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Discussione: L'ultima crociera

  1. #1

    Predefinito L'ultima crociera

    Questa storia finisce là dov’era cominciata: tra le gole sferzate dal vento, le campagne brulle piegate dal maestrale, i contrafforti, gli strapiombi, le dune sabbiose dell’Iglesiente minerario, Sud Sardegna.

    Ed era cominciata davvero male per noi: l’11 settembre del 2002.

    Un notte maledetta, quando una “segnalazione qualificata” ci aveva spediti tutti a pattugliare, in perfetto assetto di guerra, un tratto di 50 chilometri di costa dove avrebbe dovuto avvenire lo sbarco, due tonnellate diceva il “radio”, di “fumo” buono, dritto dritto dal Marocco, senza fermate intermedie.

    Dopo quella notte, passata a vagare tra i tornanti della “Costa verde”, ci rendemmo conto che da soli non ce la potevamo fare. Una riunione, un consulto ed ecco arrivare la “cavalleria dell’aria”, Wagner all’alba, la soluzione dei nostri problemi. Le due “Volpi”, i nostri amati AB412, condotti da veterani.

    A noi “di terra” il solo pensiero dello spiegamento di forze, delle spese di carburante, della possibilità che qualcosa vada storto fa tremare i polsi. E ci impensierisce anche il fatto che un Gruppo piccolo, come il nostro, possa imbarcarsi in un’avventura così grande.

    La fortuna ci assiste: stando a una seconda segnalazione l’imbarcazione sospetta ha avuto problemi e lo sbarco verrà ritardato. In attesa di nuove notizie tentiamo di affrontare il problema con altri strumenti: una richiesta di intercettazioni telefoniche. Passano alcuni giorni e l’allarme è di nuovo concreto. E’ per stanotte: un’altra notte in bianco, in tutti i sensi. Chiamiamo di nuovo i piloti che si alzano in volo notturno ma problemi tecnici e vento forte non li aiutano. Passa la notte e nessuno sbarca. Trascorre un’altra settimana e arriva l’ultima decisiva segnalazione, il gommone è partito: tra diciotto ore sarà qui. Ci mancano però le orecchie, giacché un GIP assai scrupoloso non ci ha dato fiducia e ha chiesto altri elementi prima di concedere le intercettazioni.

    La notte sembra non finire mai e, sul più bello, quando i nostri “occhi” avrebbero dovuto essere quelli del “flir” e del pilota cala, beffarda, la nebbia. L’elicottero, pur alzatosi, è costretto a rientrare.

    Le vedette, a mare, sono troppo distanti per coprire tutta la vasta area di operazioni. Sentiamo solo un ronzio sordo che si allontana. Rientriamo, avviliti, che è giorno fatto, pieni di disincanto per un sogno sfumato.

    Quarantott’ore dopo, un avvistamento da parte del comando territoriale limitrofo: un gommone oceanico, un mostro, ormeggiato in un porticciolo, venti chilometri più a nord di dove noi lo avevamo atteso.

    La partita non è chiusa allora: è vero, forse ce l’avranno fatta a sbarcare, ma adesso ce la giochiamo.

    *****

    E’ cominciata così l’operazione “Valiant”, dal nome del modello del gigantesco gommone servito per trasportare quel primo carico.

    Nel frattempo al nostro Gruppo si è aggiunto un altro, una ruspa da lavoro che trascina anche i più apatici, li carica, li esaspera a furia di motivazioni.

    Partono le intercettazioni, i pedinamenti: siamo troppo pochi. Dobbiamo usare altre tecnologie. Ci viene in soccorso la DCSA , con i suoi specialisti e i suoi apparati. Impiantiamo microspie e GPS, usiamo visori notturni, ripetiamo più e più volte, volandoci sopra insieme ai colleghi del Servizio Aereo, il tratto di costa dov’è arrivato il gommone.

