L’Amministrazione forestale italiana: dagli Stati pre-unitari ai tempi moderni.

(1822-1860)

La prima metà dell’Ottocento fu caratterizzata dalla ricostituzione degli Stati dopo l’avventura napoleonica che aveva attraversato l’Europa con il suo vento di innovazioni e cambiamenti. La suddivisione dell’Europa sancita dal Congresso di Vienna ebbe conseguenze significative anche per il nostro Paese, ove tornarono ad insediarsi le case regnanti scacciate dalle armate francesi.

La principale preoccupazione dei sovrani fu ovviamente quella di ristabilire lo “status quo”, imponendo norme e leggi diverse da quelle in vigore durante il periodo napoleonico.

Anche il settore forestale fu oggetto in questo periodo di un’intensa attività normativa il cui scopo essenziale era quello di garantire la difesa del patrimonio boschivo, soprattutto attraverso divieti, e di permetterne al contempo l’utilizzazione per gli scopi dello Stato. Nei regolamenti dell’epoca è prevalente la distinzione tra bosco pubblico e bosco privato. Così, ad esempio, in Lombardia, il governo austriaco distingueva i boschi in due categorie: quelli appartenenti ai corpi morali, inclusi il demanio, che erano sottoposti all’amministrazione dello Stato e dovevano essere misurati, portati in mappa e catasto particolare, descritti per qualità di piante e circoscritti da termini stabili e facilmente riconoscibili. L’altra comprendeva i boschi di proprietà privata ove, senza speciale autorizzazione erano vietate le estirpazioni ed i dissodamenti quando si trovassero sulla vetta o sul pendio dei monti e dei colli o lungo i fiumi ed i torrenti.

Senza descrivere la normativa vigente in ogni Stato dell’epoca è importante fare un richiamo al Regno Piemontese che, a seguito delle vicende belliche e storiche del periodo risorgimentale, ha costituito la base politico amministrativa del futuro Regno d’Italia. In Piemonte, con le Regie patenti del 15 ottobre 1822, Carlo Felice stabiliva la costituzione dell’Amministrazione forestale. In esse si legge, infatti: “Abbiamo pure riputato conveniente di creare un’Amministrazione per la custodia e vigilanza de’ boschi”. Questa dichiarazione di intenti era supportata dalle norme relative alla gestione ed ai vincoli sui boschi del Regno, particolarmente rigidi, e trovò concreta applicazione con la definizione degli organici e dei compiti affidati all’Amministrazione nel relativo regolamento applicativo. Per la prima volta veniva costituita un’organizzazione articolata territorialmente in cui i “forestali” erano incaricati di” invigilare sui boschi” e di garantire la loro protezione. Per tale motivo l’annuale di fondazione del Corpo viene fatto risalire a tali Regie patenti.

Le Regie patenti del 1833, emanate da Carlo Alberto, abrogarono quelle del 1822, stabilendo un regime meno vincolistico per la gestione e difesa dei boschi ed ebbero vita molto lunga (circa quaranta anni) venendo utilizzate anche dopo la proclamazione del Regno. Le attività cui erano chiamati gli amministratori per la vigilanza dei boschi in Piemonte riguardavano essenzialmente le modalità per garantire la conservazione, il miglioramento del patrimonio forestale e le operazioni relative al taglio ed alla vendita dei prodotti legnosi. L’ organizzazione istituita da Carlo Alberto prevedeva la suddivisione dei “Regi Stati di terra-ferma” in ventuno circondari (composti di una o più province) a loro volta distinti in distretti. Ogni circondario era curato da un Ispettore, ogni distretto aveva un Capo guardia. Il numero delle guardie era stabilito in base alla natura, estensione e situazione dei boschi. Le Regie patenti del 1833 stabilirono, quindi, una struttura organizzativa piuttosto articolata e capillare, meglio definendo i rapporti gerarchici ed i compiti assegnati al personale.






L’Amministrazione forestale italiana: dagli Stati pre-unitari ai tempi moderni.

