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Risultati da 11 a 20 di 52

Discussione: Gli Eroi fanciulli

  1. #11
    quantico
    Guest

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    Il 24 Settembre, sul ghiacciaio del Presena in fase di scioglimento, a quota 2950 m. è stato trovato uno scheletro di un soldato della Prima Guerra Mondiale.

    Alcune fonti sostengono che accanto al corpo sia stata trovata la sua picozza, le sue giberne, il suo cappotto grigio-verde e il suo cappello Alpino. Anche l'articolo pubblicato sul Corriere accenna a tutto ciò.

    Non so se si saprà mai se tu sei stato un fanciullo mandato a combattere la Guerra Bianca per morire sull'Adamello... In ogni caso bentornato a casa. Zaino a terra!
    Ultima modifica di quantico; 27-09-12 alle 21: 50

  2. #12
    Wiseman
    Guest

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    Mi hanno fatto leggere oggi un brano della lettera che aveva con sé, un commiato alla Mamma, in cui le spiega perché va a morire "con gli italiani! In un tempo come quello in cui viviamo, dove onore, dignità, rispetto non esistono, o si nascondono bene, questa storia di quasi cento anni fa mette i brividi. Ho il permesso, domani, di postarla?

  3. #13
    quantico
    Guest

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    Wiseman non c'è bisogno di nessun permesso.

  4. #14
    Wiseman
    Guest

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    Devo fare, però, mea culpa, ed un passo indietro: con una gran confusione tra le mie fonti, mi si sono presentate notizie sul Milite Ignoto, o meglio sul figlio della Signora Bergamas, la mamma cui fu chiesto di individuarne la salma, e del fante ritrovato sull'Adamello. La lettera, ho verificato oggi, fu scritta dal giovane Bergamas alla mamma, nel 1915, poco prima di partire con il grigioverde. Nulla a che vedere, soggettivamente, con l'anonimo milite testé ritrovato.
    Ma pur sempre agghiacciante, nella sua bellezza, in questo squallore.

  5. #15
    quantico
    Guest

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    E' un errore che hanno fatto anche i quotidiani.

    Wiseman,
    conosciamo entrambi, come tanti altri, la lettera scritta dal giovane irredento Antonio Bergamas alla mamma e, condividendo il suo parere sulla stessa, posti pure il testo. Andrebbe fatto leggere nelle scuole e pubblicato sui sussidiari!

  6. #16
    DaniGdf
    Guest

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    aggiungerei anche la storia del piccolo tamburino sardo

    Prima di raccontarvi le vicende che hanno coinvolto il piccolo tamburino sardo é necessario inquadrare il periodo storico nel quale avvengono i fatti. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1815 le potenze vincitrici, Austria, Inghilterra, Prussia e Russia, si riuniscono al Congresso di Vienna al fine di costruire un sistema equilibrato degli stati europei che consenta una pace stabile ed elimini il rischio di nuove precipitazioni rivoluzionarie. In particolare, l'Austria ottiene il controllo delle nostre zone, ovvero il Lombardo - Veneto, il Trentino, Trieste e parte dell'Istria, oltre a numerosi altri territori, mentre il Regno di Sardegna, costituito da Piemonte, Liguria e Sardegna rimane ai Savoia. E' questa la situazione che troviamo quando, nel 1848, scoppiano i moti rivoluzionari in tutta l'Europa, che sono dovuti a diversi fattori: le difficoltà economiche legate alla grave carestia iniziata nel 1845, l'azione delle classi sociali emergenti (borghesia e proletariato), e i nuovi fermenti culturali prodotti dalla diffusione della stampa, dalla formazione di un'opinione pubblica critica e dall'attivismo degli intellettuali. In particolare in Italia i moti hanno inizio con le cinque giornate di Milano, che sono l'espressione della volontà del popolo che desidera ribellarsi al governo austriaco ed ottenere l'indipendenza. In loro aiuto viene anche il Regno di Sardegna dei Savoia, desideroso di sottrarre il Lombardo - Veneto agli austriaci, e formare così uno stato italiano indipendente. Il successo di Milano fa sì che gli austriaci, comandati da Radetzky, siano costretti a ritirarsi nel "quadrilatero" formato dalle fortezze di Verona, Legnago, Peschiera e Mantova: ed è qui che il nostro tamburino entra in scena; Custoza, infatti, sarà teatro di uno degli scontri tra austriaci e piemontesi per il dominio della zona, e il piccolo tamburino dell'esercito sabaudo vi verrà suo malgrado coinvolto. Ma ora è giunto il momento di raccontarvi la sua storia

