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Discussione: UNUCI, Associazioni d'Arma e uso uniforme

  1. #11

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    Non sono riuscito a caricare la foto a cui mi riferivo, ma ho trovato le foto all'indirizzo http://www.criasti.it/Foto/42/Celebr...+Italiana.html

    E a rettifica di quanto scritto erano più di 2 e c'erano anche degli ufficiali.

  2. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da Domenico Visualizza Messaggio
    Apro questa discussione, che spero rimanga a sè stante e non inglobata in altre, perchè ritengo sia di interesse per gli appartenenti al CMV CRI e possa chiarire un aspetto della vita del personale militare CRI in congedo.

    Mi riferiscono all'indosso uniforme previsto dalla SMD-G-010 "Regolamento per la Disciplina delle Uniformi"al Capo II, Uso dell'Uniforme, Sezione VI, Militari della categorie in congedo (artt. dal 31 al 33).

    Ho notizia che i Comandanti di alcuni CdM, disconoscendo quanto normato, impongano al personale militare CRI in congedo - iscritto all'UNUCI e alle Associazioni d'Arma, nel caso dell'uso uniforme come previsto dai richiamati articoli ovvero con le proprie Associazioni - di richiedere a loro tale autorizzazione.

    Una prassi che viene "imposta" anche alle Associazioni d'Arma che se vogliono avere soci del CM CRI impegnati in uniforme in attività con l'Associazione, ad esempio nei gruppi bandiera, debbono farsi carico di richiedere nominalmente la loro partecipazione al CdM competente territorialmente.

    In più, in alcune situazione, viene imposto l'olbligo di rimuovere tutte le insegne del corpo (patch omerale e pettorale) in modo che non si comprenda che il militare in congedo appartiene al CM CRI.

    E' una difficoltà che riscontrate anche voi nei vostri ambiti?

    Una difficoltà tale che mi ha portato a rinunciare, quest'anno, alla mia presenza in uniforme alla Festa della Repubblica.
    E' una cavolata pazzesca !

    Si provi a chiedere di mettere per iscritto a qualche Comandante il fatto di disconoscere la normativa vigente in Italia, impedendo a un iscritto ad un'Associazione d'Arma riconosciuta dal Ministero della Difesa di indossare l'uniforme su autorizzazione della propria Associazione, e riscontrerete che nessuno lo farà.

    Oppure, al negativo, vi consta che mai ci sono state denuncie per usurpazione di titoli ed onori per coloro che, appartenendo ad Associazioni d'Arma, abbiano indossato l'uniforme (quando autorizzati da esse) da parte di qualche Comandante del Corpo Militare?

    Vorrei ricordare, ad esempio, che gli Ufficiali del Corpo che si iscrivono all'UNUCI sono soci "ORDINARI", in quanto nominati Ufficiali con DPR del Presidente della Repubblica (come qualunque altro Ufficiale di Forza Armata), e cioè valgono per loro le stesse regole e leggi degli altri colleghi.

    I Comandanti dei Centri non hanno alcun potere sui colleghi in congedo (proprio perchè in congedo), sulla vita e le decisioni delle Associazioni d'Arma e sulle normative che regolano la vita associativa dei loro soci.
    Ultima modifica di VDG; 09-07-13 alle 11: 32
    Patria e Onore.
    Ferrum Ferro Acuitur.

  3. #13
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    Citazione Originariamente Scritto da VDG Visualizza Messaggio
    I Comandanti dei Centri non hanno alcun potere sui colleghi in congedo (proprio perchè in congedo), sulla vita e le decisioni delle Associazioni d'Arma e sulle normative che regolano la vita associativa dei loro soci.
    Ultima modifica di osidio; 09-07-13 alle 13: 51

  4. #14
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    C'è poco da stare allegri!

    Per rispondere a VDG sono venuto a conoscenza di colleghi del CM CRI, dell'assistenza, che per avere partecipato in uniforme a manifestazioni militari copn le rispettive Associazioni d'Arma, autorizzati dalle stesse, sono stati messi sotto procedimento disciplinare dai rispettici Comandanti di CdM e di prossima radiazione dal Corpo.
    Ultima modifica di Domenico; 17-07-13 alle 15: 01

  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da Domenico Visualizza Messaggio
    C'è poco da stare allegri! ... sono stati messi sotto procedimento disciplinare dai rispettivi Comandanti di CdM e di prossima radiazione dal Corpo.
    Ho l'impressione che la legislazione incalzante radierà prima loro (Comandanti di CdM),
    insieme ai loro accoliti (alias personale "in servizio stabile permanente e spesso senza uno straccio di concorso" dei CdM, nani e ballerine compresi),

    e, personalmente, questo è già grande motivo di allegria!!!
    Il tempo - come sempre - sarà galantuomo.

