a causa dei disagi della vita del deserto, fuggì dall'ospedale per partecipare ai combattimenti in cui il battaglione era impegnato. Più volte, sotto rabbioso tiro nemico rimase calmo, in piedi, a dirigere il tiro dei propri mortai sublime esempio ai suoi paracadutisti. Durante un violento e pericoloso attacco di prevalenti forze nemiche preceduto da lungo ed intenso tiro di preparazione d'artiglieria appoggiato da carri armati e diretto al fianco ed al tergo del battaglione sostituiva col tiro accelerato dei suoi mortai il fuoco di sbarramento di artiglieria venuto a mancare, continuando a martellare il nemico durante la sua avanzata ed incurante del violento fuoco di controbatteria cui era sottoposto. Delineatosi il contrattacco dei paracadutisti italiani, di iniziativa, riuniva i propri serventi e si scagliava contro il nemico disorientandolo. Ferito due volte, continuava a combattere; ferito una terza volta e mortalmente, rifiutava energicamente di essere soccorso dai suoi paracadutisti accorsi e li incitava ancora al combattimento. Consapevole della sua prossima fine, rimaneva sereno e forte e dichiarava solo di essere fiero che il battaglione avesse assolto il compito affidatogli. Spirava poche ore dopo, chiudendo gloriosamente la sua generosa esistenza.

    Naqb Rala (Egitto), 23-24 ottobre 1942.


    Sottotenente Giovanni Gambaudo - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Comandante di centro avanzato attaccato da preponderanti forze corazzate e motorizzate, per tutta la notte, con il tiro delle proprie armi, riusciva ad inchiodare il nemico davanti alle sue posizioni, arrestandone lo slancio offensivo, e causandogli forti perdite.
    All'alba, per quanto ferito, con i pochi superstiti, si lanciava al contrassalto, per alleggerire la pressione sui centri di resistenza laterali.
    Ricacciato nel suo centro dall'azione dell'artiglieria nemica, ormai quasi privo di uomini, ferito una seconda volta, riprendeva personalmente il fuoco con le armi rimastegli. Ferito per una terza volta ed intimata gli la resa, rifiutava; ritto in piedi, sparava l'ultimo caricatore di moschetto sul nemico, e colpito una quarta volta, moriva al suo posto di combattimento gridando: "La Folgore muore ma non si arrende! Viva l'italia!"

    Qaret el Himmeimat (Egitto), 23 -24 ottobre 1942.


    Sergente maggiore Dario Pirlone - 185° rgt. artiglieria paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:


    "Comandante di un pezzo anticarro impegnato da forte formazione di carri armati di fanteria nemica, riusciva, dopo strenua lotta, ad infliggere al nemico sensibili perdite, catturando con ardita mossa l'equipaggio di un carro colpito. Successivamente, avuto immobilizzato il pezzo, feriti i suoi serventi, ferito egli stesso gravemente alle gambe, incitava i dipendenti a non perdersi d'animo ed a continuare a combattere con le bombe a mano ed i pugnali. Sopraffatto dal nemico, irrompente nella postazione, vincendo lo strazio del suo corpo martoriato, sorreggendosi con uno sforzo supremo sulle gambe maciullate, scaricava la pistola sul nemico e gridando: "Voi non mi avrete vivo Viva l'Italia", cadeva da prode.

    El Alamein (Egitto), 24 ottobre 1942.


    Tenente Roberto Bandini - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Comandante di un centro di fuoco sulla linea di resistenza, attaccato da preponderanti forze motorizzate sostenute dall'intenso efficace tiro di artiglieria, reagiva con perizia e valore riuscendo ad arrestare l'impeto nemico e a ristabilire la situazione con audace contrassalto. Ferito, continuava a mantenere il comando del centro sottoposto alla pressione nemica. Attaccato nuovamente, resisteva imperterrito a malgrado delle gravi perdite subite e quindi contrassaltava con violenza. Gravemente ferito una seconda volta, persisteva nell'impari lotta alimentando lo spirito combattivo dei suoi valorosi paracadutisti col suo eroico esempio. Colpito per la terza volta protraeva l'azione, culminante in epica mischia all'arma bianca, finché cadeva sull'estremo lembo della posizione da lui contesa all'avversario per tre giorni con ammirabile tenacia.
    Purissimo esempio di leggendario eroismo, chiudeva la sua giovane esistenza al grido di "Avanti la Folgore. Viva l'Italia".