    Un tassello alla volta, il primo pezzo del mosaico sembra ricomporsi. Gli scafisti li abbiamo identificati: è gente esperta, pronta a tutto, già arrestata nelle enclaves spagnole in terra d’Africa. Uno in particolare impariamo a conoscerlo: Andrea “il gommonauta”, spregiudicato, sfrontato, provocatorio fino all’estremo. A una sola persona si rivolge con rispetto, bassi lo sguardo e la voce, a “Luca il muto”.

    “Luca” è un professionista, diffidente, rabbioso, prevenuto: non ha telefoni, fa una vita modesta, insignificante, porta a passeggio il cane. Ma è un capo, previdente, accorto, imprendibile. Prima che lo arrestassero, molto tempo addietro, per un trasporto di circa sei tonnellate, riuscì addirittura ad avvicinarsi alle vedette schierate alla festa del Corpo per cercare di carpirne i segreti. “Luca” non usa cellulari, non ha amici, tiene distinti gli “affetti” dal “lavoro”, non parla con nessuno, quando è in macchina ascolta la radio, lo sguardo fisso allo specchietto retrovisore. Gira molto però e fa troppe soste: gli piacciono le stazioni, l’aeroporto, i centri commerciali.

    Tanto “Luca” è attento a dissimulare il proprio “business” , quanto Andrea, il suo scafista, è esuberante, amante del lusso e delle avventure, fino a non temere nulla e nessuno. Così, per troppa disinvoltura, commette un errore. Per aiutare un compare, si presta, con la sua potente fuoriserie, ad eseguire un trasporto. E lì lo aspettiamo. Gli organizziamo un comitato d’accoglienza con tutti gli onori: due pattuglie di “baschi verdi” gentilmente messe a disposizione dal Comandante Provinciale di Nuoro. Ma Andrea non ci casca, la staffetta lo avvisa e lui si ferma, chiude la macchina e se ne va, facendo l’autostop. Il pacifico maresciallo che comanda la pattuglia che lo ferma, sorridendo, gli consiglia di tirar fuori le chiavi e aprire il bagagliaio. I primi 60 chili di hashish, di “quel” fumo, sbarcato tre mesi prima, finalmente li vediamo.

    Adesso non è più solo un’ipotesi: lo sbarco c’è stato e, com’è accaduto una volta, può senz’altro ripetersi. Ma quando ci sarà, se ci sarà, allora non ci faremo sorprendere.

    Riprendiamo la caccia, la preda è “Luca”: dobbiamo scoprire come e con chi parla. I suoi giri sono sempre larghissimi e le sue soste troppo brevi. Ma una mattina riusciamo a scorgerlo dentro una cabina, sta telefonando. Allora giù coi tabulati, con le analisi, gli incroci: due uomini stanno fissi ad inserire numeri, celle e intestatari in due elaboratori diversi. Finalmente qualcosa si muove!

    Troviamo due numeri: uno spagnolo e uno marocchino. Sotto, tutti e due. Le chiamate che partono dall’Italia verso quei numeri sono poche, ma estremamente interessanti. Tra queste quelle di un distinto personaggio dall’accento tedesco, che parla un misto di inglese, spagnolo e italiano. Il nostro uomo parla con “Musta, my friend”. “Musta” il contadino, lo scaltro marocchino che senza troppe cautele spiega bene che lavoro fa. Ma con “Musta” parla anche il nostro “Luca”. “Luca” si esprime in uno spagnolo semplice ed efficace e ogni volta domanda a “Musta” cosa gli abbia detto il “Doktor”. Stranamente chiede sempre del “Doktor” dopo la telefonata dell’amico dall’accento germanico. Quindi la voce che chiama da Sanremo, mai dalla stessa cabina, è quella del “Doktor”.