    P.S.: sarà anche una buona occasione di "testare" quanto veramente valgono la Presidenza Nazionale e i vari Presidenti delle Sezioni UNUCI, Assoarma, e Associazioni d'Arma varie...
    Ultima modifica di osidio; 17-07-13 alle 17: 07

  6. #16

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    Fortunatamente manca poco al 2016 e allo scrostamento dalla poltrona di codesti "comandanti e personale in servizio stabile permanente e senza uno straccio di concorso",e questo, confermo le tue parole,è DAVVERO motivo di allegria per la maggioranza di noi!

    Certo e che fa davvero ridere vedere che, nonostante la situazione irreversibile in cui riversa il corpo,ci siano ancora dipendenti e comandanti che credono che continuando a gambizzare i volontari con il cosidetto "basso profilo" e lo storpiamento dei regolamenti militari sia possibile per loro continuare a tettare dalla tetta CRI.

  7. #17
    Caporale L'avatar di Pik
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    Citazione Originariamente Scritto da Domenico Visualizza Messaggio
    C'è poco da stare allegri!

    Per rispondere a VDG sono venuto a conoscenza di colleghi del CM CRI, dell'assistenza, che per avere partecipato in uniforme a manifestazioni militari copn le rispettive Associazioni d'Arma, autorizzati dalle stesse, sono stati messi sotto procedimento disciplinare dai rispettici Comandanti di CdM e di prossima radiazione dal Corpo.
    Ciao,
    se la vicenda è la medesima della quale ho ricevuto notizie, la faccenda è intricata.

    Pare che colleghi del Ruolo Assistenza si siano presentati in uniforme ad una manifestazione attraverso l'Iscrizione ad una Associazione d'Arma.
    Il personale indossava il dovuto distintivo previsto, ma l'Associazione d'Arma (pare) non abbia comunicato i nominativi dei propri iscritti all'Autorità Competente.
    I colleghi non si sono fatti dare copia della comunicazione suddetta (che pare effettivamente non ci sia).

    Al di là dell'appartenenza ai ruoli del CMCRI o meno; a nessun militare in congedo è consentito di partecipare in uniforme alle attività previste da SMD-G-010 (negli Artt. riferiti al personale in congedo), senza che l'Associazione d'Arma abbia inviato l'elenco dei propri iscritti all'Autorità competente.

  8. #18
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    La SMD-G-010 fa riferimento ad una comunicazione in carico alle Associazioni Combattentistiche e d'Arma - ma è possibile anche fare una comunicazione in proprio, segnalandosi Aall'Autorità militare competenete territorialmente.

    Nel caso in specie, quindi, la colpa è in carico al Presidente dell'Associazione che ha omessa la comunicazione o al singolo che, segnalatosi all'Associazione, non si è accertato di avere in mano copia dell'avvenuta comunicazione?

    Ma siete certi, conoscendo il mondo delle Associazioni d'Arma, che tali comunicazioni siano sempre e puntualmente fatte?

    Di contro, però, non viene stabilità alcuna pena in relazione a meno che non si voglia invocare l'applicazione del disposto del Codice Penale al Capo III Art. 498

    Usurpazione di titoli o di onori

    Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la multa da lire duecentomila a due milioni. Alla stessa pena soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente. La condanna importa la pubblicazione della sentenza.

    Ma i colleghi hanno usurpato titoli ed onori? Non mi sembra proprio, visto che militari lo sono anche se in congedo.

    Allora a chi, come e dove compete l'accertamento della violazione della disposizione richiamata dalla SMD-G-010?

    Può un Comandante di CdM expost procedere disciplinarmente nei confronti di suo personale in congedo quindi fuori dalla sua giurisdizione, solo sulla base di una foto o di una segnalazione (di chi?)?

    ---------------------Aggiornamento----------------------------

    Al riguardo, appare interessante questo articolo, comparso qualche anno fa, su una rivista di softair.

    **EDIT dello STAFF - vietato l'inserimento di link a siti non istituzionali, in special modo se rimandano ad altri Forum**
    ---------------------Aggiornamento----------------------------

    [/COLOR]Qualche elemento è riscontrabile nel CPMP http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/IS...40407_CPMP.pdf
    Ultima modifica di Matty91; 18-07-13 alle 15: 21

  9. #19
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    Chiedo scusa allo staff, mi ero scordato della norma prevista nel Regolamento. Posto l'articolo, il cui contenuto penso possa essere utile alla discussione in corso.