    Quota 125 di Qaret el Him meimat (Egitto), 23-25 ottobre 1942.


    Paracadutista Giuseppe Cappelletto - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Portaordini di un centro avanzato attaccato da ingenti masse corazzate nemiche, si spingeva audacemente in avanti fin dall'inizio della lotta per poter dare sicure informazioni. Ferito persisteva nel suo compito e rientrava poi portando sulle spalle un compagno ferito più gravemente di lui. Medicato sommariamente, rifiutava di allontanarsi e rimaneva al suo posto di combattimento. Rimasto il suo centro isolato, si offriva per riferire al comandante di compagnia sulla situazione e, in terreno piatto, completamente scoperto, sotto lo infuriare del tiro nemico, compiva anche questa seconda missione e, benché nuovamente ferito, rientrava ancora al suo centro per riprendere la lotta. Completamente accerchiato il centro, costretto con i superstiti all'ultimo limite della trincea, caduti tutti i graduati, era ancora l'anima della resistenza e, rifiutata la resa, continuava la lotta, fino a che una granata, colpendolo in pieno, non ne stroncava la eroica resistenza."

    Quota 125 di Qaret el Himmcimat (Egitto), 23-25 ottobre 1942.


    Paracadutista Gerardo Lustrissimi - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Lanciafiammista addetto allo sbarramento del varco di un campo minato, attaccato da preponderanti forze, sotto violento e continuo fuoco dell'artiglieria, per oltre 24 ore si prodigava in ogni modo con il suo speciale mezzo di lotta per impedire il transito dei carri armati dell'avversario. Esaurito il liquido da lanciafiamme, continuava a combattere, lanciando bottiglie anticarro, fino a che caduto ferito, veniva catturato dall'avversario. Appena riavutosi, con un piccolo gruppo di compagni impegnava con audace corpo a corpo le sentinelle, e riusciva a rientrare nelle nostre linee. Ripreso il suo posto di combattimento e colpito nuovamente persisteva nella strenua impari lotta. Esaurite le munizioni, stretto da vicino da carri armati che irrompevano ormai attraverso il varco, sdegnoso di arrendersi, dissotterrava una mina e, a tre metri di distanza, la lanciava sotto il carro armato di punta che veniva distrutto dall'esplosione, investito dalla vampata e dalle schegge trovava gloriosa morte. Fulgido esempio di supremo eroismo nella luce delle più pure virtù guerriere."

    Egitto, 23-25 ottobre 1942.


    Sergente paracadutista Nicola Pistillo - 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Nel corso di un'accanita e sanguinosa battaglia, destinato con la sua squadra alla difesa di un'importante posizione, per quanto duramente attaccato, resisteva tenacemente con successo per oltre 24 ore. Accortosi che l'avversario con ingenti forze corazzate e con truppe di assalto stava circondando e sopraffacendo un centro di fuoco al suo fianco, di iniziativa, portava un gruppo di uomini a soccorso dei compagni pericolanti e con grande ardimento, all'arma bianca ed a colpi di bottiglie anticarro, riusciva a rompere il cerchio degli attaccanti e, benché ferito, ad entrare nella posizione. Quivi, trovato morto l'ufficiale comandante, riuniva i pochi difensori superstiti e li portava al contrassalto ricacciando l'avversario. Nuovamente ferito rimaneva al suo posto. In un nuovo improvviso ritorno offensivo dell'avversario rifiutava di arrendersi e, gridando ai suoi uomini: "La Folgore muore, ma non si arrende", li portava ancora una volta all'assalto, ma colpito gravemente cadeva sulla posizione tanto tenacemente difesa. Eroica figura di comandante animatore e trascinatore di uomini."

    Egitto, 23-25 ottobre 1942.


