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Discussione: Necessità di un presidio psicologico a sostegno dei poliziotti penitenziari

  1. #1
    Sergente L'avatar di vetro
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    Unhappy Necessità di un presidio psicologico a sostegno dei poliziotti penitenziari

    Chiedo scusa da subito per questo mio post che risulterà O.T. (non ho trovato altre discussioni più adeguate!) però volevo dare un minimo risalto a questo drammatico episodio:
    nella serata di ieri si è tolto la vita l'assistente capo di polizia penitenziaria A. A. in servizio presso l'IPM di Milano. Un collega con oltre 30 anni di impegno nell'Amm. Pen. le cause e le motivazioni del suicidio devono essere ancora accertate.
    Dobbiamo sempre ricordare che simili episodi, che non sono ne sporadici ne rari, ma che purtroppo si ripetono con molta frequenza, ci pongono in cima al personale delle forze di polizia che decide di far sfociare in simili atti tutta la propria depressione il proprio dolore, il proprio senso di isolamento.
    Simili estremi atti mostrano e confermano ancora di più cio' che asseriamo da tanto tempo. Che l'ambiente carcerario costitutisce una fucina di negatività che colpisce non solo il detenuto ma sopratutto gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, colleghi che subendo le mille pressioni e responsabilità di ogni genere, vivono forse le medesime sensazioni di isolamento che prova il detenuto.
    All'amarenza di questo drammatico episodio si aggiunge lo sdegno riguardo al fattoche nessun organo di stampa ovvero sito on-line ha dato la notizia (scusatemi il paragone, ma mi pare evidente che fa più audience la notizia del suicidio del detenuto...).

    Vetro

  2. #2

    Unhappy Necessità di un presidio psicologico a sostegno dei poliziotti penitenziari

    Purtroppo quella descritta è un'amara verità che io da cittadino ho notato già da tempo!
    A tal proposito mi sembra opportuno aprire una discussione apposita circa la necessità urgente di istituire un presidio psicologico a sostegno del personale di polizia penitenziaria, in quanto il paradosso sta proprio nel fatto che in ambito penitenziario i detenuti ottengono il necessario sostegno psicologico per far fronte ai problemi che derivano dalla loro condizione di privazione della liberà.
    Al contrario i poliziotti che sono sottoposti ad uno stress non indifferente a causa della specificità del lavoro svolto e di turni di lavoro massacranti non hanno alcun sostegno.
    Credo che su questo si debba riflettere e discutere!

    Saluti

    Antonio
    Il Poliziotto Penitenziario è l'ultimo baluardo dello Stato Italiano in una terra di confine fra la legalità e l'illegalità che è l'istituto penitenziario


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  3. #3
    Capitano L'avatar di alpacinn
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    mannaggia!!!!!!!!!!!! meglio che certi topic non li leggo dato che sono in riflessione se lasciare il mio lavoro fisso e partire!
    agente scelto Polizia Penitenziaria

  4. #4
    Sergente L'avatar di vetro
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    eh..... gente, il lavoro del poliziotto penitenziario non è semplice (in tutti i sensi)!

  5. #5

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    Grande, grandissimo rispetto per i poliziotti penitenziari.
    Grande, grandissimo disgusto per la classe politica italiana che pensa ad ingozzarsi piuttosto che considerare prioritarie queste questioni.

  6. #6

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    Giovane ed inesperta quale sono mi colpisce il post lasciato da Vetro. Stando alla Costituzione il sistema penitenziario dovrebbe servire alla "rieducazione del condannato", famoso principio rieducativo della pena. Questo, nei miei pensieri, presuppone che all'interno di un istituto debba lavorare gente salda nelle proprio idee, convinzioni, pensieri, valori, disposta al continuo confronto con l'altro che la pensa in modo diverso e pronta a mettersi in discussione senza mai crollare definitavamente. E invece eccoci qui a chiedere che si istituisca un servizio di supporto psicologico al personale carcerario che nemmeno la vita fuori dal carcere può esentare dalla forza perversa del carcere che piega, devia, travia, uccide.
    Più conosco il mondo carcerario più mi rendo conto di quanto sia contraddittorio, ipocrità, inutile, opposto allo scopo che si prefigge.
    Io sono alla ricerca, vorrei capire ed è per questo che mi permetto, spero senza sembrare presuntuosa, di porre due domande a tutti voi poliziotti penitenziari a cui spero qualcuno vorrà rispondere: cosa vi spinge a fare questa scelta di vita? Come arrivate alla carriera di polizia penitenziaria? Quali sono i valori, le idee, i sogni che portate avanti e difendete nel vostro lavoro e modo di operare?
    E la seconda: una volta che siete entrati nel mondo istituzionale, che cosa sentite nello svolgere le vostre mansioni? Che cosa provate nell'operare, nel trattare con i detenuti, nel controllare la gestione dei penitenziari?
    Quando sentite il peso del vostro lavoro, cosa vi spinge ad andare avanti? è solo una questione di "lavoro per portare il pane in tavola" oppure dietro c'è qualche cosa?