    QUANDO L’ABITO FA IL MONACO

    (Articolo tratto da Soft Air Adventures n. 105, giugno 2007)

    di Fabrizio "Nibbio" Paolini

    Le norme di legge sull’uso di uniformi e distintivi militari

    Uniforme o divisa?

    Tradizionalmente, il mondo militare italiano, per descrivere il proprio abbigliamento, tende ad avvalersi della parola uniforme. In effetti, il termine è abbastanza immediato (l’uniformità è sinonimo di uguaglianza e di ordine), dato che deve descrivere capi di vestiario sostanzialmente identici per tutti gli appartenenti, o per lo meno per gli appartenenti a macro-aree interne alle forze armate. Per il resto, come noto, le distinzioni tra i soggetti operanti nelle varie armi avvengono attraverso fregi, distintivi, mostrine e, naturalmente, gradi.
    Personalmente, ritengo inesatto il termine, che, se sul piano linguistico è ineccepibile, in realtà trasforma una caratteristica di certi capi d’abbigliamento (l’essere uniformi, cioè uguali, appunto) in un sostantivo. Più corretto ritengo invece il termine divisa, il quale, pur nascendo anch’esso da un dato di fatto (una divisione dell’abito in parti e colori specifici, con un certo schema riconoscibile sul campo di battaglia o idoneo a distinguere l’appartenenza di chi si vi abbiglia), ha valenza molto più antica. Ad esempio, già i legionari romani usavano “divise” e, nel corso dei secoli, più o meno tutte le formazioni da combattimento hanno cercato di darsi, per ragioni soprattutto di identificazione, degli abbigliamenti distintivi per taglio, colore eccetera. Nel XVII secolo, con i primi eserciti strutturati, e soprattutto nel XVIII secolo, con Federico il Grande, si arriva infine all’uniformità che caratterizza ulteriormente la divisa, usata su scala più ampia e in favore di armate più “nazionali”. Solo per ribadire la priorità del termine divisa, ricordo che il re di Prussia impose un “taglio” (un’altra “divisione” o “divisa”) dell’abito particolare con alcuni dettagli, come ad esempio i bottoni sui polsi, ancor oggi presenti come elemento decorativo nelle giacche anche non militari.
    Lasciando alle pubblicazioni e agli esperti di settore ulteriori ragguagli storici e, naturalmente, correzioni e/o opinioni diverse dalla mia, aggiungo, per concludere il discorso, che entrambi i termini (divisa e uniforme), senza troppe complicazioni, hanno trovato spazio anche nel mondo non militare per identificare l’abbigliamento di chi deve farsi identificare dal pubblico (come gli uscieri, i bigliettai, i ferrovieri eccetera) o in particolari ambienti, come ad esempio quello sportivo, che qui più interessa.
    Tutta questa premessa serve infatti a introdurre il tema di questo mese, ossia l’approfondimento sull’abbigliamento del softgunner, che, per le sue ben note peculiarità simulative (se non addirittura d’identità) degli equipaggiamenti militari, può creare dei problemi anche seri ai praticanti il soft air.

    Cosa dice la legge
    A supporto della mia visione “linguistica” del problema, richiamo il contenuto dell’art. 498 del Codice Penale, che sanziona amministrativamente, in quanto illegittima, l’usurpazione di titoli, dicitura rappresentativa non solo di particolari titoli o crediti pubblici e/o privati esibiti ma non posseduti da qualcuno, ma anche qualsiasi altro segno distintivo, abbigliamento incluso, dotato di una certa autorevolezza e/o importanza. Il testo normativo sostiene che:

    Chiunque… abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario… è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154,00 ad euro 929,00.