    Oggi è il 24 luglio 1848, e ci troviamo qui a Custoza, nelle verdi colline della provincia di Verona. Il protagonista della vicenda è un tamburino sardo, un ragazzo di poco più di quattordici anni, piccolo, dal viso bruno olivastro e con due occhietti neri e profondi. Egli si trova assieme ad una sessantina di soldati di un reggimento di fanteria dell'esercito piemontese, mandati su un'altura di Custoza ad occupare una casa abbandonata, quando improvvisamente vengono assaliti da due compagnie di soldati austriaci che li costringono a trovare rifugio nella casa stessa. Sbarrate precipitosamente le porte, i nostri uomini si dirigono verso le finestre imbracciando i fucili, dando così inizio ad una lunga ed estenuante battaglia che provoca numerosi morti su entrambi i fronti. Vistosi in grave difficoltà, il capitano del nostro reggimento, un vecchio alto, secco e austero, con i capelli e i baffi bianchi, chiama in disparte il piccolo tamburino, facendogli cenno di seguirlo al piano superiore: nella nuda soffitta il capitano sta scrivendo con una matita sopra un foglio; lo ripiega, e fissando negli occhi il ragazzo gli comunica che sta per affidargli un'importante missione: a Villafranca, appena scesa la collina, sono appostati i carabinieri italiani: il ragazzo ha l'ordine di raggiungerli e consegna re il messaggio al primo ufficiale che trova sul suo cammino. E così è. Si cala con una corda dalla finestra che si trova sul retro della casa, e comincia a correre il più velocemente possibile; nel frattempo, il capitano, con lo sguardo, segue tutti i suoi movimenti; gli austriaci si accorgono di lui ed iniziano a far fuoco su quella piccola figura che fugge verso i campi: viene colpito ma si rialza, riprende la corsa ma zoppica, rallenta per poi ricominciare a correre ancora più veloce, finché non scompare dietro una siepe e il capitano lo perde di vista. Al pian terreno, intanto, il numero dei morti va aumentando, ma egli non ha alcuna intenzione di arrendersi.
    Il tempo passa, e tutti ormai stanno perdendo ogni speranza quando, all'improvviso, in mezzo all'enorme polverone, scorgono i berretti a due punte dei carabinieri: i rinforzi sono finalmente giunti. Il piccolo tamburino ce l'ha fatta. La giornata termina con la vittoria dei nostri, ma due giorni dopo gli italiani sono costretti a ritirarsi sul Mincio, a causa dell'elevato numero di soldati austriaci presenti. Il capitano, benché ferito, una volta giunto a Goito desidera sincerarsi delle condizioni di salute di un suo luogotenente, anch'egli ferito e trasportato da un'ambulanza in un ospedale da campo: gli viene indicata una chiesa e una volta giuntovi si guarda attorno cercando con lo sguardo il suo ufficiale in mezzo a tutti quegli uomini adagiati sui materassi posti sul pavimento della chiesa. E' in quel momento che si sente chiamare da una voce fioca: è il piccolo tamburino, disteso sopra un letto a cavalletti, coperto fino al petto da una tenda da finestra, pallido e smagrito, che inizia il racconto della sua impresa, tra mille difficoltà e sotto il fuoco nemico, con l'unico pensiero di assolvere all'incarico che gli era stato affidato: l'uomo, vedendo il ragazzo così debole è indotto a pensare che abbia perso molto sangue, ma distoglie inorridito lo sguardo quando vede che al giovane è stata amputata una gamba, e il troncone rimasto è fasciato da panni insanguinati. Giunge in quell'attimo il medico che, dolente, comunica al capitano come la gamba si sarebbe potuta salvare, se non fosse stata sforzata in modo così assurdo. E' così che l'uomo, quel rozzo soldato che non aveva mai pronunciato una parola mite verso un suo inferiore, alza la mano alla fronte e dice: "Io non sono che un capitano. Tu sei un eroe ". Poi si getta con le braccia aperte sul tamburino, e lo bacia tre volte sul cuore.