    Davvero non vorrei passare per una che si arroga la presunzione di saperne una più del diavolo, sono solo una persona che sta cercando di capire che cosa c'è dietro tutto questo meccanismo che visto dai miei occhi sembra così assurdo!

    Grazie a chi vorrà illuminarmi...

    ---------------------Aggiornamento----------------------------

    Tengo a specificare che non sono un soldato, ma non c'è l'opportunità per modificare il mio profilo con "non soldato" oppure sì?

  7. #7

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    Allora, innanzitutto benvenuta su militariforum e visto che sei un nuovo utente ti invito a presentarti nell'apposita sezione "benvenuto presentati"
    Per quanto riguarda il fatto che nel profilo c'è scritto "soldato" non preoccuparti perchè non riguarda la qualifica è solo un criterio di inquadramento degli utenti che appena iscritti hanno la qualifica di soldato e poi aumentano per così dire "di grado" in base al numero di messaggi postati

    Passando allo specifico delle tue domande da "aspirante ispettore" del corpo posso rispondere compiutamente solo alla prima domanda dicendoti che di sicuro a me personalmente mi spinge un forte desiderio di lavorare a sostgno di quei valori costituzionali della rieducazione e della risocializzazione nonchè dell'umanizzazione che sono a fondamento della pena in Italia.
    Inoltre alla base di ogni appartenente alle FF.OO. c'è un grande senso del dovere, della legge e delle istituzioni nonchè un innato spirito di sacrificio e abnegazione che sono valori fondamentali per operare nel comparto sicurezza e lo sono ancora di più in un ambiente specifico come il carcere dove il crimine alberga ed il poliziotto penitenziario rappresenta lo stato ossia l'icona del rispetto della legge nonchè la speranza nella rieducazione (da quì il simbolo della fiamma azzurra della polizia penitenziaria che è proprio figurativa della fiamma della speranza nella rieducazione e nella risocializzazione).
    Detto ciò, però, bisogna rilevare che i poliziotti penitenziari sono prima di tutto Donne e Uomini e non delle macchine insensibili a qualsivoglia situazione di stress, se poi a tutto ciò aggiungiamo il fatto che nel panorama delle forze dell'ordine la polizia penitenziaria svolge più ore di servizio continuativo fra tutti a causa della perenne e mastodontica carenza di personale credo sia facile capire che le situazioni di stress indotte da un ambiente non facile sono di gran lunga maggiori.
    Bisogna tenere in considerazione, inoltre, che lavorare nelle forze armate o nelle forze dell'ordine (in tutte) è molto pesante a livello psicologico anche per le persone più forti data la specificità del comparto sicurezza e le problematiche lavorative che ne derivano.
    Dunque per avere una "sicurezza sicura" è necessario da parte dello Stato attenzionare quella parte del proprio personale che svolge funzioni così delicate come il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico affinchè tutto funzioni sempre per il meglio ed il poliziotto che è chiamato al compito di difendere la società dai pericoli 365 giorni all'anno e 24 ore al giorno sia debitamente assisitito nel caso in cui, in qualità di essere umano, sia colpito da problematiche psicologiche che se non debitamente e per tempo affrontate possono portare agli eventi tristemente noti di cui parlava l'amico Vetro.
    Detto ciò bisogna rilevare che tale esigenza, peraltro universalmente avvertita da tutte le FF.OO., è stata affrontata dalle altre amministrazioni che mettono a disposizione del proprio personale un supporto psicologico o tramite personale specializzato appartenente all'amministrazione stessa (come nel caso dell'esercito) o tramite personale convenzionato.
    In Polizia Penitenziaria, però, tutto ciò non accade a causa di una pesante inerzia dell'Amministrazione che abbandona il proprio personale a sè stesso senza fornirgli adeguato supporto psicologico soprattutto in quelle situazioni in cui il dipendente vive il problema al livello inconscio e quindi non capisce di avere la necessità di un sostegno. tuttavia anche laddove il problema diventa conscio purtroppo le strutture sanitarie pubbliche sono carenti e poco preparate ad affrontare le specificità dei problemi di stress situazionale degli appartenenti alle FF.OO e ancor di più della polizia penitenziaria ed il ricorso a professionisti privati risulterebbe eccessivamente oneroso per il dipendente.
    In conclusione, dunque, possiamo dire che il poliziotto penitenziario vive a contatto quotidiano con il crimine (a differenza degli altri operatori della sicurezza che hanno con i criminali un contatto "occasionale e limitato" durante le indagini e fino a poco dopo l'arresto, i fermo o l'ordine d'esecuzione del delinquente che poi passa alla competenza della polizia penitenziaria) e questo contatto continuo con un mondo fatto di disvalore sociale, di devianza e perchè no anche di sofferenza e degrado finisce inevitabilmente per minare seppur in minima parte la salute psicologica di qualsiasi persona anche della più sana e forte, se poi nello specifico il poliziotto ha già dei problemi di base che sono propri dell'essere umano ecco che la pressione psicologica diventa insostenibile ed opprime fino a portare, PURTROPPO TROPPO SPESSO , a gesti inconsulti come il decidere di togliersi la vita ovvero di rinunciare a quella vita troppo piena di problemi generati sia dall'ambito lavorativo che personale.