    Per le ragioni che dirò, ritengo importante riportare un estratto anche del 2° comma di questo articolo che precisa:

    Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o… titoli, decorazioni… ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni indicati nella disposizione precedente…

    In primo luogo bisogna capire perché esista nel Codice Penale una norma simile. Al di là del voler tutelare specifici interessi di settore (si pensi al caso dell’esercizio di una professione), la finalità dell’articolo è quello di garantire la cosiddetta “fede pubblica”, ossia, nello specifico, la positiva convinzione comune che un certo segno, abito o titolo indichino un soggetto preciso, in genere incaricato di attività di valenza e utilità pubblica. L’uso improprio o non autorizzato possono ingannare questa convinzione, con prevedibili conseguenze sia formali (s’ingenera, ad esempio, confusione nella gente con perdita di credibilità del soggetto o dell’amministrazione che realmente può esibire i segni distintivi) che sostanziali (ci si avvale di certi segni e abbigliamenti per ingannare il pubblico, avendo intenti, ad esempio, criminosi).
    Insomma, quando si gioca a soft air, l’art. 498 e la sua sanzione potrebbe applicarsi a chi si “veste” con un abbigliamento qualificabile come “divisa”, anche se essa non è completa, essendo sufficiente, per la commissione del fatto, l’uso anche di meri accessori come fregi, mostrine, gradi eccetera.
    A chiarimento della portata dell’articolo, corre obbligo di precisare che non ha alcun valore la giustificazione, eventualmente opposta da chi si veste “da militare”, del contesto privato in cui ciò sia avvenuto, oppure la mancanza di esibizione pubblica. Chi si abbiglia realisticamente con fregi e/o mostrine autentici, anche se sta giocando in una proprietà privata e non aperta al pubblico, è comunque perseguibile. Infatti, se è vero che il 1° comma dell’art. 498 sanziona il porto abusivo in pubblico, ossia in presenza di un gruppo indeterminato e non conosciuto di soggetti, ciò non ha valore esclusivo o limitante della norma, in realtà ampliata dal citato 2° comma dell’articolo, che, sanzionando il puro e semplice “arrogarsi” un certo comportamento – ossia il solo fatto di porlo in essere volontariamente per indurre altri in errore – fa sì che, ovunque e in qualunque contesto, il trasgressore possa essere sanzionato (in questo senso ha indirizzato la Corte di Cassazione, V Sezione Penale, con la sentenza n. 5534/99). A onor di cronaca, non sono mancate anche valutazioni di senso opposto (Cass. Pen., sez. V, n. 401/70), in cui si è ridimensionata la portata del concetto sostenendo che il termine “arrogarsi” «implica anche il fare mostra pubblicamente od in relazione con estranei», per cui non sarebbero punibili i comportamenti “usurpativi” tenuti nel privato e lontano da folle travisabili. Spiace, però, ricordare che tale indirizzo (radicato nel 1970) è ritenuto, oggi, minoritario e di scarsa applicabilità.

    Le conseguenze per i softgunner
    Da quanto fino ad ora esposto appare chiaro che l’art. 498 è abbastanza insuperabile e ritengo, seppur nella consapevolezza che i casi in cui è stato applicato al soft air sono veramente rari, che sia meglio non abusare della Provvidenza. Per voler dare qualche suggerimento, ritengo che:

    • sia bene chiamare sempre le cose con il loro nome, per cui il softgunner non indossa mai né una divisa militare né, tanto meno, un’uniforme, bensì, al massimo, porta una divisa sportiva, scelta di concerto con altri componenti del suo club, oppure usa un equipaggiamento di gioco, espressione dall’ampia valenza e, pertanto, poco censurabile. Se proprio non se ne può fare a meno, consiglio comunque, al di là della mia personale opinione sul tema, di usare la parola divisa: in Italia, infatti, come detto, il nostro mondo militare ama di più servirsi dell’uniforme.

    • Lasciamo perdere fregi, distintivi, mostrine e gradi realistici ed equivocabili. Molto meglio e, sinceramente, più significativo realizzare propri patch e segni distintivi, i quali, incontestabili sotto il profilo penale (a meno che non siano diversamente offensivi od osceni... ma questo è un altro tema) hanno anche il vantaggio, se esteticamente validi, di valorizzare l’immagine dell’associazione che li adotta.