(1861-1910)


All’indomani della proclamazione del Regno d’Italia, avvenuta nel 1861, la situazione per l’Amministrazione forestale si presentava piuttosto disomogenea, soprattutto dal punto di vista normativo. Infatti, vennero mantenute in vigore fino al 1877 le leggi ed i decreti degli Stati pre-unitari, che dovevano “convivere” con l’organizzazione amministrativa prevista dalle Regie patenti del 1833. Questa situazione era dettata dalla situazione storica piuttosto delicata, caratterizzata dalla profusione di energie per la realizzazione del progetto politico e militare dell’unificazione. Il processo di integrazione fu lento e difficoltoso e sarebbe culminato in una struttura amministrativa adeguata alle mutate esigenze. Anche nel settore forestale vennero introdotti dei cambiamenti e, quale primo segno tangibile della nascita dell’amministrazione centrale, venne emanato il Regio decreto n.1013/1862, volto ad unificare le diverse fogge delle uniformi per gli Agenti appartenenti alle Amministrazioni forestali degli Stati annessi.

Anche il simbolo dei forestali, i cosiddetti “martelli”, da non confondere con le asce in uso ai boscaioli, subirono in quel periodo l’unificazione. Infatti nel 1864 venne stabilita per i martelli forestali una “forma sola ed identica per tutto il Regno”. Essi, com’è noto, venivano impiegati dall’Amministrazione forestale per marchiare le piante da atterrarsi o conservarsi. Avevano un particolare simbolo che consentiva di identificare esattamente chi aveva provveduto alla marchiatura delle piante.


Le foreste statali dell’epoca avevano dimensioni ridotte, arrivando a coprire circa centomila ettari, e non erano considerate molto importanti visto che molti boschi ereditati dagli ex Stati vennero venduti.

Il primo passo verso la organizzazione della materia forestale venne stabilita con la legge del 1877, con cui venne stabilito un importante vincolo: quello del divieto di disboscamento dei terreni al di sopra del limite della vegetazione del castagno, specie considerata indicatrice e diffusa su tutto il territorio del nuovo regno. Con tale legge si cercò di arginare i fenomeni di degrado e taglio indiscriminato che avevano interessato larghe zone del Paese.

Dopo la costituzione del Regno d'Italia cominciò ad avviarsi, infatti, una politica forestale indirizzata soprattutto verso i problemi della difesa del suolo, e del regime idrogeologico montano, attraverso le opere di stabilizzazione ed il rimboschimento delle pendici montane. All'inizio si trattò solo di piccoli contributi finanziari che il Ministero d'agricoltura, industria e commercio, istituito con R.D. 5/7/1860 n. 4192, offrì ad alcune Province che avevano preso l'iniziativa di eseguire opere a vantaggio della conservazione e del ripristino dei boschi. Ma già durante la discussione in Parlamento della legge n. 3917 del 20/6/1877, fu dimostrata la necessità di estendere la coltura silvana e di far assumere allo Stato, a tale riguardo, un azione positiva oltre a quella puramente restrittiva dei vincoli forestali.

Con la legge 3917 venne data unitarietà alla materia forestale: vennero definiti i termini del vincolo forestale e i criteri di applicazione; vennero date indicazioni per le prescrizioni di massima cui dovevano attenersi i proprietari dei boschi nei tagli colturali; vennero istituiti i consorzi di rimboschimento, che avrebbero utilmente operato per molti decenni. La valutazione dei reati forestali venne affidata agli agenti forestali che a norma dell'art. 28 rivestivano anche la qualifica di "ufficiali di polizia giudiziaria".

L'Amministrazione forestale che nel 1877 faceva capo al Ministero d'agricoltura, industria e commercio Direzione Generale dell'Agricoltura, aveva nel frattempo compiuto passi in avanti, puntando soprattutto sulla preparazione scientifico-tecnica dei funzionari attuata, da principio con l'invio di alcuni giovani presso scuole forestali francesi e tedesche, poi con l'istituzione, nel 1869, della "Scuola di Vallombrosa", la prima scuola di selvicoltura nazionale.

Negli ultimi trenta anni del secolo scorso l'Amministrazione forestale italiana si andò, quindi, cementando e cominciò ad arricchirsi sul piano culturale e tecnico; aumentò la sua presenza sul territorio, dove era impegnata soprattutto a perseguire la stabilità delle pendici ed un regolato regime idrogeologico.