    Caporal maggiore Ponzecchi Dario, 185° rgt. artiglieria paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Posto di vedetta oltre un campo minato per prevenire la rimozione delle mine, durante un intenso tiro a nebbiogeni, avvertiti rumori, avanzava fra la nebbia per accertamenti. Caduto in una imboscata, impegnava accanita lotta corpo a corpo invitando ad alta voce i difensori della posizione retrostante ad aprire il fuoco sulla zona dove lui si trovava ad evitare che le mine venissero rimosse, immolava così la sua giovane esistenza, mirabile esempio di elevato senso del dovere e di stoica fermezza."

    Africa Settentrionale, 26 ottobre 1942.


    Capitano Gastone Simoni, 187° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Volontario in reparti paracadutisti, celava stoicamente le sofferenze di precedente infermità di guerra per non allontanarsi dai suoi uomini, in durissima battaglia, comandante di compagnia, sosteneva con indomita fermezza per più giorni consecutivi sotto incessanti bombardamenti terrestri ed aerei l'urto di fanteria e mezzi corazzati nemici, costringendoli sempre a ripiegare. Vista la gravità del pericolo che correva l'intero schieramento, decideva con fulminea prontezza di contrassaltare; fatto impugnare le bottiglie incendiarie dai pochi uomini rimasti, con ardimento sovrumano si avventava alla loro testa contro carri armati infiltratisi, riuscendo ad arrestarne alcuni ed a ricacciare gli altri. Nell'inseguirli oltre la cerchia del caposaldo, cadeva colpito a morte, coscientemente sacrificandosi per la salvezza del settore in un atto di disperata audacia, il solo che in quella tragica situazione poteva ricacciare ancora una volta il nemico. Altissimo esempio di consapevole dedizione al dovere."

    Egitto, 23-27 ottobre 1942.



    Paracadutista Giacomo Cesaroni, 187° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Staffetta portaordini di compagnia, durante un intensissimo e tambureggiante fuoco di preparazione di artiglieria nemica, assicurava i collegamenti del comando con i vari centri di fuoco. Nel corso dell'attacco, benché ferito e grondante di sangue, portava a termine rischiose missioni.
    Nuovamente ferito rifiutava ogni soccorso e si offriva pel recapito di un messaggio al comando del battaglione. Al ritorno, ferito una terza volta nell'attraversare una zona scoperta molto battuta, pur immobilizzato negli arti inferiori, a forza di sole braccia e reggendosi sui gomiti, si portava al comando di compagnia e consegnava l'ordine ricevuto. Sentendo prossima la fine, al proprio comandante che lo sorreggeva dichiaravasi felice d'offrire la vita per l'Italia ma dolente di non poterla più servire."

    Deir El Munassib (Egitto), 29 ottobre 1942.


    Paracadutista Leandro Franchi, 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Volontario di guerra, in numerose azioni rischiose era sempre di esempio e di incitamento ai propri commilitoni di squadra. Durante un attacco avversario compiuto con poderosi mezzi corazzati, sopraffatto il suo reparto, rimaneva ferito in diverse parti del corpo e cadeva prigioniero. Nonostante la menomazione fisica riusciva, dopo cruenta lotta con sentinelle attaccanti, a liberare diversi camerati catturati e, dopo inauditi sforzi, a raggiungere le nostre linee con un ufficiale gravemente ferito portato sulle spalle ed un altro, rimasto cieco, guidato per mano. Nuovamente catturato durante violento combattimento, tentava ancora di fuggire ma veniva gravemente ferito. Ripresa conoscenza, s'impossessava di una rivoltella di un caduto e impegnatosi in epico corpo a corpo, riusciva, all'estremo delle sue forze, a rientrare al suo reparto. Paralizzato degli arti destri, quasi cieco, resterà nel tempo, mirabile esempio di nobile altruismo e spiccato valore personale."

    Egitto, novembre 1942.