    Ci tengo a precisare, ovviamente, che quanto appena scritto è frutto di una pesonalissima opinione basata sulla conoscenza dell'ambiente carcerario dall'esterno e sull'esperienza di aluni poliziotti penitenziari con cui mi confronto quasi quotidianamente e che sono miei amici ma non si tratta di esperienza diretta di vita penitenziaria vissuta in prima persona pertanto invito i baschi azzurri ad intervenire per rispondere più compiutamente e con la consueta professionalità che li contraddistingue ai quesiti posti.

    Saluti

    Antonio
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Benedetta Visualizza Messaggio
    Io sono alla ricerca, vorrei capire ed è per questo che mi permetto, spero senza sembrare presuntuosa, di porre due domande a tutti voi poliziotti penitenziari a cui spero qualcuno vorrà rispondere: cosa vi spinge a fare questa scelta di vita? Come arrivate alla carriera di polizia penitenziaria? Quali sono i valori, le idee, i sogni che portate avanti e difendete nel vostro lavoro e modo di operare?
    E la seconda: una volta che siete entrati nel mondo istituzionale, che cosa sentite nello svolgere le vostre mansioni? Che cosa provate nell'operare, nel trattare con i detenuti, nel controllare la gestione dei penitenziari?
    Quando sentite il peso del vostro lavoro, cosa vi spinge ad andare avanti? è solo una questione di "lavoro per portare il pane in tavola" oppure dietro c'è qualche cosa?
    Come ho già detto in altre discussioni, io sono entrato in Polizia Penitenziaria perché è stato il primo concorso che ho vinto, naturalmente tutti concorsi nelle FF.OO. e questo conferma quanto scritto da ANTONY. I valori che porto e difendo nel mio lavoro sono quelli che porto e difendo anche nel privato, ossia il RISPETTO, rispetto delle persone, delle cose, delle regole etc etc.
    Nel svolgere il mio lavoro, che tengo a sottolineare non è semplice, ogni giorno è un'esperienza nuova, è difficile che ci sia un giorno uguale ad un altro sia perché i posti di servizio sono molteplici sia perché si affrontano sempre situazioni diverse. Forse quanto appenda detto misto al senso del dovere ti spinge ad andare avanti anche in una situazione critica come quella di questi giorni.
    "Che cosa provate nell'operare, nel trattare con i detenuti, nel controllare la gestione dei penitenziari?" questa domanda merita una risposta a parte; partiamo dal presupposto che i detenuti non sono una specie di alieni venuti da chissà quale pianeta lontano, sono delle normalissime persone con gli stessi problemi, pregi, difetti delle persone libere, solo hanno commesso ( in caso di condannati) o sono sospettati di aver commesso (fino alla condanna definitiva) uno o più reati. Quindi nello stare a contatto con i detenuti spesso provi solo "indifferenza" come quella che prova un impiegato delle poste quando tu vai a pagare un bollettino o il benzinaio mentre ti fa il pieno. Credo inoltre che sia il segreto per fare bene il nostro lavoro, mi spiego meglio: ogni detenuto va trattato come "utente", e l'Amministrazione Penitenziaria è l'amministrazione che offre un servizio. Se ti fai "coinvolgere" dai loro problemi personali o peggio ancora se inizi a trattare diversamente i detenuti in base al tipo di reato commesso, entri in un ginepraio del quale è difficile venirne fuori, se invece riesci a mantenere un minimo di distacco, fai in modo che appena smonti da servizio riesci a scrollarti di dosso il peso del carcere.
    Spero di essere stato abbastanza chiaro, se cosi non fosse non lesinate le domande.
    FRANGAR, NON FLECTAR
    (CI SPEZZIAMO, NON CI PIEGHIAMO)