Un posto meno importante occupava in quel periodo la gestione delle foreste statali che oltre tutto non arrivavano a centomila ettari su tutto il territorio nazionale e delle quali allora, con scarsa attenzione e sensibilità per gli aspetti ambientali e paesaggistici, si vedeva forse solo l'interesse mercantile per una certa produzione legnosa. Nei primi anni del Regno, infatti, diversi boschi ereditati dagli ex Stati erano stati messi in vendita ed alienati e soltanto nel 1871 alcuni boschi statali erano stati dichiarati inalienabili. Nonostante un generale miglioramento qualitativo l'Amministrazione forestale di fine secolo aveva ancora proporzioni molto contenute con organici ridotti e frequentemente rimaneggiati. All'inizio del secolo cominciò ad acquistare, tuttavia, una fisionomia più definita; con il R.D. 18 febbraio 1909, n. 94, venne creata la Direzione generale delle acque, foreste, bonifìcamenti e demani, separata dalla preesistente Direzione generale dell'agricoltura.

Nello stesso anno l'associazione "pro montibus et silvis", promosse a Bologna un convegno che ancora oggi viene ricordato come tappa fondamentale della storia forestale italìana. I lavori di quei giorni furono animati dalla presenza di un grande politico, Luigi Luzzatti - che già nel 1869 si era interessato per l'istituto di Vallombrosa - e di un giovane scienziato, Alessandro Chigi. L'anno successivo, venne emanata la legge 2 giugno 1910 n. 277, nota come "legge Luzzatti", in base alla quale l'Amministrazione forestale - che faceva ancora capo al Ministero d'agricoltura, industria e commercio - si articolava in: Direzione generale delle foreste; Consiglio superiore delle acque e Forestale. foreste; Corpo Reale delle Foreste .. (con un’articolazione territoriale composta da 10 compartimenti retti da Ispettori superiori, 37 ripartimenti retti da Ispettori, 158 distretti retti da Sottoispettori, 8 ispettorati per i servizi speciali retti da Ispettori).

L'Azienda, mediante l'ampliamento e l'inalienabilità della proprietà boschiva demaniale, doveva provvedere all'incremento della selvicoltura e del commercio dei prodotti forestali. A capo dell'Azienda era lo stesso Direttore generale delle foreste ed appartenente al Corpo Reale delle Foreste era il personale che prestava servizio nelle sue strutture (12 uffici amministrativi di foreste autonome retti da Sottoispettori).

Il Corpo Reale delle Foreste poté disporre di un organico di 340 ispettori, 16 aiutanti (personale tecnico inferiore) e 3.000 unità fra marescialli, brigadieri e guardie forestali. Aveva un’articolazione territoriale composta da 10 compartimenti retti da Ispettori superiori, 37 ripartimenti retti da Ispettori, 158 distretti retti da Sottoispettori, 8 ispettorati per i servizi speciali retti da Ispettori).

La legge 277 creò anche le premesse per una migliore istruzione del personale forestale: così nel 1912 venne istituito a Firenze l'Istituto superiore forestale per l'istruzione degli ufficiali, necessari tanto per il servizio nell'Azienda quanto per l'applicazione delle leggi forestali. Nel 1913 venne istituita a Vallombrosa la "Scuola per agenti forestali graduati". Nel 1914 fu soppressa la "Scuola di selvicoltura per le guardie forestali del Regno", sorta a Cittaducale nel 1905 e venne istituita la "Scuola per allievi-guardie forestali" che provvederà per molti anni all'istruzione teorico-pratica del personale del Corpo Reale delle Foreste.

L’Amministrazione forestale italiana: dagli Stati pre-unitari ai tempi moderni.