    Tenente Giovanni Starace, 187° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:


    "Allievo paracadutista, vibrante di entusiasmo e di fede, perduti il braccio e la spalla sinistra in esercitazione, conscio del pericolo cui si esponeva, insisteva fino ad ottenere di proseguire i lanci per essere pari agli altri nei pericoli, nei disagi, nella lotta. Inabile alle fatiche di guerra, ma animato dal più alto spirito guerriero, seguiva la sua divisione paracadutisti al fronte, dove prodigandosi con perizia, ardimento e profondo senso del dovere nei difficili e vitali compiti assegnatigli, costituiva con l'esempio fiamma vivente di patriottismo, di fede e di abnegazione. In un momento assai critico della battaglia, accerchiata la divisione da preponderanti forze nemiche, superava con sforzo sovrumano per più giorni e notti consecutive, ostacoli e stenti di ogni sorta per porre in salvo preziosi materiali affidatigli. Durante un più intenso bombardamento nemico, abbandonati a rischio della vita gli occasionali ripari si slanciava generosamente in soccorso di un grave ferito riuscendo con il braccio superstite a trarlo a salvamento. Colpito egli stesso alla testa cadeva privo di sensi. Soccorso e trasportato in un ospedaletto da campo, trovava ancora la forza di insistere con sublime ostinazione per tornare al proprio reparto."

    Egitto, luglio-novembre 1942.


    Caporal maggiore Antonio Andriolo, 186° rgt. paracadutisti, Divisione "Folgore", motivo del conferimento:

    "Comandante di squadra mortai da 81 posta a guardia del varco di un campo minato, durante dura e violenta battaglia si prodigava per otto giorni nell'impiego tempestivo delle armi tenendo altissimo coi suo esempio il morale dei suoi uomini contro gli accaniti e reiterati sforzi del nemico diretti ad impadronirsi del varco. Ferito, rifiutava ogni cura e rimaneva al suo posto. In fase di ripiegamento, al nemico che con altoparlanti invitava alla resa offrendo a quel pugno di uomini l'onore delle armi, rispondeva col fuoco dei mortaio mettendo in fuga i mezzi esploranti che si avvicinavano alla postazione. Fatto segno alla intensa reazione di fuoco, incitava i compagni a resistere ed usciva dalla postazione allo scoperto per meglio dirigere il tiro, in questo supremo tentativo cadeva colpito da una granata.
    Ai compagni accorsi per soccorrerlo indicava nell'agonia gli elementi nemici contro cui dirigere il fuoco e spirava ordinando ancora: "Sparate!". Sublime esempio di dedizione al dovere, spinta oltre la vita"

    Quota 125 di Qarct ci Himmeimat, Quota 146 di Rain Pool, (Egitto) 23 ottobre-4 novembre 1942.


    Capitano Vittorio Piccinini, 133° reggimento carrista - Divisione Ariete


    "Comandante di compagnia carri M. 14/41, a malgrado della critica situazione tattica, dei mezzi inadeguati, delle condizioni ambientali particolarmente difficili, la guidava con superbo slancio all'attacco di soverchianti forze corazzate, contribuendo, con abile manovra e singolare audacia, ad un netto successo. Caduti i tre quarti degli ufficiali e lo stesso comandante di battaglione, io sostituiva e, coi carri superstiti, benché il suo fosse stato colpito, incalzava arditamente l'avversario. Gravemente ustionato, ferito alla gola ed al petto e con un braccio stroncato, non desisteva dall'azione alla quale, imperterrito, imprimeva rinnovato vigore col suo eroico esempio e, nella luce della vittoria, immolava la sua vita per l'onore delle armi d'Italia, confermando anche tra i suoi carristi, le salde virtù di comandante capace e valoroso di cui aveva dato prove luminose in precedenti campagne di guerra."

    Egitto, ottobre 1942.