    Bene, tutte le cabine del porto di Sanremo sotto controllo. Il magistrato è d’accordo e noi non molliamo. In quel momento abbiamo sotto quasi cento telefoni, tra cabine e cellulari, la gente è nervosa ma ci crede e resiste. Manca qualcosa, manca la faccia del “Doktor”. Tentiamo uno stratagemma: mentre lui è al telefono con “Musta”, due uomini della Compagnia di Sanremo, osservano tutti quelli che stanno chiamando dalla cabine del lungomare…e uno lo beccano! Sportivissimo, abbronzato, finita la telefonata il tipo se ne torna a bordo di “Amerigo”, uno yacht da sogno battente bandiera britannica, tutto in tek, finiture in ottone, tender in coperta, tre GPS, radar, radiogoniometri. Via e-mail i colleghi di Sanremo ci mandano la foto, mentre la guardiamo ci immaginiamo cosa succederà quando lo prenderemo.

    Il nostro segreto è essere invisibili, nessuno ci conosce, nessuno ci ha mai visti, ci muoviamo di notte, con mezzi anonimi.

    Adesso che lo yacht è individuato mandiamo a Sanremo tre dei nostri. Mentre sono lì il “Doktor” sparisce. Lascia il suo fuoristrada targato Zurigo nei pressi dell’aeroporto di Genova e si dissolve.

    Ogni tanto gira bene anche per noi.

    “Luca il muto” si vuol prendere un caffè nel bar più elegante della città, a duecento metri dalla nostra caserma. E in quel bar lo vediamo parlare concitatamente con un uomo alto, capelli di taglio corto, militare, occhialini e baffetti da ufficiale asburgico. La conversazione dura mezz’ora, appena il tempo di fotografarli insieme. Poi ognuno per la sua strada: il “muto” al suo paese e lo straniero in aeroporto. Grazie al solerte, vecchio, brigadiere capo dell’aeroporto, riusciamo ad avere copia del biglietto dell’amico di Luca in tempo reale. Finalmente sappiamo il suo nome : Hans lo svizzero e va a Genova. Chiamiamo immediatamente i nostri a Sanremo e descriviamo loro l’aspetto dell’uomo che abbiamo seguito e fotografato. Loro si posizionano nel porticciolo e lo vedono arrivare: sale sull’ “Amerigo”. “Hans” e il “Doktor” sono la stessa persona. “El Doktor” cioè Hans, sta per partire, parla quasi tutti i giorni con “Musta”, in Spagna e insiste su una parola che, nel suo italiano, esce leggermente storpiata: “dimenzione”, per noi è un’ossessione. Poi improvviso arriva il giorno della partenza: Hans saluta il suo ignaro marinaio, quello che gli lavava il ponte dello yacht a Sanremo e lo chiamava “Ken”, credendolo canadese.

    Nel frattempo noi abbiamo attivato i colleghi del aeronavale ma quelli “più grossi”, quelli “ad ala fissa”, stavolta nella partita entra anche l’ATR. Quando il “Doktor” salpa, diretto prima in Francia a poi in Spagna, i piloti dell’ ATR fanno in tempo a partire da Pratica di mare e a fotografare “l’obiettivo”, così in futuro potranno riconoscerlo.

    Ormai i tempi sono maturi e diventa necessario un momento di coordinamento: formalizziamo dunque le nostre richieste al Comando Operativo Aeronavale, che capisce l’importanza dell’operazione e spedisce in Sardegna un OTC . Cos’è un OTC? E’ un interprete, che traduce la nostra lingua da sbirri ai piloti e, sulla base delle nostre risultanze d’indagine, studia le mappe e da le coordinate a navi e aerei. Un ragazzetto ossequioso e dinamico che chiede sempre “per favore” e cerca di capire quanto non rientra nel suo campo di specializzazione.

    Mentre noi ascoltiamo, giorno per giorno, i progressi del viaggio del “Doktor” nelle comunicazioni tra “Musta” e Luca, i colleghi del COAN studiano le mappe, chiedono assistenza in Spagna, si preparano ad un viaggio alle Baleari. Il “Doktor” andrà a Nador ed al largo di quella spiaggia marocchina caricherà non meno di una tonnellata di hashish più un “regalo speciale”, da parte di “Musta” per il “muto”.

