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Discussione: Pio La Torre e altre vittime come lui della violenza mafiosa

  1. #21
    Wiseman
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    Conobbi un suo diretto collaboratore all'ufficio istruzione, un allora giovane magistrato. Me ne ha trasferito ricordi personali, di un'umanità profonda, un grande riserbo, una determinazione granitica.

    Una prece.

  2. #22
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    Padre Giuseppe Puglisi, inteso come Don Pino Puglisi, nasce nel popolarissiomo quartiere di Brancaccio di Palermo nel 1937.
    Il padre calzolaio, la madre sarta.
    Da ragazzino aveva vissuto quel difficile quartiere di Palermo, dove tra i giochi dei ragazzi di strada esiste solo
    il linguaggio di cosa nostra, della mafia.
    I mafiosi sono visti dai ragazzini degli idoli, dei boss da rispettare.
    Decide di diventare sacerdote e dopo il seminario lo diviene nel 1960.
    Nel 1980 decide dopo vari incarichi di ritornare a fare il sacerdote nel suo quartiere natio.
    Brancaccio è terra dei fratelli Graviano, del Boss Leoluca Bacarella.
    Pino si batte per quei ragazzi di strada, cerca di aiutarli, li ospita in parrocchia, gli fa scuola di legalità.
    Molti di questi lo seguono.
    La mafia non può tollelare questo.
    Quel giorno, il 15 dicembre del 1993 Pino avrebbe compiuto 56 anni.
    Due sicari, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza l'attendono sotto casa.
    Si dice che lui sceso dall'auto li abbia visti.
    Restò fermo e con un sorriso gli disse
    "Sapevo che sareste venuti, vi aspettavo."
    Fu ucciso spietatamente, con un colpo alla nuca finale di grazia.
    Poi Grigoli ebbe però una profonda crisi che lo portò al pentimento ed alla sua conversione.
    Questo fu definito come il "miracolo" di Don Pino, che Grigoli diceva gli compariva in sogno ogni notte e perdonare il suo gesto e a pregarlo di cambiare vita e redimersi.
    Gli venivana sempre in mente quel suo sorriso e le sue ultime parole, che lui stesso ha rivelato.
    Proprio ieri è stata accolta dal Vaticano la sua causa per la beatificazione.
    Sulla sua tomba sono scolpite le parole tratte dal vangelo di san Giovanni,
    "nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici".
    Ultima modifica di FRANCODUE; 30-06-12 alle 19: 18

  3. #23
    Wiseman
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    Avremmo bisogno di molte più persone così.

  4. #24
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    Hai detto una grandissima verità.
    Vedi, certi uomini non sono armati con armi tradizionali.
    Non hanno pistole, fucili, mitragliatori.
    Ma hanno un arma davvero molto più grande.
    La Fede.
    Una Fede infinita in quello che credono.
    Placido, Pio, Rocco, Peppino, Don Pino, e tantissimo altri come loro, non erano degli eroi.
    Erano uomini semplici, ma che credevano nelle loro idee.
    E sapevano bene che potevano morire per questo.
    Ma lo hanno fatto lo stesso.

  5. #25
    ale66
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    A proposito più di una volta siamo dovuti intervenire a seguito di continui danneggiamenti ai danni delle strutture dell'associ azione creata da Padre Puglisi, la guardia non è mai stata abbassata.

  6. #26
    Wiseman
    Guest

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    La guardia resta alta ... ma lo squallore è che debbano esserci questi danneggiamenti.
    Rispetto ai quali dubito si tratti di azioni "mafiose" (cioè ideate e volute da un qualche livello della cupola): ma di guasconate della banda di bulli di quartiere, che pensano di farsi belli agli occhi di qualche padrino, piuttosto.

    Le case e le cose non sono pericolose, e l'accanimento contro di esse potrebbe giustificare, o alimentare, la reazione.

  7. #27
    ale66
    Guest

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    Sicuro, la criminalità organizzata da un po di tempo a questa parte , ha tutto l'interesse che il territorio sia sotto controllo, senza che nulla accada all'interno di esso.

  8. #28
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    Libero Grassi e Giuseppe La Franca.
    Vorrei ricordarli insieme.
    Un imprenditore ed un avvocato,
    Due uomini liberi che sentendosi liberi si sono RIBELLATI a cosa nostra.
    Libero era nato a Catania nel 1927, ed era un imprenditore.
    Giuseppe è nato a Monreale ed era un avvocato.
    Il Primo si è solo rifiutato di pagare il pizzo.
    Cosa che in quellla Sicilia di quell'epoca era una condanna a morte.
    Era andato al Nord a Gallarate, poi era ritornato nella sua Siciliia.
    Denunciando i suoi estortori.
    Il 29 agosto del 1981, la sua vita finì li.
    In mezzo ad una strada.
    I suoi assasini materaili sino ad ora non sono stati condannati.
    Lo sono stati i componeneti della Cupula che decide queste esecuzioni.
    Su La Franca invece è da oggi la notizia, ottima, che i beni dei mandanti del
    suo assassinio i fratelli Vitale, sono stati confiscati dallo Stato.
    E messi come per Peppino Impastato a disposizione dell'apposita associazione antimafia.

  9. #29
    Wiseman
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    Una prece.
    E, più che medaglie, l'auspicio che il loro insegnamento non resti inascoltato, non sia dimenticato.
    Di queste persone dovremmo insegnare nelle scuole!

  10. #30
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    Roberto Antiochia, era nato a Terni nel 1962.
    Giovanissimo entra nella Polizia.
    Nel 1983 viene destinato alla Squadra Mobile di Palermo, dove lavora accanto al Commissario Beppe Montana.
    Dopo l'assassinio di Montana, sebbene trasferito a Roma, ritorna volontario a Palermo per collaborare
    alle indagini dell'omicidio del suo dirigente insieme al capo della Squadra Mobile Antonino Cassarà inteso Ninni.
    Questa sua decisione gli sarà fatale.
    Il sei agosto di un caldissimo 1985 palermitano, ben dieci uomini armati di Kalashincov li attendevano
    sotto la casa di Cassarà, dove stavano facendo ritorno dopo una durissima giornata di lavoro.
    Benchè in macchina, vedendo il suo dirigente colpito a morte, scese dalla stessa per fargli da scudo con il suo corpo.
    La sua vita come quella di Ninni finì quel maledetto giorno.
    In suo onore gli è stata intitolata una via nella sua Terni e il Commissariato di Orvieto.
    Medaglia d'oro al valore civile, con la seguente motivazione:
    «Agente della Polizia di Stato, in servizio a Roma, mentre era in ferie, spontaneamente partecipava in Palermo alle delicate e difficili indagini sull'omicidio di un funzionario di polizia, con il quale aveva in passato collaborato, consapevole del pericolo cui si esponeva nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa. Nel corso di un servizio di scorta, rimaneva vittima di proditorio agguato ad opera di spietati assassini. Esempio di attaccamento al dovere spinto all'estremo sacrificio della vita.»
    Palermo, 6 agosto 1985
    Io stesso, mi sento un uomo molto piccolo a fronte di un collega del genere.
    Ultima modifica di FRANCODUE; 08-07-12 alle 21: 10

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