    Sottotenente Pietro Bruno, 132° reggimento carrista - Divisione Ariete


    "Comandante di plotone carri M. 14/41, con indomito valore tracciò ai suoi equipaggi la dura via della vittoria e del sacrificio. In azione di ricognizione offensiva, attaccato da numerosi mezzi corazzati avversari, alla testa del suo reparto, accettava l'impari lotta sopperendo all'esiguità numerica con abili temerarie manovre. Benché ferito alla spalla destra, protraeva con ammirabile tenacia la violenta azione fino al termine dell'ardua missione. Rifiutava quindi decisamente di essere avviato alla base in previsione del nuovo impiego dei suoi carristi. Il giorno successivo impegnato in aspri e cruenti scontri contro soverchianti forze corazzate, sosteneva, pur essendo minorato fisicamente, il formidabile urto alimentando nei propri equipaggi, con la sua serenità e fermezza, spiccato spirito aggressivo. Prescelto per la sua abituale arditezza a proteggere la manovra di sganciamento del battaglione cui apparteneva, si slanciava decisamente col suo plotone rinforzato da una sezione di semoventi, sul fianco del dispositivo avversario. Conscio e fiero della grave missione affidatagli, sdegnando ogni personale pericolo, si sporgeva dalla torretta incitando gli equipaggi a più serrata lotta. Più volte investito da violenta reazione di fuoco avversario insisteva nel suo movimento a fuoco infliggendo gravi perdite al nemico sorpreso da tanto ardire. Ferito alla fronte da scheggia di granata, rimaneva al suo posto di dovere persistendo nella disperata azione. Colpito in pieno il suo mezzo corazzato, trovava gloriosa fine nel rogo del proprio carro divenuto fiammeggiante bara della sua giovinezza generosa ed ardita."

    Bir el Abd (Egitto), 3-4 novembre 1942.


    Tenente Luigi Pascucci, 132° reggimento carrista - Divisione Ariete

    "Comandante di compagnia carristi, negli aspri combattimenti dell'ultima battaglia di El Alamein trasfondeva nel suo reparto eccelse doti di animo e di cuore col costante esempio di cosciente sprezzo del pericolo. Sosteneva con indomita fermezza il compito di proteggere il fianco sinistro dello schieramento reggimentale pressoché accerchiato dalla dilagante massa di mezzi corazzati avversari, consentendo così agli altri reparti l'esecuzione dell'ordine di ripiegamento. Conscio della necessità di arginare, anche per poco tempo, l'avanzata dell'avversario, nonostante l'infernale bombardamento, e incurante della schiacciante superiorità dei nemico, alla testa degli undici carri superstiti si avventava in mezzo alla formazione avversaria costringendola ad arretrare in disordine e con gravi perdite, seguito, nel supremo consapevole sacrificio, dall'emulazione dei suoi eroici soldati. Il campo della cruentissima lotta non restituì le loro spoglie, ma rimasero i dilaniati relitti dei loro carri a testimoniare la sublime, disperata impresa e ad additarli ad esempio dello spirito di sacrificio, di abnegazione e di cameratismo spinto alle più alte vette dell'eroismo."

    Bir el Abd-Fuka (Egitto), 4-5 novembre 1942.
    Ultima modifica di condoralex; 25-10-13 alle 01: 03
    "Volevo dirle che nella mia lunga vita militare mai avevo incontrato soldati come quelli della Folgore"

    Generale Huges, C.te 44^ Div. britannica, al Generale Frattini, C.te Div. Folgore - 7 Novembre 1942, El Alamein, Egitto

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  2. #2
    Wiseman
    Guest

    Predefinito

    Onori ai Leoni di El-Alamein! Sugli Attenti, un minuto, mentre suona il Silenzio fuori ordinanza.