    Distintivi stranieri e/o storici
    Qui la questione è un po’ più complicata, visto che l’art. 498 è nato in terra Italiana e per le simbologie (e non solo) italiane. Notoriamente, i softgunner fanno largo ricorso, per denominazioni e distintivi, al mondo militare di altre nazioni, quello americano e britannico in particolare. Nulla di male: in fondo, buona parte anche delle innovazioni tecnologiche usate sui campi di gioco vengono proprio da queste nazioni, che hanno il costante pregio di valorizzare molto la coreografia bellica, sia essa vera che simulata. Tuttavia, un eccesso di quest’uso potrebbe causare l’applicazione del testo normativo in oggetto. Ho precisato, infatti, che il bene tutelato dall’art. 498 è soprattutto la “fede pubblica” e non l’onore di un certo gruppo sociale, tant’è che il 2° comma amplia il concetto, prevedendo la sanzione anche in contesti privati dove ci si “arroghi”, con finalità illusorie, diritti e titoli (o, meglio, la rappresentazione di diritti e/o titoli) inesistenti. Come detto, l’”arrogarsi” ha un valore giuridico preciso e non va confuso con la mera vanteria dozzinale o goliardica, notoriamente praticata da alcuni picareschi personaggi che animano il mondo del soft air.
    Insomma, bisogna guardare al caso concreto, tale che, se dall’uso di certi abbigliamenti e mostrine stranieri si possono creare le premesse per una turbativa di pubblico, allora il rischio di essere sanzionati è serio; diversamente, si potrà essere additati (soprattutto dai consueti denigratori) come fanfaroni o esaltati, ma senza particolari conseguenze ex art. 498 del Codice Penale.
    Altra questione è quella dell’uso di divise e insegne storiche. Tendenzialmente, proprio per il loro valore storico e non più attuale, esse non ricadono mai nel disposto dell’art. 498, poiché l’assenza di contemporaneità, purché riconoscibile e non equivocabile, scrimina il comportamento di chi le indossa. Inoltre, questi capi d’abbigliamento e i loro corredi vengono indossati in situazioni e contesti particolari, come quello degli specialisti di reenactment, filone storico affatto diverso dal soft air, e forte di un indiscusso valore culturale. Potrebbero esserci, casomai, alcuni problemi per l’uso delle decorazioni, che, seppur datate, hanno sempre un valore contemporaneo, essendo state rilasciate ad personam come segno di apprezzamento e merito per la partecipazione ad eventi di particolare valore militare o sociale o per servizi resi alla patria. In ogni caso, senza negare alcuna possibilità, vedo assai improbabile che dei softgunner indossino abusivamente medaglie autentiche sui campi di gioco o ne facciano mostra in pubblici eventi. Potrebbe essere (in realtà è già accaduto) più facile, invece, che qualcuno ecceda nel fregiarsi di mostrine e distintivi storici dal significato piuttosto esplicito, magari applicandoli ad una mimetica o ad equipaggiamento contemporanei. In questo caso, la tematica si sposta sul piano politico e, al di là del buon senso e del buon gusto che dovrebbero impedire certi sfoggi inappropriati e non utili al soft air, il rischio “giuridico” è d’incappare in denuncie per ipotesi di reato collegate all’eversione o, più genericamente, al turbamento dell’ordine pubblico. È vero che poi tutto finisce in una bolla di sapone, ma essere indagati per avere esagerato nel vestirsi provocatoriamente, anche per i tempi che corrono, mi par proprio da cretini.
    Ultima modifica di Domenico; 18-07-13 alle 17: 35

  10. #20
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    Citazione Originariamente Scritto da Pik Visualizza Messaggio
    Ciao,
    se la vicenda è la medesima della quale ho ricevuto notizie, la faccenda è intricata.

    Pare che colleghi del Ruolo Assistenza si siano presentati in uniforme ad una manifestazione attraverso l'Iscrizione ad una Associazione d'Arma.
    Il personale indossava il dovuto distintivo previsto, ma l'Associazione d'Arma (pare) non abbia comunicato i nominativi dei propri iscritti all'Autorità Competente.
    I colleghi non si sono fatti dare copia della comunicazione suddetta (che pare effettivamente non ci sia).

    Al di là dell'appartenenza ai ruoli del CMCRI o meno; a nessun militare in congedo è consentito di partecipare in uniforme alle attività previste da SMD-G-010 (negli Artt. riferiti al personale in congedo), senza che l'Associazione d'Arma abbia inviato l'elenco dei propri iscritti all'Autorità competente.
    Tutto giusto.

    Il militare in congedo autorizzato all'indosso dell'uniforme da parte della propria Associazione d'Arma può indossare l'uniforme.

    L'Associazione d'Arma, dal canto suo, deve comunicare al Comando militare ove si svolge la manifestazione, addestramento, gara militare, la sua presenza per l'evento.

    Evidentemente, per non discriminare coloro che, militari in congedo, non sono iscritti ad alcuna Associazione d'Arma, tale notifica la può fare anche il singolo.

    Il militare in congedo così autorizzato, sulla uniforme (mimetica o ordinaria, dipende dalle situazioni), senza rimuovere stellette, grado o fregio di appartenenza alla Forza Armata, Corpo o Arma di provenienza dalla quale è in congedo, deve ricordare di apporre il distintivo stabilito da SMD per distinguerlo dal personale in servizio attivo.