  9. #9
    adeinos
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    Ciao Benedetta , alle tue domande è stato risposto dagli interventi precedenti il mio, quindi lascia che sia io a porti una domanda: in che circostanze ed in quale ruolo hai avuto contatti col sistema penitenziario in modo tale da ricevere queste impressioni?
    E' vero stando alla nostra costituzione ,ma anche alla legge dell'ordinamento penitenziario ed ad alcune circolari, il sistema penitenziario dovrebbe essere volto al duplice fine di assicurare che la pena inflitta sia scontata e che si possa con delle attività trattamentali reinserire il detenuto.
    Sotto questo punto di vista si fa qualcosa: i corsi di alfabetizzazione, di preparazione a lavori specifici come quello di panettiere, la partecipazione ad attività ricreative o liturgiche sono un passo avanti rispetto ai decenni passati. Così come alcuni diritti che i detenuti hanno o che per meglio dire sono regolamentati rispetto agli anni 60' o 70'.
    QUesto però non assicura di certo il reinserimento, perchè come mi disse un giorno un educatore : " noi [gli educatori n.d.r.] diamo la possibilità di riflettere sulle scelte fatte che hanno condotto al carcere, sta alla persona poi decidere se perpetuarle una volta fuori o meno. ". Quindi non esiste il miracolo biblico, tanto più che a prescindere dal percorso detentivo che il detenuto pone in essere, una volta fuori sta alla persona mettersi alla prova e decidere di evitare il contesto sociale che lo ha condotto su una certa strada o meno, certo esistono quartieri che pongono varie difficoltà a questa scelta.

    Lo stesso rapporto disciplinare al detenuto può essere visto come incitamento a cercare di rispettare le regole un detenuto che non riceve rapporti nell'arco di 6 mesi può fare domanda di lierazione anticipata al magistrato di sorveglianza ed ottenere 45 giorni, quindi uno sconto di 90 giorni all'anno nel caso si comportasse correttamente .

    Detto questo esistono delle difficoltà oggettive non previste dalla carta, dalla legge, dai propositi del legislatore dell'epoca: il sovraffollamento, le strutture (in alcuni casi obsolete e vetuste) , la necessità di stanziamenti di fondi per nuovi istituti o per ammodernare quelli esistenti. Sono questi gli impedimenti che a te fanno sembrare che ci siano contraddizioni fra i propositi e la realtà, contraddizioni che non vedono la polizia penitenziaria come protagonista ma come soggetto passivo e danneggiato: il sovraffollamento, dover gestire una sezione con x detenuti anzichè y non possono che peggiorare la qualità lavorativa del poliziotto ed aumentarne la difficoltà, così come la mancanza di fondi non possono che creare altri ostacoli. La presenza ad esempio di 1 educatore anzichè 5 come previsto dalla carta (numeri tirati solo a titolo d'esempio) si ripercuote sull'attività trattamentale del detenuto , quindi sul poliziotto che lavora in sezione che si trova a dover gestire delle persone che con maggior ritardo possono ottenere quello che potrebbero ottenere con più fondi e personale a dispozione.

    Oltre a tutto questo c'è il fatto che il numero di poliziotti penitenziari sta avendo una tendenza inversamente proporzionale al numero di detenuti : negli ultimi anni con l'aumentare di detenuti si sta avendo una diminuzione di "divise", ciò comporta carichi di lavoro maggiorati sia nel tempo che nello spazio.

    Tutto ciò per farti capire che se noti delle incongruenze non sono certo opera della polizia penitenziaria che anzi è la prima a risentirne dato che è quella che sta al primo contatto con la realtà da gestire.
    Oggi il basco azzurro ha un duplice compito:garantire sicurezza (dato che si deve prevenire e in vari casi reprimere l'ingresso e l'uso di sostanzeo strumenti illeciti, prevenire o sedare risse fra detenuti, assicurare che nessuno evada, in generale evitare che si perpetuano crimini nell'istituto o fuori con mandanti persone detenute );
    gestire degli uomini ( spesso un discorso può far calmare un detenuto che per mancanza di un numero adeguato di educatori o assistenti deve aspettare oltremodo per certe cose, così come un discorso può evitare una s*****ttata fra due compagni di cella).
    Ultima modifica di adeinos; 12-04-10 alle 14: 18

  10. #10
    Capitano L'avatar di alpacinn
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    Citazione Originariamente Scritto da 8izilop Visualizza Messaggio
    Se ti fai "coinvolgere" dai loro problemi personali o peggio ancora se inizi a trattare diversamente i detenuti in base al tipo di reato commesso, entri in un ginepraio del quale è difficile venirne fuori, se invece riesci a mantenere un minimo di distacco, fai in modo che appena smonti da servizio riesci a scrollarti di dosso il peso del carcere.
    .
    8izilop, curiosità personale, hai degli esempi di colleghi tuoi che invece si fanno proprio trascinare e iniziano a trattare i detenuti in modi differenti?
    agente scelto Polizia Penitenziaria

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