    E GRAZIE a Condoralex per il lavoro di ricerca e la pubblicazione.
    Solo una nota: come PCD, il Colonnello Caccia Dominioni, comandante il 31mo Btg "Guastatori d'Africa", aggregato alla Folgore nell'epico scontro, fa notare nel suo diario, gli inglesi provarono (ci provò Monty) a sostenere che quell a sud fosse un attacco diversivo, mentre lo sforzo principale si concentrava sul segmento nord del fronte. Ma l'affermazione, non a caso postuma rispetto all'insuccesso, all'insormontabile resistenza opposta sul terreno dai Paracadutisti, si scontra con lo schieramento delle forze inglesi ed alleate che furono scaraventate all'attacco. La cui onda s'infranse.
    Cito testualmente dalla lettera al Visconte Alamein (titolo conferito al Maresciallo Montgomery per riconoscere i suoi pur indubbi meriti nella battaglia), in appendice al diario di PCD:
    "...ambedue gli attacchi furono risolutivi. A nord furono travolti, la notte stessa sul 24 ottobre 1942, due battaglioni tedeschi e tre italiani, ma una resistenza furiosa a tergo per otto giorni impedì a Lei di avanzare, nonostante la documentata proporzione di uno a sei in Suo favore. Al centro, mio Lord, fu piccola giostra, ma quando quel settore ripiegò la Bologna e l'Ariete Le dettero molto lavoro, come già gliel'avevano dato a nord la Trento, la Trieste e la Littorio. A sud il Suo generale Horrocks, comandante il XIII corpo d'armata, avrebbe dunque avuto da Lei l'ordine di fare un'azione dimostrativa. Un ordine c he vorrei vedere con questi occhi miei. Laggiù non c'era bisogno che Ella cercasse la sutura fra tedeschi e italiani, in modo da attaccare solo i secondi, cioè quelli che non avevano voglia di combattere. Pensi che fortuna, mio Lord: niente tedeschi, tutti italiani, proprio come voleva Lei. La Folgore, con altri reparti minori, tra cui il mio.
    Nel Suo volume Da El Alamein al fiume Sangro Ella ebbe l'impudenza di affermare che Horrocks trovò un ostacolo inaspettato, i campi minati: e toglie ogni merito alla difesa fatta dall'uomo; vuol ignorare che quei campi erano stati creati anni prima dagli stessi inglesi, che vi esistevano strisce non minate e sicure, a noi ignote, che permisero ai Suoi carri di piombarci addosso in un baleno, accompagnate da fanterie poderose. Eppure l'enorme valanga, per quattro giorni e quattro notti, fu ributtata alla baionetta, con le pietre, le bombe a mano e le bottiglie incendiarie fabbricate in famiglia (...) Nel breve tratto di tre battaglioni attaccati ella lasciò sul campo seicento morti, senza contare quelli che furono recuperati subito, i feriti gravi che spirarono in retrovia. e questa fu strage da attacco dimostrativo? Come può osare affermarlo? (...) La sua malafede è flagrante, mio Lord. Ella da noi le prese di santa ragione. Io che Le scrivo ed i miei compagni fummo e restiamo suoi vincitori."

  3. #3
    quantico
    Guest

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    Grazie Condoralex per questo bellissimo thread. Grazie!!

    Davanti a tanto eroismo bisogna solo inchinarsi e ricordare, tramandando queste eroiche gesta alle generazioni future. Grazie!

  4. #4
    Maresciallo L'avatar di capodifiume
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    Bello!!!
    Grazie Alex.

  5. #5
    Moderatore L'avatar di gagliardi
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    Gran bel lavoro, Condoralex,
    ma ho come l'impressione che almeno un paio delle motivazioni tu e il buon Domas le conosceste già a memoria
    Rileggendole, mi sono accorto di ricordarle anch'io...
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  6. #6

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    Citazione Originariamente Scritto da Wiseman Visualizza Messaggio
    Onori ai Leoni di El-Alamein! Sugli Attenti, un minuto, mentre suona il Silenzio fuori ordinanza.

    E GRAZIE a Condoralex per il lavoro di ricerca e la pubblicazione.
    Solo una nota: come PCD, il Colonnello Caccia Dominioni, comandante il 31mo Btg "Guastatori d'Africa", aggregato alla Folgore nell'epico scontro, fa notare nel suo diario, gli inglesi provarono (ci provò Monty) a sostenere che quell a sud fosse un attacco diversivo, mentre lo sforzo principale si concentrava sul segmento nord del fronte. Ma l'affermazione, non a caso postuma rispetto all'insuccesso, all'insormontabile resistenza opposta sul terreno dai Paracadutisti, si scontra con lo schieramento delle forze inglesi ed alleate che furono scaraventate all'attacco. La cui onda s'infranse.
    Cito testualmente dalla lettera al Visconte Alamein (titolo conferito al Maresciallo Montgomery per riconoscere i suoi pur indubbi meriti nella battaglia), in appendice al diario di PCD:
    "... Ella da noi le prese di santa ragione. Io che Le scrivo ed i miei compagni fummo e restiamo suoi vincitori."
    Sì sì, ne ero a conoscenza... ma al momento di incollare il pezzo sul forum l'ho omessa erroneamente e non ero più in grado di editare il topic dopo 10 minuti. Hai fatto benissimo a ricordarlo!