  7. #17
    Wiseman
    Guest

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    Magari ci fosse ancora la Scuola che usava il sussidiario...

    Antonio Bergamas, giovane friulano irredento, ma di sentimenti italiani, partecipò volontario alla Grande Guerra, servendo il grigioverde. Scartato al concorso per l'Accademia conquistò comunque i gradi nella Brigata Barletta. Cade, falciato da una mitragliatrice asburgica, mentre guidava il suo plotone all'attacco di una postazione fissa, sul Monte Cimone, nel giugno 1916. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Simbolicamente sue sono le spoglie del Mille Ignoto: perché a sua Madre fu chiesto di scegliere una salma al Cimitero degli Eroi di Aquileia per il trasporto a Roma.

    In una lettera del 27 giugno 1915 Egli scriveva alla Madre:

    Domani partirò chissà per dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. […] Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio, se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra davanti al nostro Carso selvaggio, cecando di indovinare se non lo rivedrò il vostro mare, e cercando di rievocare i vostri volti venerati e tanto amati.

    Penso a questo, ed ai giovani nostri, che sono al centro di tutto, cui tutto è dovuto, ed a chi ci amministra.

  8. #18
    Colonnello L'avatar di ryuzaki
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    A me è venuta la pelle d'oca. Riesco solo a pensare dove sono potuti finire tutti questi valori e ideali ormai.
    Un obiettivo e un sogno realizzato! Ora passiamo ai prossimi!

  9. #19
    Maresciallo L'avatar di bii
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    Fantastico.

    Io ho già sempre trovato duro quanto fatto da mio bisnonno, nulla a vedere con questi racconti, solo una storia normale di un soldato della Grande Guerra come tanti, partito a 17 anni verso il fronte, artigliere di montagna, mai uscito dal suo paesino di 300 abitanti se non per andare al limite nel paese vicino a 5 km di distanza. Cosa voleva dire a 17 anni, quando il mondo per te aveva un raggio di 20 o 30 km attorno alla tua cascina, salire su un treno (anzi sulla tradotta) e partire per una guerra a 500 km di distanza? Senza aver ben chiaro dove si andava, perchè, cosa si sarebbe fatto... sapendo solo che molto probabilmente si andava a morire.

    Io non l'ho conosciuto, mia mamma racconta che lui ha sempre detto "Io sono stato fortunato. Ero su in montagna, in alto. Se non arrivava da mangiare a noi andava sempre bene, c'era la neve. Da bere c'era sempre." E' tornato dalla Grande Guerra, è stato molto fortunato. Quando aveva 70 anni i miei nonni l'hanno portato a Redipuglia. Mia mamma racconta che si è fatto tutti i gradini in silenzio, piangendo. Arrivato in cima aveva la faccia bagnata dalle lacrime e disse soltanto "A me è andata bene".

    ---------------------Aggiornamento----------------------------

    Mi è sempre piaciuta molto la storia del Tamburino Sardo, è vero una volta c'era nei sussidiari, ora evidentemente i valori sono cambiati, nei sussidiari non si parla di guerra o di eroi, poi però va bene vedere film discutibili in TV. I bambini vengono ritenuti piccoli fino alle medie al punto di non andare più a scuola da soli nemmeno nei paesini, tutti portati in auto dai genitori a 14 anni, salvo poi la sera cambiarsi d'abito ed andare in discoteca a giocare a fare i grandi truccati e ridicoli.

  10. #20
    Moderatore L'avatar di gagliardi
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    basterebbe leggere, o rileggere, il libro "cuore", di cui scommetto ogni famiglia possiede una copia. bellissimo davvero, e ben scritto. non crediate sia un libro per bambini. è un libro per tutti
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