(1910-1945)

I primi anni dopo la legge del 1910 videro una fervida attività nel settore forestale: l'Azienda ampliò egregiamente il demanio con l'acquisto di fondi di grande interesse in Sardegna, in Emilia, nel Casentino e nelle tre province calabresi; notevole incremento ebbero i rimboschimenti, le opere di difesa dei corsi d'acqua, le azioni per il sostegno della selvicoltura privata.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale determinò una forte riduzione delle attività; per contro le esigenze di legna e legname, da parte delle forze armate e delle popolazioni civili, aumentarono fortemente anche per le ridotte importazioni dall'estero - e provocarono un assalto , sia pure giustificato e legalizzato a tante parti del patrimonio forestale. Il Corpo Reale delle Foreste non operò direttamente con unità combattenti sul fronte, ma gran parte del suo personale venne richiamato e combatté nelle fila del Regio Esercito. Al Corpo vennero affidati compiti di polizia militare e di approvvigionamento di legname per usi bellici.

Nel dopo guerra il Corpo Reale delle Foreste si trovò impegnato in modo particolare nella ricognizione, valutazione e quindi riparazione dei danni che il patrimonio boschivo e montano aveva subito, sia nel territorio nord-orientale per azioni di guerra, sia altrove per i fortissimi tagli e per le ridotte cure colturali ed opere manutentorie.

Il 30 dicembre 1923 venne emanato il Regio decreto n. 3267 che riordinò e riformò la legislazione in materia di boschi e terreni montani. Tale decreto, che comprendeva tutto il panorama "forestale", affermava quali organi dell'Amministrazione Forestale, alle dipendenze del Ministero ora denominato dell'economia nazionale: la Direzione generale delle foreste e dei demani, il Corpo Reale delle Foreste e l'Azienda speciale del demanio forestale di Stato.
Gli uffici periferici di quest'ultima erano posti alla diretta dipendenza della Direzione generale delle foreste e dei demani. La legge 3267, estremamente importante ai fini della gestione e tutela del patrimonio forestale (deriva da questa legge infatti il vincolo idrogeologico imposto su gran parte del territorio montano e collinare) trova applicazione ancora oggi.

Pochi anni più tardi si ebbe la radicale modifica attuata con il D.L. 16 maggio 1926 n. 1056; il fascismo che voleva assicurarsi la massima disponibilità delle forze di polizia creando le diverse milizie speciali (stradale, ferroviaria, confinaria, ecc.) soppresse il Corpo Reale delle Foreste ed istituì al suo posto la Milizia Nazionale Forestale, che fu inquadrata poi nelle Forze armate dello Stato. Con R.D.L. 17/2/1927, n. 324, fu soppressa la Direzione generale delle foreste e dei demani e fu istituito l'ente autonomo "Azienda Foreste Demaniali" (A.F.D.) in sostituzione dell'Azienda speciale del demanio forestale di Stato. Successivamente, con L.5/1/1933, n. 30, l'A.F.D. divenne "Azienda di Stato per le Foreste Demaniali". La Milizia Forestale nell'esercizio dei compiti tecnici dipendeva dal Ministero dell'economia nazionale - trasformato successivamente in Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste con R.D. 12/9/1929 1661 - mentre come corpo armato dipendeva direttamente dal Comando generale della Milizia.

Sul piano tecnico i Forestali esercitarono, in generale, una forte azione di polizia per la difesa della superficie boschiva, un'intensa opera di sistemazione montana e ampliamento del demanio forestale anche se, nella fase di autarchia voluta dal Governo, dovettero curare sempre di più gli aspetti produttivi, sia nel regime delle utilizzazioni boschive sia con una maggiore attenzione alle colture legnose a rapida crescita.

Sul piano militare, durante il secondo conflitto mondiale furono chiamati maggiormente ad assicurare il rifornimento di legna e carbone per le forze armate e per le popolazioni dei centri urbani. I forestali mobilitarono un raggruppamento motorizzato su due Legioni che operò sul fronte alpino (1940) e sul fronte albanese-jugoslavo (1941).

L’Amministrazione forestale italiana: dagli Stati pre-unitari ai tempi moderni.