    Gli unici militari delle categorie in congedo a non potere usufruire di tale onore sono quelli appartenuti ai Corpi militari di polizia (ad es. Carabinieri) e ai corpi di Polizia militarmente organizzati (e ciò per evidenti ragioni di ordine pubblico).

    ---------------------Aggiornamento----------------------------

    Citazione Originariamente Scritto da Domenico Visualizza Messaggio
    Chiedo scusa allo staff, mi ero scordato della norma prevista nel Regolamento. Posto l'articolo, il cui contenuto penso possa essere utile alla discussione in corso.


    QUANDO L’ABITO FA IL MONACO

    (Articolo tratto da Soft Air Adventures n. 105, giugno 2007)

    di Fabrizio "Nibbio" Paolini

    Le norme di legge sull’uso di uniformi e distintivi militari

    Uniforme o divisa?

    Tradizionalmente, il mondo militare italiano, per descrivere il proprio abbigliamento, tende ad avvalersi della parola uniforme. In effetti, il termine è abbastanza immediato (l’uniformità è sinonimo di uguaglianza e di ordine), dato che deve descrivere capi di vestiario sostanzialmente identici per tutti gli appartenenti, o per lo meno per gli appartenenti a macro-aree interne alle forze armate. Per il resto, come noto, le distinzioni tra i soggetti operanti nelle varie armi avvengono attraverso fregi, distintivi, mostrine e, naturalmente, gradi.
    Personalmente, ritengo inesatto il termine, che, se sul piano linguistico è ineccepibile, in realtà trasforma una caratteristica di certi capi d’abbigliamento (l’essere uniformi, cioè uguali, appunto) in un sostantivo. Più corretto ritengo invece il termine divisa, il quale, pur nascendo anch’esso da un dato di fatto (una divisione dell’abito in parti e colori specifici, con un certo schema riconoscibile sul campo di battaglia o idoneo a distinguere l’appartenenza di chi si vi abbiglia), ha valenza molto più antica. Ad esempio, già i legionari romani usavano “divise” e, nel corso dei secoli, più o meno tutte le formazioni da combattimento hanno cercato di darsi, per ragioni soprattutto di identificazione, degli abbigliamenti distintivi per taglio, colore eccetera. Nel XVII secolo, con i primi eserciti strutturati, e soprattutto nel XVIII secolo, con Federico il Grande, si arriva infine all’uniformità che caratterizza ulteriormente la divisa, usata su scala più ampia e in favore di armate più “nazionali”. Solo per ribadire la priorità del termine divisa, ricordo che il re di Prussia impose un “taglio” (un’altra “divisione” o “divisa”) dell’abito particolare con alcuni dettagli, come ad esempio i bottoni sui polsi, ancor oggi presenti come elemento decorativo nelle giacche anche non militari.
    Lasciando alle pubblicazioni e agli esperti di settore ulteriori ragguagli storici e, naturalmente, correzioni e/o opinioni diverse dalla mia, aggiungo, per concludere il discorso, che entrambi i termini (divisa e uniforme), senza troppe complicazioni, hanno trovato spazio anche nel mondo non militare per identificare l’abbigliamento di chi deve farsi identificare dal pubblico (come gli uscieri, i bigliettai, i ferrovieri eccetera) o in particolari ambienti, come ad esempio quello sportivo, che qui più interessa.
    Tutta questa premessa serve infatti a introdurre il tema di questo mese, ossia l’approfondimento sull’abbigliamento del softgunner, che, per le sue ben note peculiarità simulative (se non addirittura d’identità) degli equipaggiamenti militari, può creare dei problemi anche seri ai praticanti il soft air.

    Cosa dice la legge
    A supporto della mia visione “linguistica” del problema, richiamo il contenuto dell’art. 498 del Codice Penale, che sanziona amministrativamente, in quanto illegittima, l’usurpazione di titoli, dicitura rappresentativa non solo di particolari titoli o crediti pubblici e/o privati esibiti ma non posseduti da qualcuno, ma anche qualsiasi altro segno distintivo, abbigliamento incluso, dotato di una certa autorevolezza e/o importanza. Il testo normativo sostiene che:

    Chiunque… abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario… è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154,00 ad euro 929,00.



