I suo commenti non meritano nemmeno attenzione, perchè ancora una volta buttati lì senza motivazione o spiegazione alcuna. L'unica giustificazione sono gli oltre ottanta e passa post in altre discussioni..... Se questo è fare discussioni costruttive.....
Art 32 Costituzione
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare progressiva dall'età di 16 anni, a causa della degenerazione della sua malattia fu costretto (all'età di 50 anni) a vivere attaccato ad un respiratore. Da quel momento egli si impegnò affinché la sua volontà, ovvero quella di staccare la spina. La sua lotta non violenta culminò nel 2006 quando chiese ufficialmente di morire. Egli inviò anche una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dove chiedeva il riconoscimento al diritto dell'eutanasia (lettera Piergiorgio Welby - lettera risposta Giorgio Napolitano)
il 16 Dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta di Welby finalizzata a porre fine all'accanimento terapeutico motivandola come «diritto non concretamente tutelato dall'ordinamento», dal quale si può dedurre che il diritto all'eutanasia pur essendo posto all'art 32 della costituzione non è mai stato reso effettivo.
il 20 Dicembre il Dr. Riccio ha confermato di aver aiutato il Sig. Welby a morire. Fu indagato per omicidio consenziente poi prosciolto dal GUP di Roma perché il fatto non costituisce reato.
La Chiesa Cattolica rifiutò di celebrare i funerali con rito cattolico:
« In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica»
Mia moglie ed io abbiamo procurato la vita di nostro figlio (e ne vogliamo altri) per tanti motivi. Il più bello è che ci amiamo e vogliamo condividere il nostro amore con loro, ma quello più imperioso consiste nell’impulso irrefrenabile dei geni a riprodursi.
Ai neonati la vita viene imposta senza chiedere la loro opinione, ma non è una prepotenza, infatti tutti loro lottano e soffrono pur di nascere e per fare i primi respiri, segno indiscutibile che vogliono vivere: evidentemente i geni che hanno portato me a riprodurmi, portano lui a sputare liquido amniotico pur di respirare e vivere; per coloro che non ce la fanno invece, c’è sempre una spiegazione medica che va sempre aldilà di un << non voleva vivere. >>
Finché nostro figlio sarà piccolo e immaturo, la responsabilità della sua vita spetta a noi, segno che la vita viene imposta non solo ai neonati, ma anche ai bambini, e non solo perché i nostri geni ci portano a proteggerli, ma anche perché ce lo impone la legge. Poi un giorno, quando sarà grande, spetterà a lui stesso tutelare la sua stessa vita e allora ne diventerà padrone.
Spero di aver risposto alla seconda domanda.
Abbiamo chiaro che dobbiamo educarlo in modo che un giorno sappia costruire e proteggere la felicità sua e della sua famiglia come cerchiamo di fare noi con la nostra. Speriamo anche che non gli capitino certe disgrazie che abbiamo visto capitare ad altri, altrimenti perderebbe la felicità e la speranza di recuperarla, e a quel punto la vita potrebbe diventargli un fardello insostenibile.
Il rispetto verso coloro che vivono diretta o indirettamente certe situazioni è dovuto, e il primo passo consiste nel non imporre loro la nostra volontà, per radicata che sia, e quindi se qualcuno chiede che per determinati motivi gli venga procurata la morte, non bisogna ostacolare oltre un certo punto.
Lasciare che una persona si tolga la vita non è la stessa cosa che togliergliela, ma è anche vero che il più delle volte, queste persone non sono più in grado di togliersela da sole, soprattutto se desiderano (ed è lecito) una morte dignitosa e che non aggiunga ulteriore sofferenza.
Ecco: rispettare la libertà e la dignità di una persona significa innanzi tutto rispettare le sue scelte ed eventualmente aiutarla a portarle a termine qualora non fosse in grado di farlo da sola.
Spero di aver risposto alla prima domanda.
Non invitatemi ad entrare nel dettaglio di quando e come aiutare qualcuno a portare a termine la propria vita perché non ne ho le basi e per fortuna neppure l’esperienza.
Io non lampeggio per comunicare la presenza di posti di blocco.
Nulla da aggingere.
Si vede che lei ama la vita e mette in primo piano la dignità della persona in quanto tale.
Beh, la cosa è molto difficile da comprendere.
Sono certo che molti di voi penseranno: Che diritto hanno di forzare la mia morte? (Cosa contro natura)
Però io penso anche: Che diritto hanno di forzare la mia vita attaccandomi a delle macchine? (Altra cosa contro natura perchè se nessuno mi avesse attaccato a quelle macchine il mio ciclo vitale sarebbbe terminato)
Quando si parla di vita o morte, credo sia troppo difficile se non impossibile tranne conclusioni...
Mettiamola così: Un 50% delle persone preferirebbe essere condannato all'ergastolo.
Ma sono pronto a credere che l'altro 50% preferirebbe la pena di morte.
Credo che sia proprio questa la vita, avere la propria testa per pensare e DECIDERE.
Cosa ne penso io? Sinceramente? Non lo so... Ma ho la certezza che, se volessi morire, non dare a nessuno il diritto di deciderlo per me.
Se invece DOVESSI morire, non vorrei che nessuno PRENDESSE il diritto di attaccarmi a delle macchine.
Segnalibri