    Citazione Originariamente Scritto da gagliardi Visualizza Messaggio
    ...
    ma ho come l'impressione che almeno un paio delle motivazioni tu e il buon Domas le conosceste già a memoria
    Rileggendole, mi sono accorto di ricordarle anch'io...
    Forse (sicuramente... ) ti riferisci alle:
    - Medaglia d'oro al valor militare alla bandiera del 186° Reggimento Paracadutisti Folgore
    - Medaglia d'oro al valor militare alla memoria del Tenente Roberto Bandini


    Ricordo inoltre anche la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria del Tenente Marco Gola.

    Tuttavia, quella di Roberto Bandini, cui la sede del 186° RGT a Siena prende nome (Caserma Bandini), caro @gagliardi, esprime, come dice la motivazione stessa, un vero alone di leggendario eroismo.

    Fatemi aggiungere una nota dolente però su questo topic: desta, come immaginavo, poco interesse da parte delle nuove leve, un pò come tutti i topic di Storia (cosa già successa cuando ho aperto il Topic sul leggendario Armandino Spatafora della Polizia di Stato).

    A parte i "vecchi" del forum, tra cui due moderatori e due presenze "scontate" come @capodifiume e @gagliardi non vedo, purtroppo, partecipazione di giovani.

    La cosa mi rattrista, poichè sono sicuro che se avessi aperto un topic con titolo "aumento straordinari esercito italiano" avremmo avuto interventi da intasamento...

    Un caro saluto a tutti, FOLGORE!!!
    "Volevo dirle che nella mia lunga vita militare mai avevo incontrato soldati come quelli della Folgore"

    Generale Huges, C.te 44^ Div. britannica, al Generale Frattini, C.te Div. Folgore - 7 Novembre 1942, El Alamein, Egitto

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  7. #7

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da condoralex Visualizza Messaggio
    A parte i "vecchi" del forum, tra cui due moderatori e due presenze "scontate" come @capodifiume e @gagliardi non vedo, purtroppo, partecipazione di giovani.

    La cosa mi rattrista, poichè sono sicuro che se avessi aperto un topic con titolo "aumento straordinari esercito italiano" avremmo avuto interventi da intasamento...

    Un caro saluto a tutti, FOLGORE!!!
    Aspetta a parlare! un mio anziano in accademia mi ha detto che è pieno di "folgorati", lì ( è un aspirante cavaliere); magari tra un anno e mezzo anch'io sarò uno di loro. Ci sono, ma non nel forum... In ogni caso, grazie del thread!
    la strada è ancora lunga e tortuosa

  8. #8
    Maresciallo L'avatar di Vasquez
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    Qualcuno di voi mi sa spiegare perché la Folgore ce l'ha tanto con i Bersaglieri? Dei miei amici che stanno nei parà mi dicono che la causa di tutto ciò è la fuga dei fanti piumati durante la Battaglia di El Alamein..a voi risulta?
    Nec recisa recedit

  9. #9
    Wiseman
    Guest

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    Sempre dal Diario di Caccia Dominioni, emerge che le truppe sopravvissute all'attacco - come sempre - si palleggiavano le responsabilità: "è stata la Bologna", "tutta colpa della Pavia".
    Le responsabilità sono, ovviamente, altrove, di carattere strategico: la grande estensione delle linee di rifornimento, senza adeguato supporto logistico (un esercito cammina sul suo stomaco, diceva Napoleone), la mancata presa di Malta, il controllo del Mediterraneo da parte della Marina inglese, l'inadeguata condotta della guerra in mare da parte di Supermarina, la mancanza di aviazione navale, la considerazione della quarta sponda come un teatro minore,... E l'enorme superiorità numerica, uomini e mezzi e rifornimenti, della VIII Armata britannica (mediamente in rapporto di sei contro uno rispetto all'Asse.
    Il resto mi sembrano beghe di cortile

  10. #10
    Maresciallo L'avatar di Vasquez
    Data Registrazione
    Oct 2013
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    534

    Predefinito

    anche perché in nessun libro o documentario viene citata una ritirata dei Bersaglieri..Sono stati tutti eroici,il messaggio della Ariete fa capire tutto....
    Nec recisa recedit

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