    Per le ragioni che dirò, ritengo importante riportare un estratto anche del 2° comma di questo articolo che precisa:

    Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o… titoli, decorazioni… ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni indicati nella disposizione precedente…

    In primo luogo bisogna capire perché esista nel Codice Penale una norma simile. Al di là del voler tutelare specifici interessi di settore (si pensi al caso dell’esercizio di una professione), la finalità dell’articolo è quello di garantire la cosiddetta “fede pubblica”, ossia, nello specifico, la positiva convinzione comune che un certo segno, abito o titolo indichino un soggetto preciso, in genere incaricato di attività di valenza e utilità pubblica. L’uso improprio o non autorizzato possono ingannare questa convinzione, con prevedibili conseguenze sia formali (s’ingenera, ad esempio, confusione nella gente con perdita di credibilità del soggetto o dell’amministrazione che realmente può esibire i segni distintivi) che sostanziali (ci si avvale di certi segni e abbigliamenti per ingannare il pubblico, avendo intenti, ad esempio, criminosi).
    Insomma, quando si gioca a soft air, l’art. 498 e la sua sanzione potrebbe applicarsi a chi si “veste” con un abbigliamento qualificabile come “divisa”, anche se essa non è completa, essendo sufficiente, per la commissione del fatto, l’uso anche di meri accessori come fregi, mostrine, gradi eccetera.
    A chiarimento della portata dell’articolo, corre obbligo di precisare che non ha alcun valore la giustificazione, eventualmente opposta da chi si veste “da militare”, del contesto privato in cui ciò sia avvenuto, oppure la mancanza di esibizione pubblica. Chi si abbiglia realisticamente con fregi e/o mostrine autentici, anche se sta giocando in una proprietà privata e non aperta al pubblico, è comunque perseguibile. Infatti, se è vero che il 1° comma dell’art. 498 sanziona il porto abusivo in pubblico, ossia in presenza di un gruppo indeterminato e non conosciuto di soggetti, ciò non ha valore esclusivo o limitante della norma, in realtà ampliata dal citato 2° comma dell’articolo, che, sanzionando il puro e semplice “arrogarsi” un certo comportamento – ossia il solo fatto di porlo in essere volontariamente per indurre altri in errore – fa sì che, ovunque e in qualunque contesto, il trasgressore possa essere sanzionato (in questo senso ha indirizzato la Corte di Cassazione, V Sezione Penale, con la sentenza n. 5534/99). A onor di cronaca, non sono mancate anche valutazioni di senso opposto (Cass. Pen., sez. V, n. 401/70), in cui si è ridimensionata la portata del concetto sostenendo che il termine “arrogarsi” «implica anche il fare mostra pubblicamente od in relazione con estranei», per cui non sarebbero punibili i comportamenti “usurpativi” tenuti nel privato e lontano da folle travisabili. Spiace, però, ricordare che tale indirizzo (radicato nel 1970) è ritenuto, oggi, minoritario e di scarsa applicabilità.

    Le conseguenze per i softgunner
    Da quanto fino ad ora esposto appare chiaro che l’art. 498 è abbastanza insuperabile e ritengo, seppur nella consapevolezza che i casi in cui è stato applicato al soft air sono veramente rari, che sia meglio non abusare della Provvidenza. Per voler dare qualche suggerimento, ritengo che:

    • sia bene chiamare sempre le cose con il loro nome, per cui il softgunner non indossa mai né una divisa militare né, tanto meno, un’uniforme, bensì, al massimo, porta una divisa sportiva, scelta di concerto con altri componenti del suo club, oppure usa un equipaggiamento di gioco, espressione dall’ampia valenza e, pertanto, poco censurabile. Se proprio non se ne può fare a meno, consiglio comunque, al di là della mia personale opinione sul tema, di usare la parola divisa: in Italia, infatti, come detto, il nostro mondo militare ama di più servirsi dell’uniforme.

    • Lasciamo perdere fregi, distintivi, mostrine e gradi realistici ed equivocabili. Molto meglio e, sinceramente, più significativo realizzare propri patch e segni distintivi, i quali, incontestabili sotto il profilo penale (a meno che non siano diversamente offensivi od osceni... ma questo è un altro tema) hanno anche il vantaggio, se esteticamente validi, di valorizzare l’immagine dell’associazione che li adotta.