(dal 1948 ad oggi)

Con la caduta del fascismo, il R.D.L. 16/B del 6 dicembre 1943 decretò fra l'altro che "la Milizia Forestale passa a costituire con i suoi quadri il Real Corpo delle foreste.... Con decreto Reale saranno determinate le modalità di attuazione per il ripristino del R. Corpo delle foreste e i compiti allo stesso assegnati". L'attuazione di quanto previsto dal suddetto decreto avvenne solo il 12 marzo 1948 con il D. L.vo n. 804. Tale decreto stabilì i compiti affidati al "Corpo Forestale dello Stato" che fa ora capo alla Direzione Generale delle Risorse Forestali Montane ed Idriche presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Il nuovo Corpo Forestale nasceva in un Paese ancora disastrato dalla guerra nel momento, però, di avvio della ricostruzione nazionale e, in particolare, di una nuova attenzione per i problemi della montagna e del bosco. Il Congresso di Firenze promosso dai Georgofili nel 1947 aveva, infatti, espresso indicazioni e suggerimenti che sarebbero stati ripresi nel testo della legge della montagna del 25 luglio 1952, n. 991. L'incipiente periodo di sviluppo economico di quegli anni, che diede allo Stato nuove possibilità finanziarie, favorì anche il settore forestale così che dopo l'esperimento dei cantieri-scuola di rimboschimento del 1949, poté partire la poderosa legislazione per il Mezzogiorno e per le "aree depresse" e, più tardi, la normativa dei Piani Verdi a favore del l'agricoltura, che non ignorarono la bonifica e l'economia montana e forestale.

Comunque quella che più a fondo toccò l'Amministrazione forestale fu la citata legge 991, per la montagna. Tale legge all'art. 33 precisava che oltre alle funzioni precedentemente esercitate, la Direzione generale - che ora assumeva il nuovo significativo nome di Direzione generale per l'economia montana e per le foreste - aveva anche il compito di presiedere e coordinare tutte le attività contemplale dalla legge stessa e di gestire i relativi fondi. Gli interventi del Corpo Forestale dello Stato e le azioni che esso in- direttamente favorì, segnarono la fine di secoli di depressione in territori montani dove, ancora negli anni '50, mancavano case decenti, stalle, concimaie, vie di collegamento, acqua, luce, terreni sistemati e colture redditizie. Ed è merito sempre di questa legge 991 se negli anni dopo il 1952 lo Stato ha potuto acquisire al suo demanio forestale circa 300 mila ettari di terreni dissestati, scarsamente boscati o cespugliati, sui quali insediare un manto boschivo di tutela oppure - condizioni fisiche permettendolo - nuove attività agro-pastorali di razionale impostazione.

In questo periodo di circa vent'anni, mentre gradualmente nascevano ed entravano in funzione i consorzi di bonifica montana, e poi i Consigli di valle e le Comunità montane, il C.F.S. fu in molte zone il primo ed unico strumento di recupero fisico e di ripresa economica della montagna. Poi, con le leggi n. 281 del 16/5/1970 e n. 382 del 22/7/1975 e con i relativi decreti delegati del 1972 e del 1977 è stato dato l'avvio all'ordinamento regionale ordinario, mentre per le Regioni a Statuto speciale l'attuazione era già anziana di qualche decennio.

In campo forestale e montano molte competenze dello Stato sono state trasferite alle Regioni, e per il Corpo Forestale dello Stato si è aperta una nuova fase.

Nel 1981 il Corpo Forestale dello Stato è stato incluso, con la legge n. 121, tra le cinque forze di polizia con compiti anche di protezione civile e nel 1986 con la legge n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente, è stato chiamato espressamente a difendere le aree naturali. Il Paese chiede maggiore tutela del patrimonio naturalistico minacciato da speculazioni selvagge, incendi, dovuti soprattutto all’incuria e all’abbandono, inquinamento. Il personale del Corpo Forestale dello Stato ha accresciuto la propria professionalità per rispondere sempre meglio alle nuove sfide.

Accanto alle attività tecniche tradizionali sono aumentate le competenze in numerosi altri settori e per tale motivo il CFS svolge oggi attività di polizia e controllo del territorio, Protezione civile, antincendio boschivo, anti bracconaggio, servizio CITES per la protezione di specie della flora e fauna minacciate di estinzione, controlli comunitari nel settore agricolo e forestale, nonché divulgazione tecnica e scientifica in campo ambientale.