    Ormai tutto è pronto ed il carico avviene nella notte tra il 14 ed il 15 dicembre 2003.Poi l’Amerigo si allontana dalle coste Nord africane e i piloti del GEA lo intercettano al largo delle Baleari. Il 16 ,però, inspiegabilmente sparisce. E lì andiamo in paranoia. Crediamo di fare la fine del 2002. Per fortuna alle tre del pomeriggio del 17 l’ATR lo aggancia di nuovo, con la prua puntata verso le Bocche di Bonifacio. Aveva riparato a Minorca per via di un fortunale. L’andatura è lenta e c’è tutto il tempo per studiare l’arrembaggio.

    L’ultima crociera del “Doktor” volge alla fine.

    Si allerta la Sezione Operativa Navale di Alghero il cui Comandante è giovanotto sveglio e capace. Si studia la composizione degli equipaggi: a bordo ci saranno anche i nostri, è una soddisfazione che non possiamo loro negare. Viene organizzato, in rada, a bordo di un Guardacoste, un tavolo di Comando di cui fanno parte l’OTC, il Comandante del ROAN ed il Comandante del GOA. Ognuno ha le sue responsabilità ma la decisione finale sarà collettiva. L’OTC colloquia con la sala operativa del COAN e con i piloti in volo, il Comandante del ROAN impartisce le istruzioni alle unità a mare, il Comandante del GOA parla con l’Autorità Giudiziaria che dirige l’indagine da quasi due anni. In sala ascolto, nella caserma del Nucleo pt , continuano le intercettazioni.

    A bordo della V5000 e di un classe Meattini ci sono gli uomini del ROAN e del GOA, pronti e insonni, impazienti da andare all’abbordaggio. L’obiettivo viene seguito, per quasi 13 ore dalle sofisticatissime apparecchiature dell’ATR i cui instancabili piloti sono determinati a prenderla, quella maledetta barca.

    Nella notte viene calcolato e deciso il punto d’attacco.

    Quando l’obiettivo entrerà, con un buon margine di sicurezza, nelle acque territoriali sarà affiancato a tutta velocità dalla V5000 che lo bloccherà mentre dal Classe Meattini verrà lanciato l’arrembaggio. Nell’attesa le due imbarcazioni si acquatteranno, al riparo da radar e in assoluto silenzio radio, in una caletta dell’Isola dell’Asinara, tra la Sardegna e le Bocche.

    Adesso si tratta solo di aspettare.

    Alle 05.00 del 18 dicembre 2003 i piloti comunicano che l’Amerigo è in acque territoriali italiane. Viene impartito l’ordine di attacco. Gli esperti finanzieri di mare di Alghero lo lasciano entrare nelle acque italiane un altro po’ prima di lanciare a manetta la 5000, seguita a breve distanza dal Meattini. Accorgendosi, dal radar, della vedetta veloce che lo punta, lo skipper dell’”Amerigo” gira la prua verso la Corsica e tenta di uscire dal mare territoriale. Non ci riesce, l’arrembaggio lo coglie sbalordito e disorientato. Vedere, dalle registrazioni dell’ATR, la sequenza dell’attacco fa venire i brividi, è meglio di un film!

    A bordo c’è “Kurt il danese” cioè “Hans lo svizzero” cioè “El Doktor”. Tre identità per un solo, ineffabile, protagonista. Un vero personaggio, “El Doktor” , imperturbabile, elegante , molto, ma molto, accorto. Ci riserverà belle sorprese. La perquisizione a bordo, comincia quando lo Yacht arriva a Porto Torres, dove una piccola folla di curiosi si è radunata per assistere a quella insolita regata: mezzi navali della Guardia di Finanza, aerei in quota elicotteri a volo radente. La droga viene fuori quasi subito, dai gavoni del tender, issato con la piccola gru di bordo.1000 chili, una tonnellata, in confezioni tutte della stessa misura ( la “dimenzione” di cui parlava il “Doktor”) di hashish marocchino più il “regalo” promesso da “Musta”, dieci chili di raffinatissimo “polline” di cannabis , qualità pregiatissima di droga, roba da veri intenditori.