    Distintivi stranieri e/o storici
    Qui la questione è un po’ più complicata, visto che l’art. 498 è nato in terra Italiana e per le simbologie (e non solo) italiane. Notoriamente, i softgunner fanno largo ricorso, per denominazioni e distintivi, al mondo militare di altre nazioni, quello americano e britannico in particolare. Nulla di male: in fondo, buona parte anche delle innovazioni tecnologiche usate sui campi di gioco vengono proprio da queste nazioni, che hanno il costante pregio di valorizzare molto la coreografia bellica, sia essa vera che simulata. Tuttavia, un eccesso di quest’uso potrebbe causare l’applicazione del testo normativo in oggetto. Ho precisato, infatti, che il bene tutelato dall’art. 498 è soprattutto la “fede pubblica” e non l’onore di un certo gruppo sociale, tant’è che il 2° comma amplia il concetto, prevedendo la sanzione anche in contesti privati dove ci si “arroghi”, con finalità illusorie, diritti e titoli (o, meglio, la rappresentazione di diritti e/o titoli) inesistenti. Come detto, l’”arrogarsi” ha un valore giuridico preciso e non va confuso con la mera vanteria dozzinale o goliardica, notoriamente praticata da alcuni picareschi personaggi che animano il mondo del soft air.
    Insomma, bisogna guardare al caso concreto, tale che, se dall’uso di certi abbigliamenti e mostrine stranieri si possono creare le premesse per una turbativa di pubblico, allora il rischio di essere sanzionati è serio; diversamente, si potrà essere additati (soprattutto dai consueti denigratori) come fanfaroni o esaltati, ma senza particolari conseguenze ex art. 498 del Codice Penale.
    Altra questione è quella dell’uso di divise e insegne storiche. Tendenzialmente, proprio per il loro valore storico e non più attuale, esse non ricadono mai nel disposto dell’art. 498, poiché l’assenza di contemporaneità, purché riconoscibile e non equivocabile, scrimina il comportamento di chi le indossa. Inoltre, questi capi d’abbigliamento e i loro corredi vengono indossati in situazioni e contesti particolari, come quello degli specialisti di reenactment, filone storico affatto diverso dal soft air, e forte di un indiscusso valore culturale. Potrebbero esserci, casomai, alcuni problemi per l’uso delle decorazioni, che, seppur datate, ha9nno sempre un valore contemporaneo, essendo state rilasciate ad personam come segno di apprezzamento e merito per la partecipazione ad eventi di particolare valore militare o sociale o per servizi resi alla patria. In ogni caso, senza negare alcuna possibilità, vedo assai improbabile che dei softgunner indossino abusivamente medaglie autentiche sui campi di gioco o ne facciano mostra in pubblici eventi. Potrebbe essere (in realtà è già accaduto) più facile, invece, che qualcuno ecceda nel fregiarsi di mostrine e distintivi storici dal significato piuttosto esplicito, magari applicandoli ad una mimetica o ad equipaggiamento contemporanei. In questo caso, la tematica si sposta sul piano politico e, al di là del buon senso e del buon gusto che dovrebbero impedire certi sfoggi inappropriati e non utili al soft air, il rischio “giuridico” è d’incappare in denuncie per ipotesi di reato collegate all’eversione o, più genericamente, al turbamento dell’ordine pubblico. È vero che poi tutto finisce in una bolla di sapone, ma essere indagati per avere esagerato nel vestirsi provocatoriamente, anche per i tempi che corrono, mi par proprio da cretini.
    Per rispondere a Domenico, e cioè per i giocatori di softair, si deve ricordare un paio di concetti per non avere problemi:
    A) Togliere le stellette dalle mimetiche, in quanto spmo il solo simbolo della condizione (status) militare che in quel caso, evidentemente, non c'è;
    B) Evitare di indossare la mimetica se non quando nel terreno di gioco (di modo da non ostentare in pubblico una condizione militare che non c'è).

    Ricordiamoci che l'art.348 del Codice Penale, peraltro depenalizzato, prevede come premessa di indurre in confusione il terzo PUBBLICAMENTE. E' evidente che in un campo di softair nessuno può pensare che sia scoppiata la guerra (mentre se vado alla posta con mimetica e fucile softair, il caso è ben diverso).

    Infine, interessante leggere gli artt.5, 6 e 7 del CPMP: da essi si evince che nessun civile (tipo il militare CRI che viene ricollocato in congedo dopo un periodo di richiamo) possa essere giudicato come militare solo per aver indossato una uniforme militare (sia pure a sproposito), a meno di non aver fatto atti che minino la sicurezza dello Stato.
    Ultima modifica di VDG; 18-07-13 alle 19: 10
    Patria e Onore.
    Ferrum Ferro Acuitur.

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