    Adesso è il nostro momento, la notizia va subito in onda in radio, conferenze stampa a raffica, la prima pagina sui quotidiani locali. La foto che farà dire a “Marcello”, l’insospettabile consigliere comunale che si occupa di reinvestire per conto di “Luca” parte dei proventi del traffico, che i finanzieri “ hanno fatto il muraglione!” con i pacchi droga sequestrata, ci da una grande emozione. Così come ci riempie di orgoglio la telefonata del Comandante Generale che si complimenta per l’esito dell’operazione.

    L’ eccitazione è stata enorme e abbiamo visto come, lavorando tutti assieme, con veri professionisti come i colleghi del COAN e della componente costiera, si possono raggiungere risultati strepitosi.

    Ma non è ancora finita. Dopo il sequestro e la dimostrazione della bontà delle nostre tesi investigative ci vuole la retata, la botta finale che azzererà l’organizzazione. Quella droga aveva dei destinatari nell’isola, trafficanti spietati e prudentissimi, ex pastori crudeli, maligni e diffidenti.

    Vengono presi tutti, 19 tra spacciatori, scafisti, favoreggiatori, riciclatori, il 17 luglio del 2005,nella trappola preparata con cura e minuziosa attenzione ai dettagli dal collega che ha diretto l’arrembaggio e con il quale, da fratelli, abbiamo diviso gioie e dolori della caccia all’Amerigo. Li catturano tutti, non sfugge nessuno o meglio resta al suo paese solo "Musta", che non ama viaggiare e che è rimasto, purtroppo, solo una voce sui nastri delle intercettazioni.

    Prima di loro era caduto il gran capo, lo scaltro, “il muto”, messo in ginocchio dalle rivelazioni del “Doktor” che, da uomo di mondo, che sull’ ”Amerigo” pasteggiava a Krug e Beluga, fumando Romeo Y Julieta, non aveva gradito troppo l’ospitalità del carcere San Sebastiano di Sassari ed aveva preferito tenere un atteggiamento molto “soft” con il Sostituto Distrettuale Antimafia che lo braccava da vicino.

    Questa storia finisce dove è cominciata, nelle campagne talvolta aride della Sardegna del Sud, dove una bella mattina gli uomini del GOA, su indicazione del “muto”, che credeva di alleggerire la propria posizione processuale, da un bidone sepolto quaranta centimetri sotto terra, hanno estratto 340.000 euro in contanti, una parte, probabilmente, dei “risparmi” che “Luca” non aveva fatto in tempo a far riciclare.
    2° Corso AT-PI
    Corso alfisti 1986
    Corso CAOV (Conduttore Autovetture Operative Veloci) 1993
    Reparto G.I.C.O. - Sezione G.O.A.

  2. #2
    Bannato
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    Ti dico solo
    BRAVISSIMO.
    Bellissino racconto di esperienza vissuta.

  3. #3
    Maresciallo L'avatar di AlfaUno
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    Bellissimo racconto di un'attività operativa e di P.G.....che al telegiornale viene liquidata in 60 secondi e quindi pare sempre robetta da poco e quasi "routine" e che invece è tutt'altro.
    Complimenti.
    Si vis pacem, para bellum.

  4. #4
    LeonardoLupo
    Guest

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    Molto Bello.

  5. #5
    Caporale L'avatar di CFVA
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    davvero emozionante leggere il tuo racconto

  6. #6
    Sergente
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    487

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    Bravo.
    “The danger is not that we shall read the signals and indicators with too little skill; the danger is in a poverty of expectations(...)"

  7. #7

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    Grazie a tutti, è bello condividere con voi questa esperienza!
    2° Corso AT-PI
    Corso alfisti 1986
    Corso CAOV (Conduttore Autovetture Operative Veloci) 1993
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